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Massimo Mannarelli

IL TRAVESTITISMO MITOLOGICO

Svestirsi travestendosi significa spogliarsi del consueto, uscire dal quotidiano oltrepassando il genere e la categoria per superare gli opposti; grazie al travestimento l'essere supera il sono per divenire... Peter Ackroyd nel suo saggio “Dressing up” (ossia: “Travestirsi”) sostiene che Il travestitismo ha coincidenze che legano popoli di tutti i continenti che siano essi asiatici, americani, europei o africani; in alcune culture esso fu perfino istituzionalizzato, conferendo ai travestiti lo status di partecipanti del terzo sesso "l'androgino". Chi riuscisse ad appartenere al sesso opposto rispetto a quello imposto dalla natura si connetteva con il sacro, il divino e il magico. L’androginia assume quindi un aspetto centrale all'interno dello scenario mitologico, essa in quanto divinità della vegetazione e della fertilità contiene l'idea di travestitismo stesso che diviene parte della forma venerata. Mircea Eliade parla di "coincidentia oppositorum" ossia della perfetta unione dei contrari, l'essere unico androginico all'interno di una varietà di miti cosmogonici esiste prima della separazione delle cose, l'esempio più famoso di tale concezione èil mito che Platone fa raccontare al commediografo Aristofane nel Simposio, del resto statue risalenti al periodo ellenico sono mostrate con entrambi i caratteri sessuali. Nell'androgino gli opposti si fondono e coesistono insieme diventando unica forma ma anche espressione di un particolare potere come accade per il mito del Dio Shiva. Nell'antica Roma nella ricorrenza delle feste religiose di ringraziamento per il raccolto, gli dei dell’agricoltura erano definiti “sive deus, sive dea”(sia dio, che dea”). E' la stessa antropologa americana Ruth Fulton Benedict che afferma che numerosi culture lo confermano: in Africa una delle divinità principali è Lisa-Maron, una figura che incorpora sia l’uomo che la donna; il grande dio Shango può essere rappresentato sia con attributi maschili che femminili; contemporaneamente, gli sciamani del Brasile adorano Yansan, definito “l’uomo-donna”. La tradizione del travestito come essere che incarna qualcosa di sacro rimase viva anche nelle popolazioni degli Indiani d’America: i berdaches erano uomini che vestivano panni femminili e venivano impiegati in attività femminili; essi interpretavano le funzioni delle donne, già da tempi antichi. Possibile che il travestitismo fosse una modalità usata per controllare e limitare l'omosessualità trasformandola in forza sociale costruttiva, tuttavia nelle culture sciamaniche esso fu visto sempre come il collegamento con l'arte della magia, i travestiti erano considerati "stregoni o visionari" la loro natura di uomini con abiti da donna, in alcune comunità primitive, era fonte di autorità divina. Il filosofo latino Macrobio riporta che i sacerdoti vestivano come le donne in onore dell’Afrodite barbuta di Cipro, proprio su questa isola vigeva il culto di Ariadne, in origine culto della fertilità; esso era segnato da una cerimonia in cui un ragazzo indossava vesti femminee e procedeva rappresentando tutti i simboli della laboriosità e della nascita. Questa persistente identificazione dell’androginia con l’idea della crescita e della rinascita, si ritrova in molti riti per la fertilità e sembra resistere anche in alcune culture, ai giorni nostri. Tornando alla cultura sciamana il travestito per la sua forza potentemente ambigua era considerato uno “scelto da Dio”. Il potere di cambiare di sesso o quanto meno di rappresentare tale processo adottando vesti del sesso opposto stabiliva una particolare relazione tra lo sciamano e le divinità dal doppio sesso. Essendo lo sciamano un ricettacolo di spiriti con cui agisce in comunione estatica possedere la forma maschile e quella femminile è ancora oggi una grande forma di potere. Già il greco Erodoto scriveva che gli stregoni della Scizia erano soliti parlare e vestirsi come le donne e per questo motivo erano venerati ma anche assai temuti; così avveniva ad Efeso, durante i culti di Artemide, a cui gli uomini non potevano accedere se non travestiti, nella Roma antica in particolar modo durante i riti di Ercole (ricordiamo infatti che lo stesso Ercole visse per tre anni travestito presso la corte di Omphale, regina di Lidia); nella tradizione norrena è Loki a travestirsi; tra le tribù dei Chukchee del nord- est asiatico, dove gli sciamani trascorrevano la loro vita permanentemente travestiti; , tra le tribù del Borneo dei Sea Dyaks; tra gli indiani Mohave, in cui chi era destinato alla funzione di sciamano veniva travestito; tra gli indiani Omaha, che consideravano venerabile ogni travestito, tra le tribù teso dell’Africa centrale, in cui i medici si travestivano; in India, tra la setta dei Vallabha, devota a Krishna; tra i sacerdoti Aztechi, Maya ed Incas; durante il periodo medievale, nelle gare magiche, in cui uno dei segni maggiormente attestati di uno stregone era l’abilità di cambiare sesso, attraverso il cambio degli indumenti. Riccardo Rubino nella sua tesi "Il travestitismo. Rito e rappresentazione. Dalle antiche culture tribali ai giorni nostri" sostiene "che a questo punto quello che appare importante è cercare una plausibile spiegazione per la persistente ed apparente universalità del travestitismo, come una condizione di potere e di sacralità. Potrebbe darsi che i sacerdoti maschi vestiti da donne potessero simboleggiare la confluenza di terra, principio femminile, e di cielo, principio maschile. Questi sacerdoti sarebbero una conseguenza di qualche più antica cultura matriarcale, in cui l’abito femminile è simbolo di un ordine stabilito. Il travestitismo potrebbe essere spiegato anche come rappresentante del comune ordine di Madre Natura, come antagonista di una società dominata dal maschio. Inoltre è da tenere in considerazione un fatto molto importante: a prima vista quello che a noi potrebbe risultare sconvolgente è come il travestitismo non fosse considerato una devianza di carattere sessuale, ma , anzi, avesse questo ruolo sacrale". E ancora prosegue il Rubino "Il travestitismo è un fenomeno, in apparenza, se non nelle motivazioni, temibilmente asessuale. Nelle società tribali primitive la sessualità non viene repressa in forme convenzionali, o da forme convenzionali, così viene ad assumere una lettura differente rispetto a quelle culture che, invece, basano il concetto di sessualità su motivazioni dettate da tradizioni, da forme di pensiero, da precetti religiosi, politici, morali...Lo sciamano che si traveste rappresenta, in queste culture primitive tribali, piuttosto che un cero tipo di sessualità innaturale o codificata, l’assenza di sessualità. Secondo Rubino questa immagine induce, a ragione un timore sacro e anche stabilisce relazioni tra i due sessi. Perciò, non sarebbe corretto prendere ogni travestito, nelle culture appena citate, come necessariamente o prevalentemente omosessuale. Arrivati a questo punto, non è da trascurare il ruolo che l’abito riveste all’interno di tutto questo, chiamiamolo, rito del travestitismo. I vestiti possiedono e vogliono esprimere, in qualunque caso e in qualsiasi società, qualcosa di tangibile: i vestiti dello sciamano travestito non sono periferici alla sua attività magica, ma sono l’evidente, il visibile segno della sua condizione privilegiata e divina. Anch’essi assumono innate proprietà magiche. Così, sicuramente, bisogna tenere presente che, come per ogni rappresentazione pubblica, l’abito dello sciamano è da intendersi come vero e proprio Costume che possiede una sua funzione visiva, spettacolare, coinvolgente e in questo caso, temibile. Quando lo stregone o il sacerdote adottava un abito appartenente non al suo sesso, ma a quello opposto, di certo si trattava di un abito particolare, con specifici attributi attestanti il suo ruolo all’interno. Scardinando simbolicamente i parametri del vestiario prestabilito per ciascun sesso, lo sciamano si avvicinava al potere delle divinità androgine e trovava libero accesso in una vita ed in una condizione privilegiata. Accanto a tali funzioni religiose e magiche, è opportuno considerare anche il travestitismo adottato nelle grandi celebrazioni. La circoncisione, il matrimonio, la morte. Qui il travestitismo gioca un ruolo fondamentale: esso rappresenta la rinascita della vita e della forza. I bambini Masai vestivano abiti ed ornamenti femminili finchè le ferite della circoncisione non si rimarginavano; i Namshi portavano gonne e collane durante i riti di iniziazione; gli Egiziani circoncisi sfilavano in vesti femminili. Si tratta propriamente di preparazioni travestitiche, atte ad entrare nel mondo virile, prefigurate nel “mito di Achille” che visse travestito da donna alla corte di Licomede, a Sciro, prima di acquisire le sue abili doti marziali". P.Ackroyd svolge un’interessante tesi sul travestitismo nella cultura primitiva: egli sostiene che sia da collegarsi alle feste religiose di ringraziamento per il raccolto e ai riti di fertilità. Fu proprio attraverso l’aperta identificazione con tali festività che il travestitismo guadagnò la sua reputazione di simbolo di licenza sessuale e di buffoneria. Durante la festività per la raccolta dell’uva, la festa ateniese di Oscoforia, due ragazzi si vestivano in abiti muliebri e portavano in processione parte del raccolto; durante le festività Argive di Hybrystica, gli uomini erano travestiti; alla festa di Hera a Samo, gli uomini indossavano lunghe gonne bianche e si pettinavano i capelli acconciandoli in cestini dorati; Dioniso era, in origine, una divinità della vegetazione e, nel IV sec. a.C., gli egizi adottarono costumi femminili in suo onore; durante le festività laconiane per Artemide, oltre agli abiti femminili, gli uomini indossavano maschere grottesche. Alcune di queste pratiche sono ancora in atto, anche se, ovviamente, sono spogliate del loro originario significato e scopo. Durante le feste per il raccolto era pratica comune, in Europa, fino qualche anno fa, travestirsi soprattutto in occasione della raccolta del grano; in Bavaria c’è ancora l’uso di travestirsi in tali circostanze. Il travestitismo interpretato in atti simili, è preparazione alla rinascita, al cambio della Natura. A tale mutazione della Natura può giungere anche l’uomo che si traveste. Quello che adesso risulterà facile da comprendere è che il travestirsi rimase presente nella storia come qualcosa di connesso al sacro, solo finchè fu temuto e rispettato. Anche nel teatro se pur in modo diverso la figura del travestito ebbe riconoscimenti esaltanti pensiamo a Onnagata o Oyama (donna-ruolo) termine giapponese con il quale di indicavano gli attori maschi che interpretavano ruoli femminili nel teatro Kabuki che ritroviamo come personaggio in uno dei film di Kitano "Zatoichi"; senza dimenticare il teatro inglese che a metà del 1600 diede il palco a figure come Kynaston che interpretava i personaggi femminili in modo così convincente che lo scrittore inglese Samuel Pepys lo definì nel suo diario: "la donna più bella che io abbia visto in vita mia" riconoscendoli come unico difetto la voce. Rubino conclude affermando che: Appena la gente non prese più sul serio tale funzione, tutto ciò che sopravvisse fu la “buffoneria”, che tende a sottolineare le disparità che il travestitismo incarna nella società moderna. Così, a poco a poco, le festività stesse e le cerimonie che in esse si svolgevano, degenerarono, perdendo tutta la devozione del popolo e le loro funzioni sacrali-religiose. I travestiti divennero parte di una farsa ed i loro travestimenti iniziarono ad essere letti solo come conseguenza di una tendenza sessuale innaturale.

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