LA GIORNATA MONASTICA NEL MONTE ATHOS
La giornata del monaco all’Athos incomincia all’una o alle due di notte secondo le stagioni. Al rintocco delsimandron i monaci, rivestiti dell’abito corale, cioè del rason e del velo nero sullo skufos, si radunano nella chiesa maggiore del monastero, detta katholikòn, e celebrano l’ufficio notturno (mesonyktikòn), l’ufficio dell’alba (òrthros), accompagnato dalle lodi mattutine (Èni). Segue la liturgia eucaristica (la Divina Liturgia), per la quale il sacerdote e il diacono indossano le vesti liturgiche. La Divina Liturgia è celebrata da uno dei sacerdoti per turno. Solo nelle feste la celebrazione è presieduta dall’igumeno, con altri sacerdoti concelebranti. Generalmente i monaci non ricevono con frequenza la comunione. Ciò per umiltà e perché la comunione deve essere preceduta da una lunga preparazione. La questione sulla frequenza alla comunione divise gli animi all’Athos nel secolo scorso. Una corrente sosteneva l’utilità della comunione frequente, altri ritenevano che ciò fosse un segno di presunzione. Infine il patriarca stabilì che ciascuno agisse secondo la propria coscienza. La frequenza alla comunione è molto maggiore presso i monaci russi, anche se esiste qualche monastero greco che la pratica (Grigoriou).
La celebrazione notturna e mattutina dura da quattro a cinque ore. Alla vigilia delle grandi feste vi è la pannychis (tutta la notte) o agrypnia (rinuncia al sonno). L’ufficio comincia alla sera con l’ora di nona e il vespero (esperinòs) e si prolunga per tutta la notte. Il giovedì e venerdì della Grande Settimana (la Settimana Santa), l’ufficio dura praticamente l’intera giornata. A differenza di quanto si è imposto in Occidente, la preghiera dell’ufficio divino non è un obbligo individuale, ma della comunità. Le composizioni dell’ufficio bizantino sono così numerose e ricche da non potersi riunire in un breviario portatile di facile consultazione per il singolo. Esse compongono una piccola biblioteca. Le ufficiature liturgiche hanno varie parti: le preghiere che sono recitate dal sacerdote all’altare; le invocazioni che sono cantate dal diacono tra due cori; i salmi, i canti, le letture che sono cantati alternativamente di due cori. I monaci lettori sono riuniti attorno ai leggii, a destra e a sinistra. Sui leggii sono collocati dei grandi libri che riportano gli uffici di ogni giorno, dei santi e delle feste. Gli altri monaci stanno disposti nei loro stalli tutt’attorno alle pareti della chiesa, ascoltando senza leggere, segnandosi e inchinandosi nei momenti stabiliti. Altre parti dell’ufficio sono: l’ora di prima, di terza, di sesta, che possono essere recitate in altri luoghi, anche sul posto di lavoro. Comunque, la prima può essere un’appendice delle lodi mattutine e la nona è recitata prima del vespero nel pomeriggio. La compieta (apòdipnon: dopo cena) è recitata in comune o in privato prima del riposo notturno.
Dopo la Divina Liturgia, ai monaci viene servita una tazza di caffè o di tè, dopodiché inizia il lavoro e ciascuno si applica in vari modi. Il pranzo è le prime ore della mattina a seconda da quando comincia a sorgere il sole. Quando non è giorno di digiuno, i cenobiti possono mangiare del pesce, mentre nei monasteri idiorritmici anche della carne. Di solito viene servita una zuppa, legumi cotti in acqua e conditi con olio, formaggio, verdura e frutti freschi o secchi. Il vino non manca nei giorni ordinari. Nei giorni di digiuno i monaci si astengono dal pesce, dai latticini, dall’olio e dal vino. Inoltre in questi giorni vi è un solo pasto completo; alla sera solo una piccola refezione. I giorni di digiuno sono 125, distribuiti in quattro periodi: dal 15 novembre in preparazione al Santo Natale, nella Grande Quaresima dalla sesta settimana prima della Santa Pasqua, dalla domenica dopo Pentecoste in preparazione alla festa dei santi Pietro e Paolo (29 giugno). dal primo di agosto in preparazione alla festa della Dormizione (o Assunzione) della Madonna (15 agosto). Inoltre ogni mercoledì e venerdì nel corso dell’anno è giorno di digiuno, tranne qualche mitigazione quando uno di questi giorni coincide con una festa. Durante il pranzo, che ha luogo nel refettorio comune, un lettore per turno legge la vita di qualche santo o scritti ascetici. Una preghiera precede e segue il pasto. Esiste, inoltre, l’uso dell’ “elevazione” della Panaghia (la Tutta Santa), cioè di un pane che viene deposto davanti a un’icona della Madonna. Alla fine del pranzo esso viene incensato e benedetto e poi innalzato con un’invocazione alla Madonna, dopodiché ogni monaco ne riceve un piccolo pezzo. Essa vuol ricordare la presenza della Madonna ai pasti degli apostoli e della Chiesa primitiva e vuol sottolineare che, come allora, anche ora spiritualmente la Madre di Dio è vicina ai suoi figli riuniti a mensa. Nelle prime ore pomeridiane c’è un riposo, fino alle due o alle tre. Quest’usanza è comune nei paesi mediterranei, ed è indispensabile nei monasteri dove metà della notte viene passata in preghiera. Nel secondo pomeriggio si riapre la chiesa per l’ora di nona e di vespero e riprende il lavoro. Dopo la cena c’è un po’ di tempo libero e la compieta. Come preghiera privata e personale i monaci possono fare qualche lettura spirituale, o pregare mentalmente. Tutti però hanno l’impegno che gli assegna il loro padre spirituale (pneumatikòs) di fare un numero determinato di “metanie” con l’invocazione del nome di Gesù: “Gesù Cristo, figlio di Dio abbi pietà di me!”. La metania è una prostrazione fino a terra (grande metania) o un inchino profondo toccando la terra con la mano destra (piccola metania), che si conclude con un segno di croce e con l’invocazione. Un numero determinato di metanie sostituisce l’ufficio divino celebrato in comune; ciò è di regola per gli eremiti che vivono lontano dalla comunità. Molto è lasciato all’iniziativa individuale. E’ appunto praticando questa preghiera di Gesù che gli esicasti si concentrano nel pensiero della presenza di Dio, fino a divenire come trasfigurati. Per contare le invocazioni i monaci si servono di una corda con nodi o grani, simile ad una corona del rosario, detta komboschini (cioè corda a nodi), che i sacerdoti monaci e i vescovi portano attorcigliata sul polso sinistro anche durante le sacre funzioni.
Concludendo, la giornata del monaco all’Athos comporta otto ore di preghiera, otto ore di riposo e otto ore di lavoro, il tutto suddiviso e alternato nel corso della notte e del giorno. Tutto ciò è quello che appare all’esterno. Il perfezionamento interiore, la progressiva capacità di accogliere il dono di Dio, l’esperienza anche straordinaria di tale dono, rimangono il segreto che ogni monaco tiene racchiuso nel cuore.