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di Sibilla Vecchiarino

IL RUOLO DEL FEGATO NELL'EQUINOZIO DI PRIMAVERA. CONSIGLI YOGICI.


“Lo yoga non è per colui che mangia troppo, e nemmeno per colui che mangia troppo poco.” (Bhagavad gita).

L’alimentazione “yogica” è basata sui principi dell’Ayurveda, la tradizionale medicina indiana, la più antica al mondo, i cui insegnamenti risalgono ai Veda, testi sacri scritti oltre 4000 mila anni fa. L’Ayurveda non seziona il cibo in proteine, carboidrati o grassi, ma li classifica secondo l’effetto che hanno sul corpo e la mente:

il cibo Satvico è quello che ti fa sentire “leggero”; (la maggior parte di frutta e verdura),

il cibo Rajasico è quello che provoca “l’irrequietezza”; (caffè, cioccolato, peperoncino, alcolici),

il cibo Tamasico è quello che ci rende “letargici” (cipolla, aglio, funghi, formaggi con muffe).

L’alimentazione quindi è considerata un mezzo per ristabilire equilibrio nel corpo.

Sempre secondo la tradizione, l’alimentazione “yogica” si deve basare principalmente sul consumo di frutta, verdura e cereali, e, secondo il principio della non violenza (Ahimsha), anche nell’astensione dal sacrificio di tutte le forme di vita. Ovviamente, non è assolutamente obbligatorio essere vegetariani per poter praticare yoga; caso mai, sarà la pratica dello yoga, e la comprensione dei suoi insegnamenti, a generare una maggiore sensibilità nei confronti di ciò che utilizziamo per alimentare il nostro corpo.

L’equinozio di Primavera capita in piena Quaresima per ricordarci che è salutare alleggerirsi gradualmente sotto molti aspetti: non solo con gli abiti per incontrare temperature più miti, ma anche con il cibo per abbandonare lentamente quello più pesante e riscaldante che ci ha aiutato d’inverno a mantenerci in equilibrio con il freddo esterno.

Nella teoria delle 5 trasformazioni (vd. Box a fianco), ad ogni stagione corrispondono organi del corpo maggiormente impegnati proprio in quella stagione.

Secondo la Medicina Tradizionale Cinese (MTC), a primavera sono particolarmente attivi fegato e cistifellea e quindi anche più fragili. L’energia albero-legno (Fegato/Vescicola biliare) come la chiamano i cinesi è tipica della primavera, esprime armonia, disponibilità e pazienza. E’ una potente metafora della crescita continua (di ogni crescita che si verifichi nella Natura) e predilige alcune tipologie di cibi: cereali come orzo, frumento, farro, avena, verdure a foglia verde, il sapore acido (aceto, limone, agro di umeboshi), le cotture leggere e rinfrescanti.

In Primavera l’essere umano sperimenta il germogliare ed il rinascere. Fasi importanti della nostra vita sulla terra, ma che non devono farci dimenticare quanto ci dice Rudolf Steiner sul succedersi delle stagioni. “Il corso dell’anno davanti all’anima, quale cammino attraverso gli elementi, terra, aria, acqua, fuoco, e le trasformazioni con cui queste forze primordiali si rendono attive e vengono vissute in diverse forme sia nell’Essere Umano che nella Natura e nel Cosmo.

Ogni Stagione, nella sua ciclicità ha un senso, ha un progetto. La Primavera con le sue giornate di luce più lunghe e spesso più piovose, stimola le funzioni vegetative/germogliative della Terra: i semi iniziano a muoversi e l’acqua torna a fluire irrorando radici e “pulendo” i residui metabolici presenti nelle profondità del terreno.

La Primavera diventa energia in movimento, tempo di rinnovamento e rinascita. Allo stesso modo il nostro organismo: fegato, reni, vescica e sistema immunitario vanno sostenuti poiché sollecitati da questo momento/movimento stagionale.

Il cervello richiede un surplus di “energia” per far fronte alle condizioni climatiche, lavorative e familiari, e per riarmonizzare il ritmo dormi-veglia. Il fegato va sostenuto poiché rappresenta la centrale energetica, reni e vescica sono le parti del corpo che hanno il compito di disintossicare e drenare l’organismo dalle scorie, il sistema immunitario è la sala regia di questo alternarsi di compiti nell’organismo.

Il fegato è la principale ghiandola del corpo, situata nell’addome superiore, a destra, sotto il diaframma. Il fegato ha un ruolo fondamentale per il metabolismo e numerose funzioni, tra cui: produzione e deposito di energia, creazione di proteine plasmatiche essenziali, filtro e neutralizzazione di sostanze tossiche e farmacologiche, fornitura di elementi per la coagulazione del sangue, oltre alla secrezione della bile nel duodeno atta alla digestione dei grassi alimentari.

Innanzitutto va detto che il fegato è la sorgente prima di tutte le energie, la sede della loro elaborazione.

“Hai conquistato il mio fegato” dice una donna alla fiera delle spose, per esprimere il suo consenso all’uomo che la chiede in moglie. In una terra dove la vita è una lotta quotidiana, la donna offre al marito, più che il suo amore, la forza e il coraggio, ossia il suo fegato. In quasi tutte le culture e le tradizioni, il fegato è considerato l’organo più direttamente connesso all’espressione del coraggio, dell’energia vitale, della determinazione, vedi espressioni come “avere fegato” o “persona di fegato”.

Se per molte tradizioni il cuore è il luogo della decisione etica, il centro della personalità, mentre ciò che è posto al di sotto del cuore assume connotati di pulsionalità e istintualità, si può ben dire che il fegato appare come un “cuore più basso”, più profondo, più rudimentale e ricco di passione.

Al cuore, da cui deriva etimologicamente la parola “cor-aggio”, è affidato l’incarico di raccogliere e coordinare quella forza che, attraverso il sangue, raggiunge tutto l’organismo, ma al fegato è demandato il compito di produrla e accumularla.

La sua apparente inesauribilità, dovuta all’incessante rigenerazione, lo ha reso simbolo di impavidità, abnegazione, RINNOVAMENTO.

Non a caso la mitologia ci parla del ribelle Prometeo che, avendo rubato il fuoco per donarlo agli uomini, suscitò le ire di Zeus. Questi, per vendicarsi, lo fece incatenare nudo a una vetta del Caucaso, dove un’aquila gli divorava il fegato tutto il giorno, un anno dopo l’altro; e il suo tormento non aveva fine, poiché ogni notte il fegato gli ricresceva. Incatenato alla roccia, Prometeo viene sottoposto al supplizio del fegato, divorato dall'aquila ogni giorno per poi ricrescere ogni notte. Zeus rappresenta il demiurgo, l'aquila le potenze dell'Aria, gli Arconti, che divorano la forza vitale dell'anima, di vita in vita (di giorno in giorno). Questo mito prova come gli antichi sapessero dell'importanza del fegato nella vita spirituale e nell'anatomia esoterica. Che nel fegato vi sia la Forza Vitale lo dimostra l'inglese liver (fegato), che alla lettera significa “vivente” (to live). Per la sua struttura e le funzioni cui è preposto, il fegato conferma le intuizioni dell’inconscio collettivo, espresse in miti, immagini, metafore. Come maggior laboratorio biochimico dell’organismo, in effetti, il fegato è davvero alla radice della produzione dell’energia e della sua trasformazione e conservazione.

Il fegato sembra essere un organo ambivalente. Da una parte è legato alla collera, al desiderio e alle passioni e sembra sovrintendere alla pulsione sessuale. Dall'altra è l'organo del coraggio. Come avviene per i metalli degli alchimisti, è l'uso terreno o spirituale che fa di un metallo piombo o oro, metallo impuro o puro. Il fegato, nei profani, è il motore della vita sensitiva, il vero cervello degli uomini dormienti e legati strettamente alla materia. Ma negli iniziati che sublimano il desiderio e la collera, il fegato diviene il propulsore della vita spirituale e dell'ascesa mistica, offrendo la virtù del coraggio, essenziale per il compimento dell'opera. Inoltre esso produce la bile, componente che ha una funzione critica nell'iter alchemico basato sulle acque corporali.

Nel Libro di Tobia (libro della Bibbia cristina, ma non di quella ebraica), l'arcangelo Raphael (il guaritore) dice a Tobia che aveva afferrato un pesce: "Afferra il pesce...aprilo e togline il fiele, il cuore e il fegato, mettili da parte e getta via gli intestini. Il Fiele, il Cuore e il Fegato possono essere utili medicamenti". Allora il ragazzo chiede a Raphael: "Che rimedio può esserci nel cuore, nel fegato e nel fiele del pesce?". E Raphael rispose: "Quanto al cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi in presenza di una persona invasata dal demonio o da uno spirito cattivo, e cesserà in essa ogni vessazione e non ne resterà più traccia alcuna. Il fiele va spalmato sugli occhi di uno affetto da albugine, si soffia su quelle macchie, e gli occhi guariscono". Si tratta di una pratica terapeutica che allude certamente ad una guarigione alchemica. Il fiele, l'amaro, è necessario per ridare la vista ai ciechi. L'albugine è l'appannamento della vista, il vedere attraverso un velo. Cristo guarisce il cieco nato con l'acqua della Piscina di Siloe, altra allusione all'acqua di fuoco, il cui componente segreto è la bile. Non è un caso che Raphael suggerisca di conservare il fegato, di non buttarlo, essendo fondamentale per la produzione di fiele, l’ira di Dio. Ora, il termine ebraico per fegato, ossia kaved, ha lo stesso valore gematrico, 26, del nome quadrilittero di Dio, ovvero YHWH. Questo non è un caso. YHWH è il Dio interiore in collera con la sua parte umana, e la collera è legata al fegato. Ma se portiamo la nostra tensione dalla materia allo spirito, scaricando l'ira di Dio verso noi stessi (alchimia col fiele), bruciamo e consumiamo l'ira ed entriamo nell'amore di Dio, ovvero nel Cardio, ove YHWH, la collera, è spenta dalla Shin, quintessenza, che entra in YHWH e lo trasmuta in YHSWH (Yoshua, Gesù). Questo è simboleggiato dal bruciare il fegato, che è vitale per espellere la parte satanica di noi stessi.

Il punto di equilibrio non è più il fegato, ma il cuore, del quale il fegato si mette al servizio.

Isha Schwaller de Lubicz (esoterista ed egittologa) nel suo L'Apertura del Cammino scrisse: "Il fegato, incarnando le caratteristiche della personalità e della sua eredità, colora delle stesse caratteristiche l'energia sessuale di cui è il tesoriere. Il fegato, associato a Giove nell'esoterismo greco-alessandrino, gioca, come Giove, il ruolo di un sole personale, benché faccia parte del sistema solare centrale (cuore) esso ha, come il sole nello Zodiaco, dodici funzioni (ematopoietica, glicogena, distruttrice delle tossine ecc.). Come Giove, padre di Marte, esso genera la bile marziana. Regge il suo piccolo universo esteriore (Cervello e Sesso). Ogni attività biliosa intempestiva suscita immediatamente un'attività cerebrale di associazione di idee che provoca delle reazioni a catena di volitività e di irritazione, il cui circuito è così rapido da dare un'impressione di simultaneità. Giove è chiamato in Egitto l'astro del Sud, il che è proprio esatto. Il Fegato è il sole energetico del mondo sessuale e dell'Ego....È l'autocrate dell'organismo, e può essere un agente di pace o di collera, a seconda che obbedisca agli impulsi del sole centrale, il cuore, o a quelli dei tre fattori della volontà personale egotica: la volontà cerebrale, la passione sessuale, e l'egoismo del proprio io innato...In Egitto il fegato era chiamato Imset, che si riferisce alla produzione di Set, ossia la bile prodotta dal fegato (set, il fuoco separatore sethiano)".

Annick de Souzenelle dedicò uno splendido testo all'anatomia esoterica, Il Simbolismo del Corpo Umano e scrisse del fegato: “Il fegato è il luogo del corpo ove si accumula la luce del compiuto. E quando tutto è compiuto (Giovanni 19:30), il fegato diviene carico della ricchezza di YHWH, ed è la resurrezione, il passaggio per la porta degli dei. Accumulando il compiuto, riportate le energie nel polo tov-luce dell'albero della conoscenza, il fegato partecipa della conoscenza; ha potere di visione. Diviene sede di una nuova Intelligenza sugli avvenimenti, di una nuova saggezza circa le decisioni da prendere. Questo potere era conosciuto fin dall'antichità: si leggeva infatti il futuro nel fegato degli animali. Il fegato (dal latino Ficus: il fico) ha certamente un'analogia con quest'albero. Il fico appare spesso nei testi biblici ma, tre volte, in circostanze che possono chiarire il nostro argomento:

1) nella genesi, dopo la caduta, Adamo ed Eva intrecciano una foglia di fico e ne fanno delle cinture (Genesi 3:7). Il vocabolo ebraico per fico (teenah), designa sia il fico che il desiderio. E la parola AleH (Foglia) anche l'elevazione.

2) Nei Vangeli, in cui Cristo lo secca e lo maledice (Matteo 11:12), ben sapendo che esso rappresenta l'Albero della conoscenza del bene e del male, l'albero del desiderio rivolto alle cose terrene e non verso Dio. Cristo maledice il Fico del Mondo, in quanto simbolo dell'albero duale e terreno, volendo far convergere l'attenzione sull'albero sempreverde che porta frutti al di là delle stagioni.

3) Cristo infine paragona gli avvenimenti della fine dei tempi all'evoluzione del fico: "Non appena germoglia, capite che l'estate è vicina, così quando vedrete accadere queste cose, sappiamo che il Regno di Dio è vicino" (Luca 21:29).

Il fegato è legato al terzo chakra o Manipura che significa “gioiello luminoso” o “luogo delle gemme preziose”.

La medicina cinese ha sempre sottolineato il rapporto tra fegato (quindi funzione digerente) e occhio, come appartenenti a un “sistema” comune. Anche per la medicina occidentale sono evidenti i rapporti tra le patologie epatiche e l’occhio (l’occhio giallo dell’itterico, l’occhio arrossato del cirrotico...) e questo riporta al fiele prodotto dal fegato per dare la vista ai ciechi, nel suo significato simbolico riportato dal Libro di Tobia.

Manipura è la sede del carisma personale, della consapevolezza di essere un individuo unico. Da qui consegue che un blocco di Manipura porta con sé una scarsa autostima, un senso di inutilità nonché l’incapacità di sviluppare le potenzialità latenti presenti nel Sé. Infatti, etimologicamente Manipura allude ad un'abbondanza di gemme preziose racchiuse all’interno della propria personalità. Di colore giallo è orientato bipolarmente ed il suo simbolo geometrico è un triangolo equilatero, emblema dell'elemento Fuoco. I petali del loto sono dieci.

Manipura è conosciuto anche come il chakra del plesso solare ed è situato nel pancreas. Esso viene considerato il “nostro sole” e costituisce il punto di collegamento tra i chakra inferiori e quelli superiori. Infatti è proprio Manipura che si occupa di armonizzare i desideri materiali dei primi con i desideri spirituali dei secondi, consentendo così l'equilibrio tra spirito e materia.

Dopo la nascita, il fegato raccoglie e filtra tutto il sangue proveniente dagli organi addominali e in genere il sangue venoso che è circolato nei tessuti periferici, caricandosi di sostanze di scarto, tossiche, che qui vengono ossidate, scomposte o coniugate con composti innocui e comunque neutralizzate. Si può dunque affermare che il sangue esca dal complesso circolo endo-empatico accuratamente filtrato, “ripulito”, ricaricato.

In un mondo che mette continuamente le nostre cellule a contatto con sempre maggiori quantità di veleni, molti dei quali inediti nella nostra storia evolutiva, questa funzione del fegato viene sicuramente enfatizzata, rischiando addirittura, nelle immagini e nei modi di dire riguardanti quest’organo, di oscurare le altre, altrettanto importanti e vitali.

In effetti, comunque, da questo passaggio nei meandri epatici il sangue ne esce più “leggero”, più sottile e raffinato.

Questa capacità di rinnovare la linfa vitale dell’organismo veniva paragonata dagli antichi Cinesi, grandi fisiologi e grandi simbolisti, al trascorrere dall’inverno alla primavera, stagione dei germogli e dell’inizio di un nuovo ciclo vitale; al verde, colore della nuova vegetazione; all’est, da dove sorge il nuovo sole ogni mattino.

L’essenzialità di quest’organo, insieme al cuore e al cervello, per la continuazione della vita, ne ha fatto, nella fantasia e nella concezione di tutti i popoli, il “re” della materia, da cui sa tratte l’energia necessaria al sostentamento e per analogia anche le qualità per superare i momenti critici: il coraggio, l’ardimento.

Il fegato è soprattutto, va ribadito, un deposito e una fabbrica di energia: infatti, immagazzina il glucosio sotto forma di glicogeno, e lo rilascia a seconda delle esigenze energetiche del momento.

Questo meccanismo apparentemente semplice permette in realtà di svincolare l’animale o l’uomo dal dover continuamente provvedere ad alimentarsi, per mantenere costante il nutrimento cellulare.

Come una sorta di alchimista, quindi, il fegato libera dalla materia bruta – il cibo digerito – le sue potenzialità energetiche e plastiche, riducendole all’assenza, in un certo senso spiritualizzandola, così da renderla disponibile per lo sviluppo e la continuazione della vita.

E ancora, la sua apparente inesauribilità, dovuta all’incessante rigenerazione, lo ha reso simbolo di impavidità, abnegazione, capacità di rinnovamento. Non a caso la mitologia ci parla del ribelle Prometeo che, avendo rubato il fuoco dal carro del Sole per donarlo agli uomini, suscitò le ire di Zeus. Questi, per vendicarsi, lo fece incatenare nudo ad una vetta del Caucaso, dove un avido avvoltoio gli divorava il fegato tutto il giorno, un anno dopo l’altro; e il suo tormento non aveva fine poiché ogni notte il fegato gli ricresceva.

Per la sua struttura e per le funzioni cui è preposto, il fegato conferma le intuizioni dell’inconscio collettivo, espresse in miti, immagini, credenze, metafore. Come maggior laboratorio biochimico dell’organismo, in effetti, il fegato è davvero alla radice della produzione dell’energia e della sua conservazione.

I sentimenti “negati” del fegato: rabbia e invidia

Il fegato si comporta come una vera e propria ghiandola, secernendo sostanze che agiscono, anche a distanza, nell’organismo. La più nota di queste sostanze è la bile, così preziosa per la sua attività disgregatrice sui grassi e sulle proteine, che viene più volte recuperata attraverso il circolo intestinale.

Un eccesso di bile o un disturbo nel suo normale fluire dal fegato alla cistifellea e da questa, al momento opportuno, nell’intestino erano alla base dei segni di “biliosità”; segni non solo fisici, ma anche psichici e attitudinali. Il bilioso, infatti, era colui che, per questo cattivo rapporto con la sua componente aggressiva, dava segni di forte irritabilità, intolleranza, collera repressa o una certa malinconia, con rimuginazione di pensieri ossessivi.

Anche l’invidia è un sentimento spesso abbinato al fegato, quasi che la carica aggressiva e distruttiva insita in quest’organo, che continuamente trasforma e smista tutto ciò che vi viene depositato, si disgiungesse in questo soggetto dalle sue caratteristiche di ricostruzione, ricomposizione, creazione, rinnovamento.

L’invidioso, cioè, vede solo un lato del problema, la sua competitività, il suo senso di inferiorità, rifiutando di prendere atto dei suoi limiti e delle sue possibilità individuali originali e irripetibili.

Il termine fegato viene dal latino iecur ficatum (fegato coi fichi), una ricetta in voga nell'antica Roma, che consisteva nell'ingrassare, riempire o cuocere il fegato d'oca con dei fichi, è in medicina utilizzato spesso con l’aggettivo "epatico" o il prefisso "epato-", dal nome in lingua greca del fegato, hepar, hepatos (ἥπαρ, ἥπατος).

Il fegato è dai filosofi considerato spesso sede di passioni, con tutte le implicazioni spesso negative (Platone, Stoici, Cartesio, Kant) e positive ( Spinoza, Rousseau, Romanticismo) nel suo rapporto con la ragione umana, eletta a regina e madre della riflessione filosofica fino alla crisi generata da Nietzsche, Freud e altri all’inizio del XX secolo.

Presente nelle concezioni mitiche (dal greco μύθος, mythos, pronuncia müthos) il fegato è fin dalle origine simbolo di forza, di rigenerazione, ma anche luogo della cattiva digestione, della “cattiveria”, che sa tormentare l’uomo fino a cancellare in lui qualunque virtù umana.

Lo troviamo, ad esempio, nel mito di Prometeo, raccontato da Esiodo in cui per punizione per aver svelato il mistero del fuoco agli uomini, egli fu incatenato ad una roccia e a farsi mangiare il fegato da un avvoltoio da un'aquila ogni giorno, con il fegato che ogni notte si rigenera. È possibile che nell'antica Grecia ci si fosse resi conto che il fegato è l'unico organo umano capace di rigenerarsi, forse notando la sopravvivenza di alcuni dei feriti in battaglia..

Nel VI secolo a C. abbiamo il “passaggio” dal mito al logos (in greco: λόγος), strumento e contenuto essenziale della filosofia, derivante dal greco λέγειν (léghein) e che significa scegliere, raccontare, enumerare.

Il Fegato lo troviamo legato sia a riflessioni relative alla ricerca della sede dell’anima, sia come sede di immaginazione e passioni, oltre a prendere poi una forma conoscitiva più definita nell’apporto più “scientifico” della medicina antica, da Ippocrate a Galeno, fino a Vesalio, che apre all’anatomia moderna.

Ci focalizziamo qui a quanto sostenuto di Platone (427/8-348/7 a.C.).

Secondo Platone, che riprende l’uso di miti e immagini, con una funzione diversa del mito originario, intendendolo come narrazione “esplicativa” e “aggiuntiva” al ragionamento espresso dalla parola, l'anima è per sua natura simbolo di purezza e spiritualità. Ha la sua origine nel soffio divino (da cui il significato stesso della parola, ossia: vento, soffio). Essa non ha un inizio, in quanto è ingenerata; ed è immortale e incorporea. L'anima presente in ogni uomo sarebbe inoltre un frammento dell'anima del mondo.

In Platone vi è un netto contrasto tra la ragione e le passioni per cui queste sono caratteristiche della carnalità dell'anima concupiscibile che ha sede nel ventre, mentre la più nobile anima razionale è collocata nella testa. Le passioni agiscono nell'anima concupiscibile rendendola soggetta ad azioni impulsive e a sofferenze. Tra le due anime ve ne è una terza, l'anima irascibile, che fa da mediatrice tra le due, questa ha sede nel fegato e cerca di assoggettare le sue azioni alla ragione ma soprattutto essa tenta di non farsi travolgere dalle passioni e con il coraggio (thymòs) cerca di superare le difficoltà che si frappongono alle azioni.

Ne La Repubblica secondo Platone, uno Stato che assegni ai suoi cittadini funzioni incompatibili col livello di sapienza da essi raggiunto diventa disarmonico e rischia facilmente di degenerare. Il compito di far rispettare l'armonia tra le parti spetta a coloro che più hanno saputo recuperare la reminiscenza dell'idea del Bene: i filosofi. Costoro hanno dunque il compito di governare.

La loro funzione è identica a quella che nell'anima umana, secondo la tripartizione platonica, spetta all'anima razionale: la coordinazione e il governo delle altre due, l'intellettiva e la concupiscibile.

L'anima irascibile o volitiva, diventa virtuosa appunto quando è caratterizzata da coraggio e audacia: essa trova il suo corrispettivo nella classe dei guerrieri, che hanno il compito di difendere la città.

L'anima concupiscibile, è rappresentata infine dagli artigiani e i commercianti, che devono sapere sviluppare la virtù della temperanza; costoro sono più portati al lavoro produttivo.

Questo concetto di conflitto interiore è ben espresso ad esempio nel mito della “biga alata”, in cui l’auriga (anima razionale) e i due cavalli (uno nero, rappresentativo dell’anima concupiscibile e uno bianco, rappresentativo di quella irascibile) rappresentano gli elementi dell’anima “in azione”. (Platone, Fedro, 246 a-249d)

Platone inoltre pensava che la sede dell'immaginazione fosse il fegato che con la sua superficie lucida rispecchiava le immagini sensibili ricevute dall'esterno (Platone, Timeo)

La riflessione delle immagini poteva originarsi sia dalle apparenze sensibili delle cose esterne sia per opera degli dei attraverso la divinazione dove prendevano forma le immagini trasmesse, riflesse dalla divinità.

Fegato, dunque, responsabile e sede di aspetti psicologici, conoscitivi, morali, sociali e politici, garante dell’equilibrio interiore?

Il fegato governa gli istinti e le emozioni, il cuore governa il sentimento e il cervello governa l'intelletto.

Il fegato quindi è la sede dell'inconscio, per cui la gran parte dell'umanità è governata dal fegato, ragiona col fegato, sogna persino col fegato.

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