GIORGIO CASTRIOTA "'ATLETA CHRISTI D'ALBANIA"
Giorgio Castriota "Scanderbeg" (Gjergj Kastrioti Skënderbeu in albanese, Iskender Beg in turco-ottomano) nasce a Kruja il 6 maggio 1405; è tra le figure europee più rappresentative del XV secolo, fondatore del prodromo dell'Albania, la Lega di Lezha, unì i principati d'Albania e dell'Epiro e resistette 25 anni ai tentativi di conquista dell'Impero ottomano. Difese l'Albania, nonché l'Europa e i suoi valori morali e religiosi cristiani, dall'invasione turca; per tale motivo ottenne da Papa Callisto III gli appellativi di Atleta di Cristo e Difensore della Fede ed è da sempre considerato l'eroe nazionale dell'Albania e degli albanesi nel mondo.
La famiglia dei Castriota era di nobili tradizioni cristiane, molto conosciuta nella Repubblica di Venezia. Giovanni Castriota, il padre del nostro Eroe, fu strenuo combattente di sanguinose lotte contro i turchi. Per consolidare e difendere i suoi possedimenti strinse amicizia con la Serenissima che nel 1413 gli conferì il titolo ereditario di "cittadino veneziano". Quattro anni dopo si professò persino vassallo. Per la lunga ed estenuante lotta contro gli eserciti della Mezzaluna fu costretto a chiedere alla Repubblica di Venezia consistenti aiuti. Questi non furono però sufficienti a fermare gli Ottomani ormai prossimi a conquistare il suo feudo. Anche la Repubblica di Ragusa e la Chiesa di Roma gli vennero incontro, ma con scarsi risultati. Il turco ormai aveva circondato i possedimenti e a Giovanni Castriota non rimase altro da fare che scendere a patti con il Sultano Murat II, il quale lo obbligò al pagamento di un forte tributo e alla consegna dei suoi quattro figli come ostaggi. Tanto avvenne secondo le consuetudini dei conquistatori turchi.
Giovanni Castriota era padre di nove figli dei quali cinque erano femmine. I maschi si chiamavano Giorgio, Costantino, Stanisha e Reposhi. Le figlie andarono spose a feudatari albanesi: Mamiza a Musaqi Tophia, Angela a Paolo Belcha, Angelina a Vladam Araniti, Vlaica a Gin Musaqi eMaria a Stefano Cernovich del Montenegro; Giorgio, fu preso in ostaggio dai Turchi all’età di nove anni (anche se la data è alquanto controversa).
Alla corte del sultano, Giorgio Castriota si distinse per capacità e intelligenza; parlava perfettamente, oltre all'albanese, il greco, il turco, il latino, il bulgaro e il serbo-croato. Divenne esperto nell'uso delle armi, nonché distrategia militare; guadagnò a tal punto la stima e la fiducia del sultano, che queste gli diede il nome Iskender (Alessandro) Beg, che gli albanesi nazionalizzarono in Skënderbej.
Dopo una serie di imprese militari portate a termine brillantemente nell'interesse dei turchi, la fama del giovane Castriota giunse in Albania e si iniziò a sperare in un suo ritorno in patria. Emissari della sua famiglia lo raggiunsero di nascosto nel quartier generale del sultano e lo informarono della drammatica situazione degli albanesi, senza ottenere apparentemente risultati, ma in realtà il giovane Giorgio non rimase insensibile all’appello ricordandosi di essere figlio dell’Albania e per di più un cristiano cattolico, la notizia poi della morte del padre non fece altro che accellerare il suo desiderio di ritornare in patria.
Il 28 novembre1443, il sultano diede incarico a Scanderbeg di affrontare una coalizione di eserciti cristiani a maggioranza ungherese, guidati dal signore di Transilvania János Hunyadi ("Il Cavaliere bianco"), per riprendersi la Serbia, che il nobile ungherese aveva liberato dall'oppressione ottomana. Scanderbeg, influenzato dalle suppliche della sua gente, disattese gli ordini del sultano e tramite un suo uomo fidato mando un messaggio segreto a Hunyadi dove li diceva che aveva intezione di abbandonare l'esercito turco nello scontro. Così è stato, la note prima degli scontri Scanderbeg abbandono l'esercito turco che fu sconfitto da Hunyadi. Poi, assieme ad altri suoi 300 fedelissimi albanesi, che appartenevano al suo settore nell'esercito turco, decise di combattere per la causa nazionale albanese; con il suo gruppo di soldati si riprese il castello di Kruja, radunò i nobili e diede inizio all'attività di ricupero del territorio occupato dai turchi. In rapidissima successione conquistò tutte le fortezze che erano state occupate.
Scanderbeg, conquistata la fortezza di Kruja, si autoproclamò vendicatore della propria famiglia e del proprio Paese, pronunciando queste famose parole: "Non fui io a portarvi la libertà, ma la trovai qui, in mezzo a voi".
Kruja divenne caposaldo delle prime organizzazioni ed il luogo dove Scanderbeg, ora cristiano battezzato, diede inizio alla difficile operazione dell’unificazione in un’unica bandiera delle disparate forze albanesi.
Famosi rimangono i suoi piani di battaglia impostati sulla guerriglia nelle aspre gole delle montagne albanesi e nel cogliere di sorpresa il nemico nelle pianure, anche se numericamente superiore. La sua prima battaglia vittoriosa risale al 20 giugno di quello stesso anno. Nel 1450 sconfisse il poderoso esercito osmano guidato personalmente dal sultano Maometto II. Quattro anni dopo rifiutò la pace offertagli dai Turchi, detentori di un vasto e potente impero, e la piccola Albania rimase l’unico paese cristiano in armi contro i musulmani. Kruja rimase sempre l’obiettivo principale dei Turchi che, però, subirono continue sconfitte dagli albanesi negli anni a venire.
Nel 1468 ad Alessio, impegnato ancora in quella sua leggendaria impresa bellica, lo colse la febbre e mori, il 17 gennaio, tra il pianto dei suoi fidi condottieri e dell’intero popolo. Scomparve da eroe e non da sovrano, lui amante delle libertà dei domini feudali e delle loro signorie.