top of page
Massimo Mannarelli

IL REBETIKO. DISAGIO E PROTESTA MUSICALE IN GRECIA


Il termine rebetika (o rembetika) ha un’origine incerta, tuttavia taluni ritengono derivi dalla parola turca “rembet” (fuorilegge). Il rebeta era il detenuto che privato della libertà suonava e cantava, nelle greche galere, alla fine del XIX secolo il proprio dolore e la propria tristezza con i mourmourika fatti di brontolii, mormorii tristi e lamentosi. La parola rebeta rimanda, in senso più generale, all’uomo dei bassifondi, disagiato ed emarginato tuttavia fiero del proprio antagonismo verso il sistema.

Le origini del rebetiko sono ancora oggi oggetto di discussione fra gli studiosi e ciò perché questa musica apparentemente così semplice ha assimilato nel tempo una quantità tale di influenze da rendere difficile l’identificazione di un percorso evolutivo ben preciso.

Le fondamenta della musica rebetika sono da ricercare in primo luogo nella musica bizantina quale elemento di coesione e di unione fra i greci sparsi ovunque durante la dominazione ottomana; poi nella musica tradizionale, seppur diversa a seconda delle aeree geografiche e, quindi, nelle canzoni degli eroi ribelli contro il potere ottomano. Tale repertorio prese il nome di “kleftika”. A questi elementi si aggiunge il patrimonio musicale dei centri urbani più grandi (Smirne da cui “smyrneika“, Salonicco, Costantinopoli) costituito dalle canzoni popolari urbane e dalle canzoni delle prigioni (come già accennato) “mourmourika“, che sono ampiamente documentate già a partire da metà del XIX secolo. Più tardi, intorno alla fine del XIX secolo, si aggiunse l’influenza della musica europea, rappresentata dalle kantades delle Isole Ionie e di Atene, fortemente influenzate dalla musica italiana.

Il rebetiko come genere musicale si diffuse in terra ellenica soprattutto dopo il 1922 (anno della sconfitta dell’esercito greco che aveva invaso la Turchia) e dopo il Trattato di Losanna del 1923 che dichiarò la fine dell’Impero Ottomano e la nascita della Repubblica di Turchia.

Questi eventi costrinsero quasi due milioni di greci che vivevano in Asia Minore a fuggire precipitosamente nella Grecia Continentale dove trovarono una collocazione abitativa nelle baraccopoli sorte intorno alle principali città greche mescolando la loro cultura con quella dei fuorilegge.

La rebetika si sviluppò pertanto nei tekedes, ritrovi musicali dei bassifondi delle città greche, dove si consumavano hashish e alcolici e nei Cafè Aman, raffinati locali musicali di origine dichiaratamente osmana.

Se nelle canzoni dei fuorilegge si raccontava di ogni genere di crimine, ma, soprattutto, di sesso e droga, i testi dei rifugiati parlavano invece di erotismo e nostalgia per i propri paesi dell’Asia Minore lasciati contro la propria volontà.

Tuttavia dobbiamo ammettere che durante il cosiddetto periodo smyrneiko (1922-1932) nessun rebeta giunse alla celebrità, poiché il rebetika suonato solo da rifugiati ed emarginati aveva soprattutto una funziona aggregativa.

Comunque è giusto ricordare fra i grandi rebeti del periodo Markos Vamvakaris, considerato il padre della rebetika, e Vassilis Tsitsanis, celebre per la dolcezza delle sue numerose canzoni.

Dal 1932 al 1944 inizia il periodo d’oro il cosiddetto “periodo classico” del rebetiko. La musica rebetika inizia ad essere notata ed apprezzata anche dalle altre classi sociali e i musicisti rebeti ottengono i primi successi. A partire dal 1934, poi, prende piede un nuovo stile detto “pireotiko”; il repertorio del rebetiko pireotiko un genere modale imparentato con quello bizantino da una parte e turco-ottomano dall’altra. Tra i musicisti più importanti troviamo ancora Markos Vamvakaris che inizia la sua attività musicale costituendo il gruppo “Tetrada tou Pireos” (Quartetto del Pireo) insieme a Giorgios Batis, Anestis Delias e Stratos Pagioumtzis definendo la formazione classica di rebetika costituita da bouzouki, baglamas e chitarra. A partire dal 1938, con la dittatura di Metaxas, il rebetiko subisce, per quanto riguarda i testi, un duro colpo.

Metaxas, che ritiene vergognosa la musica rebetika, ne proibisce ogni sua forma. Per diversi anni le canzoni e gli stessi strumenti musicali dei rebeti vengono banditi dal governo e divenne impossibile registrare qualsiasi pezzo con parole e allusioni alle droghe e a tutti gli elementi considerati troppo orientali come per esempio l’amanes costituito da canzoni struggenti che raccontavano l’amore passionale.

In questo periodo diversi autori smetteranno di scrivere mentre altri si adegueranno alle nuove regole.

In questa fase si inserisce l’opera di Vasilis Tsitsanis, che rinnova il genere dal punto di vista dei contenuti, eliminando gli elementi più volgari e “bassi” delle canzoni a favore di testi più eleganti e raffinati e, dal punto di vista musicale, ampliando le formazioni musicali e introducendo nuovi suoni, fra cui la fisarmonica e il pianoforte.

La rebetika continuò a vivere segretamente se pur smantellata della sua naturalezza fino a quando dopo la Seconda Guerra Mondiale non si trasformò lentamente e progressivamente in quella che viene chiamata Canzone Popolare. Altri cantanti si erano intanto imposti come compositori e fra questi spiccano Kaldaras, Hiotis e Papaioannou, oltre alla fenomenale Sotiria Bellou. Successivamente il rebetika si affermò in modo commerciale in tutta la Grecia.

Alcuni sostengono che lo spirito rebetiko sia ormai del tutto scomparso per quanto le canzoni rebetiche vengano tutt’ora suonate nelle taverne e nei locali greci.

La sua riscoperta e affermazione si e avuta solo alla fine degli anni ’80, ad opera del grande Yorgos Dalaras che ha avuto il merito di aver ridato linfa a questo genere musicale pubblicando alcuni album di canzoni classiche da lui interpretate che hanno fatto il giro dei teatri di quasi tutto il mondo. Il rebetika contemporaneo non è tuttavia più accompagnato dalla pratica delle danze come lo zeybekiko, l’hassapiko e lo tsifteteli. Nelle acque in cui nuota la Grecia attuale il rebetika potrebbe ancora avere un valore identitario e di protesta.

95 visualizzazioni

SAVITRI MAGAZINE

 

IL BLOG DI MASSIMO E SIBILLA MANNARELLI

Ogni problema ha tre soluzioni: la mia soluzione, la tua soluzione, e la soluzione giusta.” Platone

bottom of page