L'UNO NEL PENSIERO DI PLOTINO
Le molteplici cose sensibili si possono spiegare solo riportandole all'unità di un'Idea corrispondente, che per partecipazione le fa essere appunto ciò che sono. Ma le Idee stesse sono molteplici, sia pure a un livello del tutto differente dalle cose sensibili, per Platone il molteplice non spiega mai se stesso e ha bisogno perciò "strutturalmente" di essere riportato all'unità attraverso la teoria dei principi primi e supremi che lo stesso Platone ha sviluppato nelle sue dottrine non scritte, ossia nella dimensione dell'oralità dialettica. I principi primi e supremi sono l'Uno (che coincide con il Bene) e la Diade indefinita di grande e piccolo. La Diade è principio di molteplicità, da ciò deriva la differente realtà delle cose e, a livello sensibile, il divenire, compreso il male. La realtà quindi a tutti i livelli ha una struttura bipolare, ossia è una "mescolanza" di due principi, l'Uno e la Diade secondo giusta misura. Nel Filebo, l'Uno viene presentato nella sua funzione di limite e la Diade come illimite: l'essere è dunque un misto di limite e illimite. Le Idee sono tali da sempre e per sempre. Invece il mondo fisico in generale è tale solo per l'intervento di una causa efficiente, ossia dell'intelligenza suprema del Demiurgo, una figura mitologica che simbolizza la funzione razionale ordinatrice della realtà. In altri termini, il Demiurgo cerca di calare nella realtà fisica i modelli del mondo ideale, in funzione delle figure geometriche e dei numeri. Gli enti matematici sono perciò gli enti intermedi-mediatori che permettono all'intelligenza demiurgica di trasformare il principio caotico del mondo sensibile in cosmo ordinato; essi dispiegano l'unità nella molteplicità in funzione dei numeri e quindi producono ordine e portano all'essere tutte le cose come immagini dei modelli ideali. Siccome il Demiurgo è la migliore delle cause possibili, questo cosmo non può che essere il migliore possibile.
Plotino che riprende la struttura gerarchica della realtà valica il bipolarismo platonico mettendo al vertice della realtà semplicemente l’Uno e declassando il cosiddetto due nella scala gerarchica.
La trascendenza ereditata da Platone diviene centrale nel pensiero di Plotino ma soprattutto arricchita di altri elementi, che egli raccoglie con un atteggiamento decisamente sincretista dalle varie scuole filosofiche elleniche mutando il concetto dell’Uno parmenideo, di Pensiero da Aristotele, di Spirito da Eraclito e degli stoici dando espressione ad una nuova triade: Uno, Intelletto, Anima. In questo processo di pensiero però si scolora la problematica platonica, gli argomenti scientifici e le finalità strettamente filosofiche per dare prevalenza al carattere religioso, in cui l'Uno è la realtà assoluta (cioè Dio), dal quale ogni molteplice si deduce: impossibile è infatti per Plotino concepire la natura senza riferimento all'Uno, perché ogni essere è tale in quanto a esso legato. Ma se tutte le cose rimandano all'Uno come a loro origine, questa realtà è per ciò stesso diversa da tutti gli altri esseri e nella sua entità rientra tutto ciò che noi non vediamo nel mondo. È quindi una realtà inconoscibile, tanto assoluta da essere inesprimibile.
Nel Sacro Corano un versetto esprime con chiarezza tale unicità si legge infatti “Di': Egli è Allah, l'Uno, Allah, l'Eterno Assoluto. Non figliò, né è stato figliato. E non c'è nessuno simile a Lui”. Allah all'interno del puro monoteismo è l'Onnipotente, il Creatore e il Sostenitore dell'universo niente è simile a Lui e nessuno e paragonabile a quest'ultimo. Allah è un nome indeclinabile che non partecipa ad alcun pluralismo e nient'altro se non Lui può essere chiamato direttamente Allah.
L'Uno in quanto diverso dal mondo può essere in relazione con esso solo in quanto realtà superiore. In questa relazione l'unità e la trascendenza dell'essere assoluto sono salvaguardate da Plotino, mediante l'introduzione del concetto di emanazione: Dio, nella pienezza del suo essere, trabocca da sé e si espande sugli esseri inferiori con la stessa veemenza con cui la luce emana dal sole, il calore dal fuoco, l'acqua dalla fonte. Ma emanazione non significa creazione nel tempo, perché questa sovrabbondanza dell'essere divino è da sempre e quindi eterna è pure l'emanazione come sua conseguenza. Dio però non opera direttamente sul mondo, ma si serve di sussistenze intermedie, l'una inferiore all'altra e tutte inferiori a Dio: prima emanazione è l'intelletto (o Lógos di Dio), seconda l'anima e, ai suoi confini, ma tutt'uno con essa, la materia. L'anima infatti da una parte prende alimento dall'intelletto e dall'altra lo offre alla natura dominandola e governandola. Partecipe del mondo della natura, l'uomo tuttavia è chiamato a superarlo per identificarsi nella luce di Dio: egli compie la sua ascesa per gradi fin quando giunge all'estasi, lontano da ogni finalità pratica, ma solo percorrendo la strada della conoscenza, nel distacco dal molteplice per ascendere verso l'Uno. Alla conclusione di questo processo è evidente che il grado più alto spetta alla visione di Dio, mentre la filosofia siede su di un gradino inferiore.