GLI EBREI SABBIONETANI ALLA CORTE DEI GONZAGA
A partire dal 1380 il territorio mantovano fu interessato dalla creazione dai "Banchi di pegno su prestito” via via autorizzati dai vari Gonzaga dominanti. A Sabbioneta nel 1436 fu eretto il primo banco ebraico dai fratelli Bonaiuto e Bonaventura, figli di Dattilo da Pisa per concessione di Gianfrancesco Gonzaga.
Le poche notizie che si hanno della Comunità ebraica nella “Piccola Atene” risalgono solo alla prima metà del '500 e sono riferite ad alcuni personaggi come il Capitano Gianfrancesco Forti che abitava, nel 1544, dentro al Castello e a Guardamale (o Guardamano) della famiglia Foà che dal 1526 al 1554 esercitò l'usura poiché il Banco di prestito e la sua abitazione erano anch'esse entro il recinto del Castello. Il Duca di Sabbioneta, per quanto fosse profondamente cattolico, tollerò e protesse gli ebrei sabbionetani a tal punto che possiamo sostenere che mai si verificarono sotto il suo dominio episodi di intolleranza o restrizione alcuna, ma soprattutto non vi fu la creazione di un ghetto e mai vi operò apertamente l'Inquisizione nemmeno dopo la Bolla “Hebraeorum gens sola quondam a deo dilecta” emanata nel 1569 da Papa Pio V Ghisleri. Nei documenti di quel periodo si parla di questioni riguardanti gli ebrei sabbionetani solo in una lettera del 1574 indirizzata a Vespasiano (in quel periodo Vicerè in Spagna) nella quale un suo funzionario gli comunicava che con "diligenza et secretezza" la Curia romana, per vie non ufficiali, aveva chiesto di verificare se "in casa degli ebrei dello Stato" esistessero libri proibiti o strumenti per la stampa.
Durante gli anni trenta del XVI secolo il rabbino di Sabbioneta era il giureconsulto Azriel Daiena morto nel 1536, conosciuto soprattutto per aver smascherato l'impostura di David ha-Reubeni in missione in Italia, che nel 1530 sostò a Sabbioneta per incontrare il medico ebreo Lazzaro Portaleone, famigliare di Pirro Gonzaga. Al Daiena succedette nel rabbinato Graziano Treves, anch'egli giurista e autore di un classico Commento alle preghiere festive ebraiche di rito italiano e di un Commento alle leggi sulla macellazione rituale di Mordechai ben Illel. A Treves Jechiel Nissim da Pisa aveva dedicato, nel 1539, l'importante opera di apologia religiosa Minchat Kenaòt (offerta di zelo). Alla morte di Graziano Treves nel 1556 succedette, nel ruolo di rabbino, il figlio Raffaele Treves. Per brevità limitiamo l’elencazione dei rabbini che si sono succeduti a questi che sono per noi i più rappresentativi.
Interessante la struttura della sinagoga sabbione tana. Da un piccolo atrio dell'edificio prospiciente la piazzetta di San Rocco si accede al vano dello scalone in marmo che, con quattro rampe, porta al piano dove si trova il luogo sacro. Ulteriori due rampe permettono l'accesso al matroneo. Venne edificata nel 1824 forse anche per ribadire al Governo austriaco la volontà, la vitalità e la prosperità economica di una Comunità che non voleva essere unita a quella di Mantova come deliberarono i capifamiglia ebrei sabbionetani nel 1821. Il tempio venne ricavato col rifacimento e probabile sopralzo di una più antica Sinagoga che nel Catasto Teresiano del 1774 viene indicata come "scuola, ossia sinagoga" in casa di Salomone Forti fu Elia. La paternità del progetto del tempio é controversa: per alcuni è attribuibile a Carlo Visioli, per altri a Luigi Voghera. Dal vano scale si accede alla Sinagoga attraversando un atrio rettangolare con finte porte dipinte alle pareti e volta a botte. L'interno, anch'esso rettangolare, con tutte le pareti rifinite a stucco lucido a finto marmo presenta sui lati lunghi una serie di finestre sormontate da finestrini, scandite da lesene di ordine corinzio. Le finestre poste a sud sono cieche in quanto realizzate sotto la linea del tetto, quelle poste a nord, invece, sono prospicienti il cortile interno dell'isolato (questo cortile, con tutta probabilità, prima del periodo napoleonico ospitava anche il cimitero della Comunità). La disposizione della sala è definita sul lato est dall'Arca (aròn hakodesh), dove vanno conservati i rotoli della Legge, e dalla tribuna (tevà) dove il cantore recita le preghiere o legge brani della Bibbia. L'Arca , ricavata a nicchia nel muro, é racchiusa lateralmente da due colonne in finto serpentino con capitello corinzio e sormontata da un timpano sotto cui sta una scritta in caratteri ebraici dorati. Le ante, lignee, sormontate da un arco sono riccamente decorate con fregi in oro su fondo nero e nella parte interna dalle Tavole della Legge con scritte in caratteri ebraici dorati. Sopra il portale d'ingresso alla sala, sormontato da un timpano con una scritta in caratteri ebraici, é posto il matroneo, protetto da una grata in legno. Quattro colonne in stucco, con capitello di ordine corinzio, sorreggono la volta decorata in stucco a riquadri nel 1840 dal ticinese Pietro Bolla. La Sinagoga conserva ancora parte degli arredi antichi e preziosi come il recinto metallico a tre cancelli, il piedistallo ligneo utilizzato come leggio (bimàh) e le lampade a olio che fiancheggiano l'Arca. I banchi sono quelli originali ottocenteschi. Della vecchia Sinagoga era stata conservata l'Arca che fino ad alcuni anni fa si trovava nell'atrio del matroneo. Era un armadio cinquecentesco in legno a quattro ante con lesene laterali intagliate che Umberto Nahon, durante la sua visita a Sabbioneta nel 1970, procurò di trasferire nello Stato d'Israele. Essa è ora conservata in un'aula della "Casa Strauss" presso il Muro del Pianto a Gerusalemme.