L'ISLAMISMO LIBERTARIO DI HENRI GUSTAVE JOSSOT
Jossot nasce a Digione il 16 aprile 1866 in una famiglia borghese. Egli perde la madre all’età di tre anni cadendo nel giogo della matrigna e del padre assicuratore che vuole destinarlo alla marina militare. All’età di 19 anni, effettua il suo servizio come ufficiale di riserva, presso Nevers, quando Marie-Jeanne Duriaud, una domestica impiegata dai suoi genitori dà alla luce loro figlia Irma. Resistendo alle pressioni familiari sposerà Marie-Jeanne subito dopo la morte di suo padre nel 1898.
A venti anni pubblica i suoi primi disegni sulla stampa di Digione.
Egli svolge la propria attività, come autodidatta, in svariati ambiti: dal dipinto all’acquarello, dal manifesto pubblicitario alla caricatura; grazie a quest’ultima trova i maggiori riconoscimenti, prendendo di mira istituzioni, come la famiglia, l’esercito, l’amministrazione della giustizia, la Chiesa, la scuola, ecc.
Significativa è la collaborazione alla rivista di satira politica “L’Assiette au Beurre” (1901-1912), in cui Jossot evidenzia uno spiccato interesse verso una critica al sistema sociale dell’epoca.
Come molti artisti della sua generazione, Jossot trova nella rivolta anti borghese porta aperta verso l’anarchismo, il fermento di una estetica di avanguardia. Jossot, pur non appartenendo ad alcuna organizzazione militante, intratterrà rapporti amichevoli con esponenti anarchici. Esiste un autoritratto ironico, in cui un gruppetto di persone osservano un signore elegante a passeggio (si tratta dello stesso Jossot, ma la figura evoca l’immagine del flanêur parigino, cara a Baudelaire come a Benjamin), ed uno di loro esclama: “Non appartiene ad alcuna organizzazione anarchica ed ha il coraggio di credersi libertario!”.
Egli precisa in un articolo che un ambiente familiare oppressivo è stato il terreno della sua vocazione. La pratica quasi esclusiva della caricatura finisce per oscurare totalmente la sua percezione della realtà, di modo che la sua rivolta si trasforma poco a poco in misantropia e depressione. Quest’ultima si accentua nel 1896 con l’improvviso decesso di sua figlia, morta per meningite.
È a seguito di questo avvenimento tragico che egli effettua il suo primo viaggio in Tunisia. Finendo per ritenere l’attività di cartellonista e di caricaturista nient’altro che una “piaga dell’Odio” decide di dedicarsi alla pittura. In un suo secondo viaggio a Tunisi soggiorna a Gafsa Gabès, Tunisi e Hammamet (novembre 1904 - aprile 1905) e al ritorno scrive ed illustra il romanzo “Viande Borgeois” (Carne di borgese), letteratura e caricatura si accoppiano.
Nel novembre del 1910, decide di stabilirsi in Tunisia. I quadri che egli espone al Salon des Indépendant e al Salon des Humoriste del 1911 sembrano voler adattare la caricatura ad un genere nobile, secondo le idee che difende sin dai suoi primi articoli. A settembre, vende tutti i suoi mobili ed abbandona definitivamente la Francia. Il Salon Tunisien gli riserva una sala intera nel 1912 dove vengono accostate caricature e paesaggi tunisini e bretoni.
Nel febbraio 1913 matura la decisione di convertirsi all’islam, assumendo il nome di Abdul Karim e divenendo in seguito discepolo dello sheikh Ahmed al-Alawi a cui Martin Lings ha dedicato il libro “Un Santo Sufi del XX Secolo”.
Scriverà in una lettera: “Non avrei voluto altro che frequentare gli indigeni, vestirmi come loro, adottare i loro costumi, rompere completamente con la civiltà. Ma quel che non avevo previsto, è che mi sarei convertito all’islam”. L’islam di Jossot sarà il sufismo; nel suo libro “Le sentier d’Allah” (1927), sintetizza in questo modo i motivi della sua conversione: “L’islam senza misteri, senza dogmi, senza clero, quasi senza culto, mi appariva come la più razionale di tutte le religioni”.
Oggi, i Tunisini si ricordano più del personaggio che della sua opera. L’artista ha in effetti colpito la società coloniale ed intrigato gli indigeni annunciando pubblicamente la sua conversione all’Islam . Senza essere raro, il fatto è ancora molto originale a quest’epoca, la sua messa in scena mediatica ne è in compenso inedita.
L’artista ha innanzitutto preso cura di riallacciare i rapporti con la sua religione d’origine, il cattolicesimo. Allo scopo di rinforzare l’impatto simbolico della sua abiura. La versione araba di “La mia Conversione” e i dibattiti giornalistici espongono le ragioni di questo impegno religioso. Non è, comunque, questa la sua prima conversione: già in Francia si era interessato all’occultismo di Allen Kardec, alla teosofia, ecc.
Jossot cessa ogni attività artistica sino al 1921, ma la sua ispirazione satirica si espande in saporite cronache condensate nei giornali socialisti e indipendentisti tunisini. La sua esaltazione per l’Islam viene meno dal 1927: l’artista riprende i suoi indumenti europei e non considera più lo sceicco come suo maestro.
L’opera orientale di Jossot è ancora mal conosciuta perché è dispersa in collezioni private. Sembra malgrado ciò ben pallida nei confronti delle sue caricature e delle sue asserzioni teoriche vendicative. Benché abbia accuratamente disertato le mondanità suscettibili di procurargli un riconoscimento sociale, Jossot è diventato un pittore stimato ed apprezzato tra le due guerre. Morirà nel 1951, a Sidi Bou Said, dove sarà seppellito senza riti religiosi