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  • Massimo Mannarelli

LA PITTURA BUCOLICA DI ANTONIO LIGABUE


Antonio Ligabue, il "buon selvaggio" della pittura italiana, continuava ad essere un personaggio inquietante, diverso, strano; per quella sua miseria solitaria, consumata rintanandosi tra gli alberi, le nebbie e le calure della Bassa Padana; è in quest’ultima che nascono le figurazioni dense e squillanti, dove una violenza ancestrale capace di destare paura si muove con passi solitari e malinconici.

Le immagine bucoliche sono minuziose scene in cui immaginazione e memoria visiva di fondono per creare inesistenti foreste esotiche, in esse gli incubi divengono visioni colorate; gli ordinati filari di pioppi giungle popolate da belve feroci.Tigri con le fauci spalancate, leoni nell'atto di aggredire una gazzella, leopardi assaliti da serpenti, cani in ferma e galli in lotta: predatori e prede, selvatici e domestici.

Ligabue sentiva gli animali come compagni, li comprendeva e li amava più degli uomini: e ad essi più che agli uomini, voleva assomigliare.

Guardando un disegno di Ligabue si ha l'intuizione dell'animale nella sua fisicità, nel suo movimento, nel suo esistere e sembra che nessuna meditazione vi sia stata tra l'artista e l'animale anche se invece sappiamo che Ligabue disegnava, come dipingeva, ricreando l'immagine in sé, a memoria si potrebbe dire.

La resa fenomenica dell'animale è accurata ed essenziale negli elementi caratteristici, che, nelle prime opere, sono puramente anatomici, in quelle della maturità sono legati ad una drammatizzazione, alla concentrazione del movimento, all'individuazione di stati d'animo e/o psicologia animale, ad una tensione narrativa, che se non arriva a scene complesse come nei dipinti, tuttavia non si limita a registrare la presenza del soggetto, la sua fisicità. Si accentua il senso di potenza che emana da queste figure.

Il suo è un disegnare più da sculture che da pittore, più teso a definire le masse, i volumi, gli spazi scuri e chiari, che le atmosfere, più attento a rendere l'immediatezza della progettazione, che a ridefinire, anche nei più complessi disegni, le figure e gli ambienti.

Un segno non sempre pulito, ma fortemente espressivo, rude perfino, nell'aderire all'urgenza dell'ideazione, impacciato talvolta nella resa delle forme, ma sempre fortemente strutturale e definito, talvolta spigoloso che si aggruma, aggroviglia in un disordine apparentemente confuso di linee tracciate senza pentimenti, di getto, che rendono alla fine la plasticità di una criniera, la prospettiva di una giungla, di un terreno fitto d'erbe e di oscure manacce.

Ligabue ricorre a soluzioni semplificate, a scorciatoie artistiche, istintive, sperimentate d'intuito, suggerite dalla necessità figurativa di aderire ad una realtà, che appunto perché vivente, implica la necessità di accentuare forme ed attributi, di esaltare ciò che è vitale, di evitare un senso di imbalsamazione o di opaca illustrazione.

La pittura e il disegno sono per Ligabue il mezzo espressivo per eccellenza che vive totalmente separato e distinto dalla produzione pittorica.

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