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  • Massimo Mannarelli

L'ETICA MISTICA DI SANT'ANTONIO DA PADOVA.


Sant’ Antonio di Padova camminando sulle orme di San Francesco si unisce a Dio in maniera concreta, viva, personale per mezzo di Colui che fu lo spirito di Dio.

Egli in consolidato contatto con l’atmosfera della mistica francescana vive una vita permeata di un entusiasmo religioso, dove in totale semplicità scorre la via della confidenza e dell’affetto puro nei confronti di Dio.

Frate Antonio sceglie Dio come unico amore della sua vita ponendo tutte le sue energie nella fusione con l’Unico attraverso la figura del Cristo affermando: “Vivo io ma non più io, è Cristo che vive in me; la mia vita è Cristo”. Il Santo comprese appieno il linguaggio di Cristo e, unito a lui nella preghiera, nella carità fraterna e nella donazione continua al prossimo, portò frutti di santità diventando come un giardino ben irrigato e come un inesauribile sorgente d’acqua viva.

La porta d’ingresso per il misticismo diviene la biblica povertà quale cessazione di ogni desiderio e di ogni attaccamento alle cose mondane, la vita percepita nel suo valore effimero e provvisorio spingono alla pace e al silenzio interiore giungendo direttamente a Dio.

Antonio sostituisce ad una prospettiva brillante legata alla vita estetica una visione del distacco dal mondo aprendo il cuore ai valori dello Spirito. Il suo unico desiderio diviene quello di fare la volontà di Dio riconoscendo nella pochezza e nella miseria umana, il disprezzo di sé quale condizione essenziale per l’elevazione spirituale che si traduce nell’appassionata ricerca di Dio in Cristo, l’unico suo bene.

Il suo porto più sicuro rimane la preghiera, non di pochi minuti, né vuota, né presuntuosa, ma di lunga durata, serena ed umile”. La preghiera diviene rapporto di amore che crea un’intima unione con la persona amata (cioè tra l’uomo e Dio) e spinge poi a colloquiare dolcemente con lei, provando una gioia ineffabile. Il Santo attua il precetto evangelico di pregare sempre attraverso la cosiddetta “orazione del cuore”: orientare all’amato ogni azione, ogni gesto, ogni pensiero, attuando una forza dell’amore che si perder nella silenziosa immolazione quale azione per glorificare Dio. Nella preghiera Antonio ascolta la voce di Dio: si nasconde, si umilia e trova pace e gioia nell’abbandono alla volontà del Signore.

L’eremo diviene allora necessità di solitudine fisica, di silenzio esteriore, conduzione di una più intensa vita di preghiera e di contemplazione; l’isolamento non assume mai i tratti della separazione quanto invece avvicina spiritualmente all’altro permettendo di comprendere pienamente coloro che vivono nell’inquieta e rumorosa mondanità.

La sua vita si svolge tra azione e contemplazione, fra solitudine e apostolato, quest’ultimo vissuto con il mistico sostegno dell’unione con Dio che fa si che la sorgente dell’apostolato sia l’ intensissimo amor di Dio.

Il saggio è, secondo l’Antico Testamento, colui che riconosce che la sapienza proviene da Dio e consiste nell’accettare serenamente il suo piano e la sua logica. Sant’Antonio predilesse e ricercò fin dalla giovinezza questa sapienza, che non fa parte del corredo naturale dell’uomo ma è qualcosa di soprannaturale. Consapevole della propria debolezza e della propria ignoranza, il Santo meritò di ottenere la sapienza, perché egli fu fedele alla Parola del Signore. Sant’Antonio non appartiene alla categoria di coloro i quali si reputano sapienti e scaltri perché seguono criteri umani di valutazione, ma a quella dei semplici, di quelli che il Vangelo definisce i piccoli. Egli è l’uomo prudens, la cui vita si svolge tutta nella disponibilità e nella docilità necessarie per accogliere una sapienza irraggiungibile con le sole forze umane.

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