GUIDO KELLER. IL GUASCONE VOLANTE
"Chi vola vale, chi non vola non vale, chi è vile non vola" . Grunf del Gruppo TNT Un imprevedibile guascone volante e spericolato si aggira per i cieli, esteta e uomo d'azione ma soprattutto un dandy che porta sul veivolo un servizio da tè in ottima porcellana e abbondanti dosi di cocaina. Sulle gambe tiene volumi di opere letterarie che ama commentare ad ogni atterraggio piuttosto che riferire della missione compiuta a chi di dovuto. Un Don Chisciotte dei cieli che affronta ogni impresa con eccitazione e un coraggio ai limiti della follia; incantandosi dinnanzi agli illustri paesaggi nel pieno di una missione perde spesso di vista obiettivi e smemora il nemico. Il volo per lui è un momento estatico quanto perdersi nella natura dove si arrampica nudo sugli alberi e marcia per la campagne bagnato dal sole. D'estate ama sognare accampato in una tenda dal soffitto stellato, nell'inverno militare all'alloggio per signori ufficiali preferiva dimorare in grotte scavate dentro campi di battaglia. Amante del rischio, refrattario alla disciplina e alla convenzioni e nello stesso tempo figura eclettica, appassionato di letteratura italiana e straniera, di arti figurative, musica, filosofia e sport, costituisce insieme all'amico fidato lo scrittore Giovanni Commiso "Yoga. Unione di spiriti liberi tendenti alla perfezione". Insieme fondano il movimento Yoga, l’Unione di Spiriti Liberi tendenti alla perfezione, che assume come simbolo una svastica – allora allegoria del carro e del sole – e una rosa a cinque petali. Il movimento, con tendenze esoteriche e trasgressive, si pone l’obiettivo di contrastare gli elementi moderati e conservatori che circonderanno D’Annunzio nell'esperienza fiumana aprendo al libero amore, alle orge gay, ma anche a ladri e prostitute. Nei proclami del gruppo viene teorizzata la necessità di “insegnare la scienza dell’Amore cioè della Trasformazione. L’Amore come sensazione, come sentimento, come idea; […] la filosofia non come amore della Scienza, ma come Scienza dell’Amore. Ma rimane anche spazio creativo che anima se stesso con scherzi, burle e azioni dimostrative per mettere alla berlina gli amanti dell'ordine e delle regole. Mossi dallo spirito futurista realizzano sberleffi teatrali al senso comune del pudore sfidando le "più o meno idiote tavole di valori» che la gente per bene definisce «moralismo». Uomo di bassa statura, sorrideva raramente e se un sorriso giungeva rimaneva indimenticato per la sua capacità di esprimere la fanciullezza, tuttavia una vera risata non comparve mai sul suo viso. A metà tra una capigliatura scapigliata e una barbone con baffi fieramente all'insù come quelli dei moschettieri comparivano uno sguardo accigliato ma tenero. Ostile alle divise d'ordinanza, girava trasandato ma con l'indifferenza del gran signore, egli era solito volare con abiti succinti, senza giacca, calzando in capo un fez da bersagliere munito di un lunghissimo cordone terminante in un grande fiocco: il cordone, come lui desiderava, si distendeva in aria, a guisa di una tremula manica a vento. Se capitava di incrociarlo con indosso una cravatta o un paio di scarpe d raffinata eleganza, facile rivederlo poco dopo con la cravatta dipinta di macchie d'olio e le scarpe sformate e scalcagnate dopo una gita in montagna dove si era arrampicato di notte per assistere allo splendore dell’alba. E ti raccontava, senza enfasi però, la commozione che ne aveva provato. Ma se gli proponevi di ripetere la gita insieme ti guardava come se tu fossi matto. Tuttavia nessuno lo sentii mai alzare la voce, anzi Sul più bello di una discussione nella quale stava per persuaderti (caso raro, perché di solito non lo capivi) ti lasciava, senza concludere la sua vittoria. Questo nuvolari dei cieli compie il gesto più ardito e gogliardico della storia del volo italico, volando sulla città eterna a seguito della resa di Fiume da parte dell'Italia, egli fa cadere con rispetto una rosa bianca sul Vaticano in onore di San Francesco d'Assisi; fa piovere sette rose rosse in onore della "Regina del popolo d'Italia" ; per gettare infine sul Quirinale un pitale in ferro smaltato, al manico era legato un mazzo di rape e di carote, con un nastro rosso e la scritta: «Guido Keller, ala azione nello splendore», era il suo motto, «dona al Parlamento e al Governo che si reggono da tempo con la menzogna e con la paura, la tangibilità allegorica del loro valore»....oggi a Montecitorio lancerebbe merda!
Sempre tesi alti destini!" Grunf del Gruppo Tnt Keller nacque sotto il segno dell'acquario a Milano nel 1892 o nel 1894 da antica famiglia aristocratica elvetica, i conti Keller von Kellerer, che si era trasferita in Lombardia verso la metà del Diciottesimo secolo. Dopo le scuole elementari Keller viene mandato dai genitori a studiare in un convitto svizzero rigoroso e frequentato da famiglie illustri, ma vi resiste soltanto un paio di anni. Nel 1915 si iscrive al Battaglione aviatori civili di Mirafiori dove si distingue come uno dei migliori piloti e allievi. Qui gira voce che Keller abbia la testa talmente dura da riuscire a frantumare un’elica. Egli si indispettisce, convoca tutti i “calunniatori” e crea la bizzarra Società degli amici del pelo. A ognuno di loro taglia un ciocca di capelli e gli elenca le norme della società. Terminata la cerimonia, serio e solenne come un sacerdote che compie una cerimonia liturgica, seguito dai ‘soci’ in processione, raggiunse l’hangar e partì in volo recando, in una busta, i capelli degli stessi soci e arrivato su Torino li sparse nel cielo della città ‘in segno di promessa e di protezione dei piloti di Mirafiori. Una settima dopo aver ottenuto il brevetto di pilota l'Italia entra in guerra e alla fine del conflitto rincasa con tre medaglie d'argento per i duelli vinti. Quando D'Annunzio, quasi solitario, dette inizio all'impresa di Fiume, l'11 settembre 1919, trovò a attenderlo gli autocarri che il tenente Guido Keller aveva trafugato da un deposito e che gli consegnò insieme a un immenso mazzo di fiori rossi; nello zaino il giovane ufficiale barbuto portava un teschio vero - con un fez nero da ardito. Sugli autocarri salirono i 186 granatieri che gli attendevano da giorni; poi alla colonna in marcia per Fiume si aggregarono quattro autoblinde di bersaglieri e un numero imprecisato di uomini armati, entusiasti quanto disordinati. Articola bene Giordano Bruno Guerri quando scrive: Da «città olocausta», come l'aveva definita DAnnunzio, Fiume divenne, secondo le direttive del Comandante, la «Città di Vita» dove tutto era lecito, anche e soprattutto ciò che la mentalità dei benpensanti giudicava immorale. Uno spirito rivoluzionario e anticonformista animava i legionari, circa diecimila, che vissero la loro stagione di intemperanze con un vitalismo e unesuberanza mai visti prima. A buon diritto D'Annunzio poté entusiasmarsi per avere plasmato la sua città ideale, dove tutto poteva essere sperimentato e l'avanguardia non aveva limiti all'espressione. Intorno a sé aveva figure fuori dall'ordinario, uomini d'azione, idealisti senza niente da perdere, milionari in cerca di emozioni e giovani che si presentavano a lui come davanti a un oracolo. «La sorte mi ha fatto principe della giovinezza sulla fine della mia vita», mormorò un giorno Gabriele, beato. Chi poteva piacergli più di Keller? Nero di capelli e di barba arruffati, il pilota era circondato da un alone leggendario grazie alle sue imprese di armi e di sesso. Per la sua passione naturistica e istrionica, a Fiume si era costruito una casetta su un albero, amava passeggiare nudo sulla spiaggia e si divertiva a terrorizzare coppiette girando, con le pudenda in bella vista, per boschetti e giardini. Omosessuale dichiarato, in un epoca in cui non era così facile, un suo obiettivo era sconvolgere i bigotti con ogni mezzo. Divenne il pupillo del Comandante, che lo nominò suo «segretario d'azione» e gli concesse lambito permesso di dargli del tu, estasiato dalle sue performance stravaganti e dalle sue imprese. Per la difesa personale del Comandante, Keller creò una «Compagnia della Guardia» costituita dagli elementi più indisciplinati, quelli che a Fiume non avevano neppure voluto esibire un documento. Il gruppo, subito divenuto disciplinatissimo, assunse il nome «La Disperata», che avrà grande successo nello squadrismo fascista. Essa è formata da un gruppo di giovani soldati scapestrati che non sono stati accolti dal Comando e si sono accampati nei cantieri navali della città. Commiso dirà di loro: “Andato a vedere cosa vi facevano, trovò che se ne stavano nudi a tuffarsi dalle prue delle navi immobilizzate, altri cercavano di manovrare vecchie locomotive che un tempo correvano tra Fiume e Budapest, altri arrampicati sulle gru, cantavano. Gli apparvero ebri e felici, li fece radunare e li passò in rassegna: erano tutti bellissimi, fierissimi e li giudicò i migliori soldati di Fiume. Inquadrò questi soldati che tutti chiamavano i disperati per la loro situazione di abbandono e li offerse al Comandante come una guardia personale. La sua decisione fece scandalo tra gli ufficiali superiori, ma il Comandante accettò l’offerta. Con la creazione di questa compagnia, Keller aveva cominciato a realizzare le sue idee di un nuovo ordine militare. Grande parte del giorno questi nuovi soldati facevano esercizio di nuoto e di voga, cantavano e marciavano attraverso la città a torso nudo con calzoncini corti, non avevano obbligo di rimanere chiusi in caserma, ma gli stessi esercizi con la loro piacevolezza li persuadevano a tenersi raggruppati e alla sera per loro divertimento se ne andavano in una località deserta chiamata La torretta, dove divisi in due schiere iniziavano veri combattimenti a bombe a mano, e non mancavano i feriti. [Era un] manipolo di uomini decisi, spregiudicati, violenti nell’adorazione e nell’impeto: fiore della rivolta e della libertà, passato attraverso il setaccio della guerra e degli stati d’animo, se non delle idee, rivoluzionari. Erano mastini ed erano fanciulli: sicuri come truppe di colore, consapevoli come ‘soldati della morte’, lieti e canori come atleti in gara continua. Alcuni elementi moralmente impuri non la deturparono, ma le diedero un colore crepuscolare di gente maledetta dai saggi e dai mediocri, che costituì il suo fascino più orgoglioso”. Tra il Vate abruzzese e il Guascone meneghino vi fu soltanto uno screzio quando il primo fece rapire per scherzo l'aquila che Keller aveva addestrato a stargli sulla spalla e che aveva chiamato come lui, Guido. Il Comandante dovette restituirla di tutta fretta, a scanso di guai. Quando morì nel 1929 a Magliano Sabina, a 35 anni, in un incidente stradale, come il suo contemporaneo Lawrence d'Arabia, D'Annunzio lo volle sepolto vicino a sé, al Vittoriale. Il milanese era specializzato in colpi di mano, dai più audaci ai più bizzarri, come quando, per sopperire alla mancanza di viveri, cronica nella città, fece razzia di angurie in un campo dove era atterrato appositamente; il peso sfondò lapparecchio e il pilota fece un insolito bombardamento sui fiumani, oppure quando insieme al fedelissimo Commiso giunse a studiare un piano per rapire, l'amante di turno del Vate, Luisa Baracca sospettata di manovre oscure o almeno di distrarre il Comandante, gettando il ripristino di un antica festa veneziana ancora in uso a Treviso: il «Castello damore» consisteva nel fingere una battaglia nel corso della quale avrebbero messo la pianista «in una gabbia come una gallina», per portarla in unisola deserta insieme agli ufficiali più anziani e di grado superiore, in genere moderati. D'Annunzio forse intuì il progetto, e comunque giudicò la festa «troppo dannunziana» e negò il permesso. Dopo l’esperienza di Fiume, Keller non riesce più a trovare un suo equilibrio anche a causa dell’enorme uso di cocaina. Si trasferisce prima in Turchia, dove cerca di allestire, fallendo, una scuola di pilotaggio, poi a Berlino, dove si distingue per il suo anticonformismo, si sposta poi in America Latina, Brasile, Cile, Perù, Venezuela, dove spera di riuscire a fondere con le armi le repubbliche sudamericane per sottrarle allegemonia degli Stati Uniti. Nel 1928 rientra in patria e aderirà al fascismo futurista pur venendo sempre visto, da alcuni, con sospetto per le sue aspre critiche ai dogmi e alle discipline. Keller era una sorta di kalender futurista che riconosceva la bellezza della battaglia secondo schemi mistici e antichi, fanatico igienista e vegetariano, naturista e nudista, omosessuale e anarcofascista, futurista e goliardico, ma soprattutto guascone tutto valore, coraggio e sregolatezza.