SANTA TERESA D'AVILA. LA MISTICA D'OCCIDENTE
Santa Teresa d’Avila scrive : « Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l'angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio. »
La “Transverberazione di santa Teresa d'Avila “ viene immortalata da Gian Lorenzo Bernini, tra il 1647 e il 1652 l’artista napoletano da vita all’estasi mistica attraverso una scultura in marmo e bronzo dorato che innalza se stessa all’interno della Cappella Cornaro sita nella chiesa di Santa Maria della Vittoria in Roma.
Madre Teresa d’Avila (dove nasce il 28 marzo 1515 ) possiede un indole assai movimentata e dopo un lungo travagliato percorso interiore raggiunge la sua grande conversione all’età di trentanove anni.
Nel 1562 fonda il suo primo monastero dedicato a S. Giuseppe, qui le “carmelitane scalze” vivono in uno spirito di amore e abnegazione sull’esempio degli antichi monaci del Monte Carmelo e secondo norme codificate dalla stessa Madre Teresa.
La vita di quest’ultima è segnata non solo da una intensissima vita spirituale e dalle grandi opere letterarie ma anche dalle malattie e delle sofferenze di ogni genere che non le impedirono tuttavia di donarci scritti sulla sua dottrina e la personale esperienza mistica.
Attraverso l'Autobiografia, le Relazioni, il Cammino di Perfezione, il Castello Interiore, le Fondazioni, gli Avvisi, i Pensieri, le Esclamazioni, le Poesie, le Lettere, S. Teresa di Gesù svolge ancora, nel Carmelo e nel mondo, l'ardente attività della sua anima apostolica per essere sempre per tutti Maestra e Madre di vita spirituale. Lascerà il corpo nel fulgore di un'estasi, ad Alba de Tormes, il 4 ottobre 1582.
«La sua esperienza interiore, scrivono Luigi Borriello e Giovanna della Croce, è un pellegrinare in avanti oltre ogni ostacolo verso l'infinito di Dio: è dinamica, progressiva, esodica. Passa di luce in luce per approdare alle realtà soprannaturali della salvezza: Dio Padre, l'umanità del Cristo, lo Spirito santo amore, la grazia, i sacramenti, la passione per la Chiesa. In tale esperienza vi sono gioia ed entusiasmo ma anche, e soprattutto, sofferenza, sconvolgimento, trasformazione. Tutte queste realtà costituiscono la trama dell'avventura umano-spirituale di Teresa, avventura a passo con Dio, con il suo epicentro nell'orazione, quale rapporto d'amicizia con il Dio di Gesù Cristo. Proprio tale rapporto interpersonale, che avvicina il divino all'umano, imprime un profondo realismo spirituale alla vita ed alle opere della mistica d'Avila. In questa santità incarnata il soprannaturale costituisce parte integrante dell'esistenza umano-divina di Teresa. Nelle pagine di questa donna umanissimo si avverte chiaramente come la mistica comunione con Dio non isoli in un'aura sacrale: la grazia divina, il Cristo, l'inabitazione trinitaria, non sono nozioni astratte ma realtà vive che alimentano la sua esistenza storica».
Riportiamo qui stralci dei suoi scritti che meglio fanno comprendere il percorso mistico della santa.
NEL CUORE DELLA PREGHIERA (Libro della Vita 8, 5)
«Posso dire soltanto quello di cui ho fatto esperienza, ed è che, per quanti peccati faccia, chi ha incominciato a praticare l'orazione non deve abbandonarla, essendo il mezzo con il quale potrà riprendersi, mentre senza di essa sarà molto più difficile. E che il demonio non abbia a tentarlo, come ha fatto con me, a lasciare l'orazione per umiltà; sia convinto che la parola di Dio non può mancare, che con un sincero pentimento e con il fermo proposito di non ritornare ad offenderlo si ristabilisce l'amicizia di prima ed egli ci fa le stesse grazie, anzi, a volte, molte di più, se il nostro pentimento lo merita. Quanto a coloro che non hanno ancora incominciato, io li scongiuro, per amore del Signore, di non privarsi di tanto bene. Qui non c'è nulla temere, ma tutto da desiderare, perché, anche se non facessero progressi né si sforzassero d'essere perfetti, così da meritare le grazie e i favori che Dio riserva agli altri, per poco che guadagnassero, giungerebbero a conoscere il cammino del cielo; e, perseverando nell'orazione, spero molto per essi che godano la misericordia di quel Dio che nessuno ha preso per amico senza esserne ripagato; per me l'orazione mentale non è altro se non un rapporto d'amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama. E se voi ancora non l'amate (infatti, perché l'amore sia vero e l'amicizia durevole, deve esserci parità di condizioni, e invece sappiamo che quella del Signore non può avere alcun difetto, mentre la nostra consiste nell'essere viziosi, sensuali, ingrati), cioè se non potete riuscire ad amarlo quanto si merita, non essendo egli della vostra condizione, nel vedere, però, quanto vi sia di vantaggio avere la sua amicizia e quanto egli vi ami, sopportate questa pena di stare a lungo con chi è tanto diverso da voi».
NEL CUORE DELLA PREGHIERA (Libro della Vita 8, 5)
«Posso dire soltanto quello di cui ho fatto esperienza, ed è che, per quanti peccati faccia, chi ha incominciato a praticare l'orazione non deve abbandonarla, essendo il mezzo con il quale potrà riprendersi, mentre senza di essa sarà molto più difficile. E che il demonio non abbia a tentarlo, come ha fatto con me, lasciare l'orazione per umiltà; sia convinto che la parola di Dio non può mancare, che con un sincero pentimento e con il fermo proposito di non ritornare ad offenderlo si ristabilisce l'amicizia di prima ed egli ci fa le stesse grazie, anzi, a volte, molte di più, se il nostro pentimento lo merita. Quanto a coloro che non hanno ancora incominciato, io li scongiuro, per amore del Signore, di non privarsi di tanto bene. Qui non c'è nulla temere, ma tutto da desiderare, perché, anche se non facessero progressi né si sforzassero d'essere perfetti, così da meritare le grazie e i favori che Dio riserva agli altri, per poco che guadagnassero, giungerebbero a conoscere il cammino del cielo; e, perseverando nell'orazione, spero molto per essi che godano la misericordia di quel Dio che nessuno ha preso per amico senza esserne ripagato; per me l'orazione mentale non è altro se non un rapporto d'amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama. E se voi ancora non l'amate (infatti, perché l'amore sia vero e l'amicizia durevole, deve esserci parità di condizioni, e invece sappiamo che quella del Signore non può avere alcun difetto, mentre la nostra consiste nell'essere viziosi, sensuali, ingrati), cioè se non potete riuscire ad amarlo quanto si merita, non essendo egli della vostra condizione, nel vedere, però, quanto vi sia di vantaggio avere la sua amicizia e quanto egli vi ami, sopportate questa pena di stare a lungo con chi è tanto diverso da voi».
NEL CUORE DELLA PREGHIERA (Libro della Vita 8, 5)
«Posso dire soltanto quello di cui ho fatto esperienza, ed è che, per quanti peccati faccia, chi ha incominciato a praticare l'orazione non deve abbandonarla, essendo il mezzo con il quale potrà riprendersi, mentre senza di essa sarà molto più difficile. E che il demonio non abbia a tentarlo, come ha fatto con me, a lasciare l'orazione per umiltà; sia convinto che la parola di Dio non può mancare, che con un sincero pentimento e con il fermo proposito di non ritornare ad offenderlo si ristabilisce l'amicizia di prima ed egli ci fa le stesse grazie, anzi, a volte, molte di più, se il nostro pentimento lo merita. Quanto a coloro che non hanno ancora incominciato, io li scongiuro, per amore del Signore, di non privarsi di tanto bene. Qui non c'è nulla temere, ma tutto da desiderare, perché, anche se non facessero progressi né si sforzassero d'essere perfetti, così da meritare le grazie e i favori che Dio riserva agli altri, per poco che guadagnassero, giungerebbero a conoscere il cammino del cielo; e, perseverando nell'orazione, spero molto per essi che godano la misericordia di quel Dio che nessuno ha preso per amico senza esserne ripagato; per me l'orazione mentale non è altro se non un rapporto d'amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama. E se voi ancora non l'amate (infatti, perché l'amore sia vero e l'amicizia durevole, deve esserci parità di condizioni, e invece sappiamo che quella del Signore non può avere alcun difetto, mentre la nostra consiste nell'essere viziosi, sensuali, ingrati), cioè se non potete riuscire ad amarlo quanto si merita, non essendo egli della vostra condizione, nel vedere, però, quanto vi sia di vantaggio avere la sua amicizia e quanto egli vi ami, sopportate questa pena di stare a lungo con chi è tanto diverso da voi».
Santa Teresa non ha mai scritto un trattato sulla preghiera, quanto piuttosto ella ha testimoniato la sua personale esperienza spirituale vissuta come esigenza e desiderio di vivere un rapporto personale con Dio. La sua è una invocazione raccolta, interiore, silenziosa e contemplativa. Un orazione di perfezione saldata nell’amore in cui la contemplazione fiorisce trovando comunione con il divino.
Pregare significa abbracciare il divino, accoglierlo nel profondo del proprio pronti a donare se stessi, tale fiducioso abbandono si esprime con lodi, suppliche, e adorazioni.
Ella vuole rassicurarci sul fatto che Cristo non è lontano, gelido e inafferrabile, quanto è piuttosto un Dio che vive la storia, che nasce come un bimbo, cresce, soffre ed ama, il Nazareno è compagno di strada in questo peregrinare terreno dove con la sua sensibilità partecipa alla vita di ognuno.
Centrale nel messaggio teresiano è il mistero dell’incarnazione; Santa Teresa trova nel Nuovo Testamento la dimensione umana di Gesù nell’incontro con la samaritana, nella preghiera nell’Orto degli Ulivi; meditando sull’umanità di Cristo riconosce e ritrova il vero e autentico amore.
Separarsi da questo vero sentimento per seguire i desideri della mente equivale a rinunciare al vero incontro con Dio.
Egli riconosce che ogni esperienza mistica iniziata con la preghiera e seguita dalla vita contemplativa sta l’esperienza trinitaria con Dio. Tale partecipazione misterica va vissuta come comunità perfetta di tre persona distinte tra cui vi è uno scambio reciproco d’amore nell’essenziale unità, la serenità e la pace che ne consegue sono solo il preludio di quel godimento promesso nella gloria futura.
“Non cercare di chiudere me in te, ma cerca di chiudere te in me” queste sono le parole che Santa Teresa sente in una delle sue tante visioni.