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Massimo Mannarelli

L'UNIVERSO DEL RESPIRO


Il respiro è ciò che regola la gioia, la tristezza, il piacere, la collera, la gelosia e le altre emozioni. La quantità e la qualità del respiro hanno entrambe un preciso e diretto effetto sulla salute dell’uomo.

L’inquinamento industriale, le bevande alcoliche e vari tipi di alimenti possono interagire con il respiro e disturbarne la purezza d’azione.

Il respiro tiene conto anche di circostanze che mutano a seconda dell’età, del clima e delle abitudini di vita.

Alcuni Sufi sostengono che quando si attraversa una fase depressiva tutte le capacità naturali si indeboliscono e il respiro aumenta di concentrazione; quest’ultima causa un violento accumulo del respiro il quale conseguentemente annulla parte del calore naturale e promuove l’insorgere di uno squilibrio tendente al freddo; a seconda della durata del periodo di depressione lo squilibrio freddo può estendersi ad uno o più parti del corpo producendo in tal modo differenti gradi di malattia; tuttavia anche le emozioni

di terrore e gli effetti associati ad un pericolo grave ed incombente hanno anch’essi il risultato di disperdere calore umano.

Di tutte le realtà fisiche che hanno attinenza con la salute quella che spesso viene presa in considerazione nella medicina vedica e nella guarigione sufi è il respiro.

Se da una parte la nostra salute è condizionata da ciò che respiriamo(nel senso più ampio del termine), noi siamo il nostro respiro perché noi siamo prima di tutto anima.

L’anima (dal latino anima, connesso col greco ànemos, «soffio», «vento»), in molte religioni, tradizioni spirituali e filosofiche, è la parte vitale e spirituale di un essere vivente, comunemente ritenuta distinta dal corpo fisico.

Le religioni rivelate affermano che sia Dio a creare o generare le anime. Se cerchiamo nelle Bibbie in Greco ed in Ebraico delle parole tradotte come “anima” troveremo molti termini che, letteralmente, significano “respiro” o “vento”. Ad esempio, nella Bibbia di Re Giacomo,la parola ebraica neshamah (lett. respiro) è tradotta due volte con spirito, ed una volta con anima. Il termine ebraico-aramaico ruach (lett. vento) è tradotto 240 volte con spirito, e sei volte con mente; la parola nephesh (lett. respiro) è tradotta anima per 428 volte, mente per 15 volte, spirito per 2 volte, e vita per 119 volte. Passando alla Bibbia in Greco, troviamo pneuma (lett. respiro) tradotto 91 volte come ghost (compresa la traduzione dell’espressione Spirito Santo), e 292 volte come spirit. Infine possiamo notare l’importante termine psiche il cui significato letterale è respiro; esso viene tradotto con anima per 58 volte, con mente per 3 volte, e con vita per 40 volte.

Nel sacro Corano vi è scritto: E ricorda quando il tuo Signore disse agli angeli: Ecco! Sto creando un mortale da un argilla di fango nero malleabile. Quindi dopo averlo fatto e avere insufflato in lui il Mio spirito.. (Corano 15:28-29).

Questo versetto coranico rivela in forma condensata la relazione mistica esistente tra Dio e la sua creazione umana. Egli dice di aver fatto l’essere umano a partire dagli elementi e poi di aver infuso in quel corpo il soffio della vita. I termini usati in questo contesto sono significativi. Nel Sacro Libro si usa la parola nafas per indicare il respiro divino e il termine ruh per indicare l’anima di Dio. Le stesse parole

Tuttavia vengono usate anche per indicare il respiro umano e l’anima umana quale conferma del nostro provenire originalmente da Dio, in quanto siamo di Allah e per Allah e che alla fine a Lui torneremo.

Il respiro non è sinonimo di aria, né di ossigeno, esso è ciò che scaturisce direttamente dal Divino e ha come

essenza il temperamento delle sfere celesti. Il respiro è una sostanza luminescente, un raggio di luce; il respiro è la forza vitale di Dio stesso.

La vita, secondo alcune correnti sufi, è considerata dall’inizio alla fine come un esercizio continuo di pratiche respiratorie: il respiro è l’agente su cui agisce il permesso divino (idhn) il quale è responsabile di trasportare gli attributi divini dal cuore ai vari centri di mente, corpo e anima; il respiro crea l’equilibrio e l’armonia dei temperamenti del corpo trasportando elementi vitali dall’esterno del corpo alle funzioni fisiologiche interne.

Nella cultura vedica il termine sanscrito prâna (dalla radice "an" - «respirare») assume molteplici significati; esso infatti indica nello stesso tempo l’energia, la forza e il dinamismo ma soprattutto il soffio vitale (spesso poi viene usato al plurale per descrivere i respiri vitali).

La parola prâna è associata nello yoga al termine ayama che significa prolungamento, espansione, ma anche controllo.

Il Pranayama (controllo ritmico del respiro) è il quarto stadio dello Yoga, secondo gli Yoga Sutra di Patañjali. Pranayama e Pratyahara (ritiro della mente dagli oggetti dei sensi) sono due stati dello Yoga conosciuti anche come “antaranga sadhana" (pratica interiore) che si oppone a "bairanga" (pratica esteriore esempio le Asana); per alcune scuole di pensiero tuttavia la pratica del pranayama è anch'essa pratica esteriore.

Attraverso la pratica del prânâyâma, il corpo diventa forte e sano. Con la pratica del prânâyâma, gli apici dei polmoni riceveranno un apporto adeguato di ossigeno, come di solito non accade ciò porta ad un miglioramento nella quantità e qualità di sangue nell'organismo. Il prânâyâma si presenta come un metodo efficace e pratico per armonizzare non solo il respiro, ma anche i sensi e la mente.

La parola Yoga in sanscrito significa unire, legare assieme, ma anche soggiogare, dirigere e concentrare l’attenzione, usare ed applicare; ma soprattutto lo Yoga è comunione o unione in quanto è la vera unione della nostra volontà con quella di Dio, tutto questo nell’Islam si riassume con il termine Tawḥīd "unicità".

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