top of page
  • massimobalkan

LO STATO DELLE COSE. L'IPOTESI FEYRABENDIANA E IL MECCANISMO KUHNIANO

Questo mio articolo datato al marzo 1997, affrontava la concezione dello stato attraverso il superamento di una concezione kunhiana dello stato verso una rottura radicale e reale fondata su una visione "anarco-espitemologica" che trova ispirazione nel concetttalizzarsi nella visione feyrabendiana

L'idea di nazione è divenuta oggetto di ricerca tra le due guerre, quando è stata ripresa l'ipotesi di «carattere nazionale» e si è affermata in occidente durante il XVIII e il XIX secolo col romanticismo e con la sua rivalutazione della tradizione. Il termine «nazione» è usato per indicare una popolazione accomunata da una stessa lingua e da una stessa cultura, nonché da una comunanza di territorio e di modello economico. Tesi sostengono che le nazioni non esistono prima degli stati, ed è lo Stato che come istituzione politico legale e come apparato ideologico crea la nazione.

Comunque nazione è un concetto recente, non una realtà eterna ed universale, ma piuttosto storico e contingente come lo stato. Inoltre nazione e stato non sono sinonimi. É possibile quindi l'esistenza di nazioni senza stato, sopratutto nei paesi ex-coloniali, dove convivono più nazioni in conflitto fra loro entro confini disegnati artificialmente sulla carta geografica. "Miglioramento" e "purificazione" spesso però fanno da fondamento al sogno statale, che su basi di presunte identità etnico-linguistiche incontrollate porta ad un nazionalismo che è il prodotto del nazionalismo stesso, ossia reazione ad altri nazionalismi già esistenzi in un circolo vizioso senza fine. Stato e nazione sono due entità complementari, l'una per l'altra e ciascuna di esse sola rappresenterebbe qualcosa di incompleto. Una presunta soluzione a idee quali nazione e stato la diedero Marx ed Engels che nel "Manifesto del partito comunista" affermano: "I lavoratori non hanno nazionalità" relegando la questione della nazionalità ad una importanza del tutto marginale per quanto essa costituisse un problema enorme e riponendo le speranze nella coscienza di classe internazionalista proletaria. Quindi dopo la fase cosidetta rivoluzionaria, lo stato sarebbe stato estinto, previa costituzione di uno stato transitorio detto "dittatura del proletariato" che avrebbe dovuto nel tempo alienarsi da se stesso. Approdarono invece al dispotismo di una classe sfruttatrice e privilegiata, "la burocrazia" che, come la borghesia, riconobbe il carattere positivo del progresso e dell'industria. Lenin, poi, riteneva che il nazionalismo potesse essere utilizzato in determinate circostanze per contribuire alla causa della rivoluzione comunista, quindi il diritto all'autodeterminazione è inteso solo unicamente nell'ambito di quest'ottica. Il sistema federale creato da Lenin e perfezionato da Stalin fu una facciata che copriva uno stato monolitico e centralizzato, dove il sistema sovietico ebbe rispetto per lo status nazionale solo nella misura in cui questo potesse essere funzionale agli obiettivi sovietici-non nazionali (anche se l'essere cittadino sovietico di nazionalità russa, secondo il regime di doppia appartenenza apriva le porte a molti privilegi noto come «etnocrazia») e soffocando focolai non statali e libertari. Anche la nascita dei regimi comunisti nei Balcani, dopo il 1945 sembrò costituire una frattura con il passato nazionalistico dell'Europa orientale. La Jugoslavia però, pur proclamando la propria obbedienza alla retorica marxista-leninista continuò a perseguire i tradizionali obiettivi nazionali, poiché la classe fu sempre subordinata ai sentimenti nazionali, ri-legittimando il nazionalismo per ampliare il proprio sostegno. Il crollo comunista ha risvegliato aspirazioni nazionali da esso stigmatizzate ma non spente, il richiamo ad una nuova integrità nazionale, una omogeneità culturale che rivendica l'assoluto controllo sulla propria economia. Riemerge il circolo vizioso (autodetermi - nazione; nazione - internazionalismo; internazionalismo - autodeterminazione; autodeterminazione - nazione) col quale intendo un infinito processo conflittuale, interno ad esso, fra due diverse modalità interpretative statali, dove il collante che ne costituisce l'identità è una unità teorico-statale di cui la differente ideologia non è che un atomo. Queste nell'assenza di una opposizione estranea (non-statale) divengono incapaci di una vera rottura radicale, cioè inette a spezzare la viziosità del cerchio. Un vero rinnovamento è proponibile solo in vista di una nuova contrapposizione tra due alternative in vero conflitto fra loro, ossia quella tradizionale-sperimentata (lo stato in tutte le sue sfaccettature) e la nuova-non sperimentata (astatale) sempre rimossa o rifiutata a priori. Quest'ultima deve ridare vivacità, introducendo un'altra identità, proponendo un complesso di modelli e valori efficienti per contrapporsi alla storicità statale, divenuta assoluta ed inevitabile. Realizzare un'idea autonoma rispetto al marxismo (che nelle sue possibilità storiche di sperimentazione si è dimostrato fossilizzante e inaffidabile), il dinamismo libertario che deve promuovere con proposte concrete e realizzabili in tempo reale il passaggio dalla pratica statale a quella di una società aperta e libera. Essa deve innanzitutto riconoscere al singolo individuo, avente facoltà di produrre autonomamente la propria felicità, la capacità di creazione e di scelta sulla quale costruire la vita anche oltre la collettività, conferire al tutto un nuovo senso, poiché è in gioco la vita stessa.

5 visualizzazioni

SAVITRI MAGAZINE

 

IL BLOG DI MASSIMO E SIBILLA MANNARELLI

Ogni problema ha tre soluzioni: la mia soluzione, la tua soluzione, e la soluzione giusta.” Platone

bottom of page