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  • Sibilla Mannarelli

HILMA AL KLINT LA MADRE DELL'ASTRATTISMO SPIRITUALE


Hilma af Klint (1862-1944) è stata la madre dell’astrattismo “spirituale” dipingendo nelle sue tele le energie invisibili presenti nel reale. Radicale anticipatrice di un’arte che si allontana dalla realtà visibile, la pittrice svedese sviluppò un linguaggio astratto già dai primi anni del Novecento, ben prima di Kandinsky, Mondrian e Malevic, considerati i padri dell’astrattismo.

Era figlia di un ammiraglio nata nel 1862 in Svezia, una nazione che permetteva alle donne di studiare arte ed in virtù di tale diritto si iscrisse alla Royal Academy of Fine Arts a Stoccolma nel 1882. Dopo essersi laureata cinque anni più tardi prese in affitto uno studio nel quartiere degli artisti della città e gradualmente ottenne riconoscimenti come pittrice di paesaggi e ritratti. Aveva anche una passione per lo studio delle piante e degli animali e negli anni 1900/1901 lavorò come disegnatrice per un istituto veterinario.

La sua famiglia era protestante ed era venuta presto in contatto con la teosofia ed a diciassettenne anni frequentò la sua prima seduta spiritualista. Sebbene avesse già avuto delle visioni da bambina incominciò a occuparsi di spiritismo dopo la morte della sorella nel 1880.

Nel 1905 lei disse che aveva udito una voce che le aveva dato il seguente messaggio “tu sei qui per proclamare una nuova filosofia di vita e tu stessa devi essere una parte del nuovo regno. I tuoi lavori porteranno frutto”.

Successivamente comincia a tenere regolari sedute spiritiche insieme all’amica Anna Cassel e ad altre tre amiche (si autoproclamano de Fem, le cinque), dando vita a una forma occulta di autocoscienza e di singolare sperimentazione artistica. Le donne si riuniscono ogni settimana per ricevere gli insegnamenti di diversi spiriti guida (“I sommi maestri”), i cui messaggi trasmessi da Hilma, la medium principale, vengono registrati a partire dal 1892, attraverso la scrittura e il disegno automatico che, se anticipano gli esperimenti surrealisti (cadavre exquis), prefigurano soprattutto l'astrattismo a venire della pittrice.

Dal 1906 al 1908 si consacra, quindi, all'incarico trascendente: «Dipingevo direttamente sulla tela senza disegni preliminari, con grande forza. Non immaginavo l'esito finale, eppure lavoravo alacremente e sicura di me, senza modificare una sola pennellata».

Comincia così la serie cosiddetta dei “dipinti per il tempio”, una serie di quadri astratti realizzati in due fasi (1906-08, 1912-15) e commissionata non da un mecenate illuminato ma dall’entità spirituale denominata Amaliel. Destinate a un’architettura a cerchi concentrici che non verrà mai alla luce, queste opere sono cariche di simbologia: le forme (prima organiche poi geometriche), i colori (giallo per il maschile, blu per il femminile), le lettere («u» per lo spirituale, «w» per il materiale), i salti di scala (dall’atomo al cosmo), le polarità (bianco/nero, vuoto/pieno). Ogni dipinto ha la capacità di generare il successivo, in una complessa rete di rimandi interni. Se i temi panteistici ed ermetici restano a volte oscuri, la sensualità estetica di queste superfici non viene mai meno.

Gli spiriti guida, afferma, le impongono di non mostrarli a nessuno e le danno sette mesi per ultimare la missione.

Nella primavera del 1908 incontra Rudolf Steiner che le predice che i suoi dipinti, troppo avanti nel tempo, saranno compresi solo cinquant'anni più tardi. Forse per questo Hilma decide di non mostrare la sua opera al pubblico e, per vivere, riprende la pittura rittrattista fino al 1912, quando gli spiriti guida si manifestano di nuovo, stavolta però come immagini interiori.

Torna perciò a dipingere «per il Tempio» fino al 1915, sostenuta dalle amiche che registrano le sue esperienze durante l'esecuzione. In questo periodo produce la serie «SUW», che rappresenta cigni in bianco e nero in rapporto speculare. Una simmetria emblematica della dualità terrena alla ricerca dell'unità, fonte di evoluzione e di armonia, filo rosso di tutta la sua opera, che esplora incessantemente l'energia e i processi della vita. Conclude con la serie «UW» (nel dipinto Duvan N.1 del gruppo 9, la spirale che attraversa la forma circolare sembra la doppia elica del Dna scoperta solo nel 1953) dove il tema dell'amore assume forma cosmica.

Quando riprese a dipingere nel 1912 "I Sommi Maestri' avevano diminuito il loro potere su di lei: l'artista continuò a dipingere come medium, ma rivendicando per sè maggiore controllo sul processo creativo. Negli stessi anni af Klint abbandonò la tradizione accademica su cui poggiava la sua formazione e si dedicò completamente a lavori occultistici, tra i quali la serie Svaden (Cigno) e Duvan (Colombo). Come parecchi dei suoi lavori dello stesso periodo, si grata di opere astratte dai colori vividi, permeate di simbolismi alchilici e zodiacali.

Alla sua morte, lascia al nipote Erik af Klint più di mille dipinti e disegni, nonché centoventiquattro manoscritti in cui descrive la sua pratica artistica e spirituale, attività integranti della sua personale cosmologia basata sulla scienza moderna (la serie dell'atomo cui lavora nel 1917 è ispirata dalla teoria della relatività di Albert Einstein), la teosofia, l'antroposofia, il cristianesimo. Sebbene per lei le religioni altro non siano che molteplici itinerari verso l'unità: «Dio non è un essere ma una forza - dice - non una creatura ma l'eternità, non qualcosa che ha forma, bensì vita che assume forme infinite».

Quando negli anni Sessanta del Novecento, i suoi lavori furono finalmente esposti, l'artista fu riconosciuta come una pioniera.

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