LETTERA DI UN CRIMINALE DI GUERRA
La mia disabitudine informativa, la sana consuetudine di non ispezionare la bassa costellazione politica, la ferma decisione di vivere non marginalmente ma semplicemente "oltre" , tutto ciò nell'attesa di una vera rivoluzione interiore e spirituale che non giungerà, certo, a breve, costituisce quello che io definisco il attuale disinteresse verso il consueto non divenire.
La guerra mi annoia, motivo per cui sarei infelice di soffermarmi sulla mia considerazione della politica nello "stato odierno delle non persone", ma essendo la felicità un tratto disappartenente della mia persona mi guardo bene dall'aggiungere altro dolore intellettuale al mio karma.
Il continuo sollecito altrui su questioni definite ormai intrattabili che esige che io risponda in modo accomodante al domandante turnale o sperando in un mio responso oppositivo per un conflitto dialettico, mi assale nel quotidiano ricevendo sempre e solo, da parte mia, il responso silenziato del guerriero monastico.
Tuttavia essendo stata "la provocazione" un fenomeno della mia consuetudine ho deciso di riportare nelle righe che seguono quella che io definisco una "Lettera di un criminale di guerra" ; essa ispirata alle mie origine balcaniche che ho conosciuto direttamente e familiarmente una delle ultima guerre dell'intestino europeo, è parte del libro "Straccio i sogni e me ne frego" scritto con Marco Villa, quest'ultimo espressione domandativa dell'argomento questionato.
Il testo che riporto è la mia risposta cruda e urtante per i ben pensanti, per gli armati telecomandati, per i reazionari da divano letto, per tutti coloro che da una postazione, gagliardetto alla mano, tifano e sentenziano. Cattiva lettura a tutti!
“Chi è eroe per la propria gente diviene criminale per la gente altrui”
Quello su cui voglio interrogarti oggi è un tema molto delicato e che rischia di toccare la tua sensibilità andando a rievocare ricordi e fantasmi forse sopiti del tuo passato. Le tue origini balcaniche e le tue vicissitudini familiari certamente non ti rendono indifferente al tema della guerra. Io fortunatamente ho avuto la fortuna di non dover mai partecipare attivamente ad un conflitto armato, non sono stato nemmeno obbligato a svolgere il servizio militare, né ho dovuto subirlo come civile. Credo che soltanto di due cose non si possa scrivere senza averle realmente vissute: la guerra e la galera. E infatti chi meglio ha scritto di carcere e guerra è gente che queste esperienze le ha vissute sulla propria pelle. La guerra che, in un modo o nell’altro, hai dovuto vivere tu insieme alla tua famiglia è, per quanto io ne sappia, la più tremenda che l’Europa ha visto dopo il secondo conflitto mondiale. È una guerra di cui, io credo, si sa ancora molto poco. Forse è passato troppo poco tempo perché di essa se ne faccia una storia, ma i libri ancora sono lacunosi sull’argomento e si può fare affidamento davvero solo alle leggende della strada, un po’ come per le risse di quartiere. Girano secondo me molti luoghi comuni sulle guerre nell’ex Jugoslavia. Tipo che fino a quando c’era Tito bene o male tutti erano tenuti buoni ed era impossibile che le varie etnie venissero a contatto. La cosa che mi ha sempre impressionato di questi conflitti è il pensiero di come delle differenze etniche possano portare a degli scontri così tremendi e sanguinosi, al punto da distruggere città intere e dividere famiglie. È davvero vero che in quegli anni poteva capitare di svegliarsi ed esser costretti ad odiare quello che fino a ieri era il tuo vicino di casa, quello che magari ti portava il pane a casa? Questa guerra ha riportato il mondo indietro di diversi secoli per quanto riguarda le strategie e i metodi con cui si è combattuta. Si è tornati alla guerra dell’uomo contro uomo, corpo a corpo, più umana per certi versi, disumana, terribilmente disumana per altri. È stato come tornare al Medioevo, con un eccezione. Nel Medioevo, che questo sia vero o meno non conta, si parla spesso di un’etica cavalleresca, di un codice del guerriero. Le guerre dell’ex Jugoslavia sembrano essere invece state il luogo del genocidio, del crimine di guerra, dell’orrore. Senza voler entrare nel merito dei casi specifici, che nemmeno mi interessano, quello che mi interessava chiederti è proprio questo. È possibile parlare di un’etica di guerra? Possono esserci delle regole da seguire quando il fine è l’annientamento del nemico? Qual è la sottile linea che separa l’eroe dal criminale di guerra? Onore alla tigre Balkan! Due popoli in un solo Dio, quest'ultimo comandò di uccidersi uno con l'altro, entrambe le genti combatterono per distruggere l'altro e il proprio Dio, comunque fosse andata quel Dio avrebbe sempre avuto un popolo devoto. L' esistenza dell'uno si fondava sull'esistenza dell'altro, l'esistenza altrui diveniva inesistenza propria. Tito fu un grande imperatore romano della dinastia dei Flavi. Il Tito medio si usa invece per indicare altro! Ti parlerò come parlerebbe chi non può più parlare! Qualcuno ci impose di essere amici dopo aver scelto deliberatamente d'esser nemici. Prima dell'inizio di una guerra il senso intorno era apparente, ma allo scoppio dei primi tumulti l'insensatezza divenne, per tutti, un tratto logico della sensatezza. L'estetica del bellico, il viandante viaggia armato, i peggiori in battaglia divengono i migliori; ogni paesaggio è abitato dagli dei della guerra, qui iniziò il primo conflitto mondiale qui non finirà la nostra guerra nazionale. L'erba si pasticcia di rosso, laddove l'ordine etico svanisce il conflitto etnico insorge, nell'epoca del ferro il gioco è sregolato, l'irregolatezza diviene patto comune. Arjuna vive in un tempo fuori dal tempo, Bhisma è padre di tutti! I morti da vivi sono animati da colori diversi, i vivi da morti vengono colorati dal fazionismo ideologico, ma la morte quando ti stringe a sé si presenta in tinta unica e con un odore acre. Lo stupro etnico altro non è che rinascere nel grembo nemico, il combattente rinasce solo nel Walhalla. Massacri accompagnano i cammini armati, il misto paga il tradimento del rifiuto allo schieramento, gli sciacalli vestono da uomini ma rimangono pur sempre sciacalli. Il soggetto odiato diviene oggetto animato, alla comune umanità si sostituisce la diversa identità. I missili cancellano le facce, spersonalizzano ogni sentire, chi spara guardando in faccia porta con sé la morte nell'esistenza tutta, il missilista sogna il nulla, il soldato incuba la notte! Mandrie di sopravvissuti si uniscono agli eserciti, la vendetta rende lupo un coniglio. Chi ti arma diviene il nemico del tuo nemico, chi disarma diviene il nemico di tutti, alla fine della guerra chi arma e disarma diviene la stessa cosa. Il Barone pazzo scrive “I vinti assassinano brutalmente, mentre i vincitori giustiziano umanamente”. E' una storia vecchia come il mondo e i piatti della bilancia sono irrimediabilmente truccati. I fucilati, gli impiccati, gli sgozzati si contano a milioni e milioni. Civili e soldati, uomini e donne. Io ne ho versato tanto quanto altri, ed anche di più, perché era il mio mestiere. Chi è eroe per la propria gente diviene criminale per la gente altrui! Gli estranei alla guerra si vestono come Arlecchino, con la violenza inneggiano alla pace, molti sventolano bandiere diverse dalla propria, altri inneggiano a guerre capaci di vivere solo sugli spalti curvati. I nuovi giustizieri rendono i nemici, nemici di un nuovo comune nemico! Forse sarebbe tempo ti parlassi come chi può parlare parla!? Bene, non lo farò!