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Massimo Mannarelli

IL POTERE DEL MAHA MANTRA


Le Scritture vediche insegnano l’importanza del Santo Nome. Sri Caitanya (a cui alcuni devoti vaishnava che fanno riferimento) cinquecento anni fa, in Bengala, cantando e danzando faceva, con i suoi compagni (alcuni dei quali suonavano strumenti musicali) , kirtana che duravano delle ore, sino ad immergersi in un'estasi profonda. Egli aveva l'abitudine di terminare il kirtana solo quando i devoti erano esausti. Bhaktivedanta Swami Prabhupada giunto in Occidente per diffondere gli insegnamenti di Sri Caitanya e delle Scritture vediche, poneva come basilare il canto del mantra Hare Krishna.

Le Scritture vediche spiegano il potere del canto del nome di Dio attraverso la storia di Ajamila, un grande peccatore che, al momento della morte, pronunciò il nome del Signore e si liberò da ogni contaminazione dovuta ai suoi peccati. "In effetti" dice lo Srimad Bhagavatam "egli espiò non solo i peccati compiuti in una vita, ma quelli di milioni di vite, perché in condizione di disperazione aveva cantato il nome di Narayana".

La storia di Ajamila insegna che, per quanto una persona possa esser piena di peccati, cantare Hare Krishna la libera dalle pene dell'inferno che le sarebbero invece toccate secondo il suo cattivo karma. Questo è il motivo per cui le Scritture, Sri Caitanya, Srila Prabhupada e le altre grandi autorità spirituali sebbene incoraggino a condurre una vita pura e a cantare Hare Krishna, spronano a cantare anche nel caso in cui fossimo incapaci di smettere di peccare.

Secondo tale scuola, una vita peccaminosa consiste essenzialmente nell'alimentazione a base di carne, nei rapporti sessuali illeciti, nell'uso di sostanze intossicanti e nel gioco d'azzardo, di conseguenza se qualcuno volesse spingersi oltre la vita mondana (gusto inferiore) e provare un gusto superiore evitando le conseguenze legate al suo karma, dovrebbe cantare il Santo Nome.

Nel giugno del 1967 Srila Prabhupada scrisse:

"... Noi abbiamo alcune restrizioni... in realtà non sono restrizioni ma è qualcosa di migliore al posto di cose inferiori... Se conducete una vita pacifica, regolata, non mangiando altro che krishna- prasadam (cibo offerto a Krishna), i tessuti del vostro cervello si svilupperanno per una coscienza e una comprensione spirituali. Perciò, se non ce la fate a seguire queste semplici restrizioni, vi chiedo comunque di unirvi a noi per cantare. Tutti possono farlo, e questo gradualmente chiarirà tutto. Ogni problema si risolverà, e aprirete un nuovo capitolo nella vostra vita.".

Tuttavia chi canta il Santo Nome per timore che i propri peccati gli causeranno delle sofferenze, e per continuare le proprie attività peccaminose senza soffrire dovrebbe sapere che tale atteggiamento diventa offensivo agli occhi di Krishna ed il mantra inefficace, come fuoco immerso nell'acqua.

Secondo la tradizione vaishnava nulla ci sarebbe nella vita di più dolce che il cantare il Santo Nome, il quale conduce l'anima a quell’estasi che Sri Caitanya aveva durante i kirtana. Lo Srimad-Bhagavatam afferma che se uno non prova alcuna estasi cantando, significa che il suo cuore dev'essere d'acciaio. Il piacere che si prova cantando non è come il piacere materiale che dura un attimo e poi scompare:più si canta, infatti, più il gusto sublime aumenta. Ed è questo gusto dolcissimo che rende capaci di abbandonare l’interesse per una gratificazione materiale dei sensi.

Ciò nondimeno, all'inizio del canto, ai primi livelli, può capitare di non sentire questa dolcezza, e sembra che uno abbia l'itterizia che fa sentire amaro anche lo zucchero. Secondo la medicina Ayurvedica, il rimedio migliore per i malati di itterizia sono i cristalli che si formano dallo zucchero di canna fresco. E anche se i cristalli sembreranno amari per il malato, mangiandoli giornalmente egli guarirà, e, piano piano, comincerà a sentirli dolci. E per quanto si possano trovare sgradevoli le restrizioni (no al sesso illecito, no al mangiare carne, no al gioco d'azzardo, no alle droghe), e per quanto si possa sentire poco piacere cantando, il canto del mantra Hare Krishna libererà gradualmente della malattia dell'eccessiva gratificazione dei sensi.

La cura sarà evidente quando si sentirà il canto dolce e gustoso. Se non si assapora subito la dolcezza, non bisogna abbandonare la cura (il canto). Bisogna continuare a cantare e presto il gusto verrà, la coscienza spirituale originale rivivrà. La felicità cercata in ciò che è passeggero e mondano deve essere trovata nel canto del Santo Nome. Consapevole delle difficoltà che le persone avrebbero incontrato nel tentativo di cantare il santo Nome in questa era materialista, Sri Caitanya espresse la nostra posizione nelle Sue preghiere:

“O Mio Signore, sei gentilmente apparso completamente nel Tuo Santo Nome, ma Io sono così sfortunato che non ho alcuna attrazione per cantarLo”.

E' naturale che accada che si desideri cantare e malgrado questo ci si trovi sopraffatti dall'ambiente materialista e dai desideri personali. Narottama dasa Thakura, un grande devoto seguace di Sri Caitanya, descrisse questa situazione:

“Cosa c'è di buono nella mia vita? So che questo canto è tutto, eppure non mi piace cantare Hare Krishna. Dovrei essere maledetto. Qual è l'utilità della vita?”.

Narottama dasa Thakura presenta se stesso come uno che non desidera la vita materialista ma che al contempo non riesce ad assaporare il nettare dei Santi Nomi. Questa disperazione, comunque, non è duratura, produce piuttosto uno stato di disperazione tale che condurrà a un canto senza offese. Proprio come Ajamila cantò al momento della morte nella più completa disperazione e fu salvato, quando ci si sente sommersi dai desideri materiali si può cantare con disperazione.

Anche la persona peggiore, cantando non per continuare a peccare, ma per liberarsi dal peccato, può cantare disperatamente ed essere salvata. Si può capire, all'interno del proprio cuore che questo canto è tutto, che è la cosa più deliziosa, e che se anche non si è in grado di apprezzarlo adeguatamente adesso, a causa della mentalità materialista, è l'unica speranza di salvezza. Questo è il giusto atteggiamento di disperazione per cantare senza offese. Sri Caitanya dice:

“Tutte le glorie al canto del Santo Nome che purifica il cuore da tutte le contaminazioni accumulate in tante, tante vite. Il canto del Santo Nome del Signore è il beneficio più grande per tutta l'umanità perché diffonde i raggi della luna benevola”.

Come la luna inizia con una piccola parte e si sviluppa fino a diventare piena, così se si comincia a cantare Hare Krishna con fede, senza offese, si può velocemente realizzare la luna piena dell'amore estatico per Dio.

Come dice Sri Caitanya:

“Il canto del Nome di Dio aumenta l'oceano della felicità spirituale e ci fa assaporare il nettare che abbiamo sempre desiderato”.

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