MICHELE TRIVOLIS. IL SAVONAROLA BIZANTINO
Nei Paesi occidentali San Massimo il Greco, al secolo Michele Trivolis, è poco conosciuto. La cultura, la formazione, le idee, la spiritualità e la sua vita trascorsa in Paesi lontani dall'Italia lo rendono, purtroppo, un po' enigmatico.
San Massimo il Greco ci trasmette soprattutto questo messaggio:”Ampliate i vostri orizzonti e sopportate tutte le sofferenze con cristiana serenità”. Sappiamo che dopo l'istruzione bizantina a Corfù, Michele Trivolis frequentò le migliori scuole umanistiche di Firenze, dove incontrò Girolamo Savonarola. La crisi religiosa, che spinse Trivolis a ritirarsi in un Monastero del Monte Athos, va quasi sicuramente ricondotta all'ambiente fiorentino e alla figura del Savonarola, la cui onestà di pensiero fu repressa brutalmente. Il desiderio di ascetismo si manifestò subito in Michele Trivolis, nei primi anni in cui visse in Italia e non era dovuto solo all'influsso del Savonarola. In Italia Michele si occupò di revisione e copiatura dei manoscritti, eseguì la trascrizione delle opere di autori classici e cristiani, fu anche insegnante e traduttore.
Importanti testimonianze ci sono giunte in merito al santo relative al 1498. In tale anno Trivolis fu a Venezia, dove si occupò della copiatura di un manoscrittoe a Mirandola, dove aiutò il nipote di Pico, Gianfrancesco, a preparare i lavori dello zio per la stampa. In quel periodo Michele rifiutò due importanti proposte di lavoro. Ludovico, Conte di Desana, lo aveva invitato a prendere servizio presso di lui. Declinò anche l'invito che gli giunse da Bologna, da Antonio Urceo.
Michele sarebbe partito da Firenze per Venezia nell’inverno del 1495-1496, trascorrendo quell’inverno a Bologna e, di conseguenza, avrebbe potuto assistere soltanto alle prime prediche di Savonarola verso il quale nutriva un profondo interesse.
Secondo Denissoff, Michele Trivolis potrebbe essere stato anche testimone oculare della tragica morte di Savonarola, dal momento che descrive la condanna e l'esecuzione fornendo tanti particolari.
Alla permanenza a Firenze seguì il ritiro al Monte Athos, che rafforzò la fede di Michele. Un travaglio non solo spirituale, ma anche intellettuale spinse Michele Trivolis a ritirarsi nella Lavra di Vatopedi. D. M. Bulanin individuò in due scritti di Trivolis la traduzione di una quartina dell'epigrammista greco Leonida, nella quale ci sono critiche ai maghi e all'astrologia:
“Stregoni, elleni che studiate l'andamento delle stelle, dileguatevi, di una sapienza meschina i maestri bugiardi partoriti dall'audacia e allevati dalla follia, neanche la vostra sventura potete prevedere”.
Secondo Denissoff, nel 1502 Michele Trivolis sarebbe entrato in Convento come novizio, vivendo lì per due anni. Terminato il noviziato avrebbe preso i voti. Al contrario nella Cronaca del Convento di San Marco non risulta che Trivolis fosse mai stato lì. Un'annotazione relativa all'ingresso di Michele d'Arta è un frammento di un manoscritto non catalogato, custodito nel Convento di San Marco. “Mi hai chiesto, o mio Principe e Signore, di rivelarti il significato di un segno, che hai scorto in un libro a stampa. Ascolta dunque con attenzione.” Michele apprezzava in particolar modo gli ordini religiosi mendicanti. Dedicò un breve scritto ai Domenicani e ai Francescani. Scrisse anche la “Narrazione terribile e memorabile sul perfetto stile di vita monastico”. Con questo scritto Trivolis porta ad esempio le Comunità dei Certosini e dei Domenicani per il loro stile di vita povero, parlando anche di Savonarola con grande rispetto. I suoi scritti risentono molto del suo legame con quest’ultimo durante il suo soggiorno italiano
Denissoff suppone che Michele Trivolis avesse lasciato l'Italia nel 1505. Ikonnikov, invece, fa risalire all'anno 1518 l'arrivo di Massimo a Mosca. Secondo quest’ultimo, era giunto al Monte Athos nel 1508 e, come lo stesso Massimo aveva testimoniato in una delle sue opere russe, rimase sulla Montagna Sacra per dieci anni.
Massimo fu mandato a Mosca, poiché il Gran Principe di Mosca Vasilij inviò al Monastero del Monte Athos, in cui si trovava, degli ambasciatori, con la richiesta di poter avere un traduttore esperto. Il Principe aveva fatto il nome del Monaco Savva, ma Savva era molto anziano ed ammalato. I Superiori decisero di inviare Massimo, che era esperto in Sacre Scritture e sapeva spiegare e tradurre qualsiasi libro. Dopo aver ricevuto dal Patriarca di Costantinopoli l'accreditamento presso il Metropolita di Mosca, Massimo giunse nella città russa. Fu ospitato all'interno del Cremlino, nel Monastero dei Miracoli e lì iniziò a tradurre una spiegazione del Salterio. Il ruolo che esercitò in Russia, in ambito sia ecclesiastico che culturale, fu ispirato a uno spirito di autentica innovazione. La sua opera, vergata pressoché esclusivamente in slavo ecclesiastico, si colloca al crocevia di tre diverse tradizioni culturali: quella umanistica, quella bizantina e quella slava orientale.
Massimo attinge così a fonti diverse per tipologia, ma soprattutto per grado di autorità e ne fa un uso gerarchico: al primo posto le scritture, poi i filosofi classici (accolti solo nella misura in cui il loro pensiero non contraddica la tradizione cristiana), quindi gli imperatori cristiani. Egli si rivela un attento conoscitore della prassi dedicatoria umanistica, fondando i suoi discorsi letterari sulla necessaria corrispondenza, per pari dignità di grado, fra l’oggetto offerto e il soggetto che lo riceve, fra il contenuto dell’opera e il dedicatario. I motivi di corrispondenza vengono svolti in direzione elogiativa e, parallelamente, l’atto di dedizione assoluta di chi porge rispetto a chi riceve si realizza attraverso l’umiliazione dell’offerente e l’amplificatio della sua buona disposizione nell’atto del donare.
Egli, non conoscendo abbastanza bene lo slavo ecclesiastico, traduceva il testo greco in latino, un altro monaco poi lo scriveva in slavo. Molte persone lo ammiravano e altrettanti lo detestavano a causa delle modificazioni che aveva apportato nei vecchi libri liturgici. Purtroppo il Principe Vasilj iniziò a sospettare che ci fossero degli intrighi politici a suo danno, anche il nuovo Metropolita Danil non fu favorevole a Massimo, che venne condannato al carcere da un tribunale. Dovette vivere per sei anni in una piccola e umida cella del Monastero di San Joseph di Volokolamsk con il divieto di ricevere l’Eucarestia e di scrivere, ma il Signore non lo abbandonò e l'ispirazione non venne meno, tanto che compose in cella un canone allo Spirito Santo consolatore che fu ritrovato in seguito sulla parete della cella: Massimo aveva scritto con un pezzetto di carbone. Nel 1531 subì un nuovo giudizio in cui fu accusato di eresia e tradimento politico. Venne trasferito al carcere monastico di Tver dove perlomeno potè avere carta, penna e calamaio: scrisse così alcuni libri sulla Bibbia e dei commenti. Nel 1544 il nuovo Patriarca di Costantinopoli chiese che a Massimo fosse concesso di ritornare al Monte Athos, ma questa richiesta non ottenne un buon esito. Nel 1547 il doloroso divieto di non poter ricevere i Sacramenti fu tolto. Nel 1551 finalmente Massimo venne trasferito nella Lavra della Trinità e di San Sergio, dove ritornò a condurre una vita quasi normale. Nel 1555 ebbe la possibilità di parlare con lo zar Ivan il Terribile. Gli predisse un evento luttuoso, le sue parole non furono tenute in considerazione, ma l'evento si verificò. Massimo morì nel 1556, dopo 50 anni di vita monastica, 38 anni dei quali trascorsi in Russia. Le sofferenze fisiche e morali furono sopportate sempre con grande serenità. Fu sepolto nella Lavra della Trinità e di San Sergio. La sua tomba è ora nella Chiesa dello Spirito Santo. Negli anni appena successivi alla sua morte il ritratto di Massimo il Greco iniziò a venir incluso negli affreschi del vestibolo della Cattedrale dell'Annunciazione a Mosca e in altre Chiese. In un manuale dei pittori iconografi del 1694 troviamo delle spiegazioni inerenti a come dovesse essere dipinta la sua Icona. Già nel XVII secolo si iniziò a parlare di fatti miracolosi, dovuti all'intercessione di Massimo, ma la canonizzazione ufficiale avvenne solo nel 1988. San Massimo viene ricordato il 21 gennaio. La sua vita densa di sofferenze, incomprensioni, diffamazioni e umiliazioni insegna a tutti noi che non dobbiamo temere i poteri di questo mondo: la grande forza dell’uomo di fede non potrà mai essere distrutta da potere mondano alcuno poiché proviene dall’unico Re del mondo.