SAN FRANCESCO "IL DERVISCIO CRISTIANO"
Uno degli episodi importanti della vita di San Francesco (1182 -1226) è rappresentato dal suo viaggio in Oriente in occasione della quinta crociata, e dal suo incontro con il Sultano o “Soldano” (per dirla come nelle cronache del 1200 vedi Dante nella Divina Commedia - Inferno, V, 60 e XXVII, 90-).
Di questo viaggio e dell’incontro con il Sultano esistono, a causa dell’assenza di una biografia realistica, molte versioni; tuttavia per quanto vi sia certezza che San Francesco sia partito da Ancona nell’estate del 1219, le motivazioni del suo viaggio sono state spesso interpretate secondo l’indirizzo politico dei narratori di turno.
Alcuni cercarono di far passare San Francesco per un sostenitore delle crociate o comunque per un personaggio che, in qualche modo, le avvallare avvallasse, ma senza dubbio la ragione più plausibile è quella di un viaggio in nome della pace ispirato dalla famosa prima Regola, del 1210, che raccomandava alla comunità dei fratelli: “Quando i frati vanno per il mondo, non portino nulla per il cammino, nè sacco nè borsa nè pane nè bastone. E in qualunque casa entreranno, dicano per prima cosa: pace a questa casa…”.
E’ risaputo che San Francesco predicava “beati i pacifici” scrivendo ai propri compagni “se qualcuno non vuole o non può amare il suo prossimo come se stesso, almeno non gli faccia del male”. Le fonti storiche ricordano come egli si sia recato più volte dinnanzi ai pontefici del suo tempo per predicare la pace, ma anche per chiedere il loro consenso ai suoi progetti di una pacifica missione apostolica presso i saraceni. Fu dunque così che, nel momento più cruciale della Quinta Crociata, bandita dal Concilio Lateranense, San Francesco decise di partire con un gruppo di dodici compagni, tra cui Fra’ Illuminato, per il Campo dei Crociati, attendati nei pressi di Damietta, in Egitto. Secondo San Bonaventura il santo d’Assisi si recò “con la ferma intenzione di presentarsi a Malik al-Kamil, il Sultano d’Egitto, considerato “il sovrano perfetto” (1180 - 1238), re saggio e dotto, che qualche storico asserisce fosse un Sufi. Fu proprio con quest’ultimo che Federico II di Svevia, altro sovrano illuminato e scomunicato perché rifiutò al Papa per tutto il suo regno di partecipare alle crociate, stipulò dieci anni dopo, nel 1229, un trattato per il recupero pacifico dei Luoghi Santi di Gerusalemme.
Giunti nel campo dei crociati, racconta Tommaso da Celano, San Francesco e i suoi compagni predicarono contro le Crociate e per la necessità di una trattative di pace, suscitando per questo l’ira del bellicoso delegato pontifico Pelagio Galvan, che rifiutò la proposta di trattativa di Malik al-Kamil, spingendo i Crociati ad una guerra che si concluderà con la disfatta totale che pose le basi per la fine dell'era delle Crociate.
Secondo alcuni interpretazioni San Francesco nell’incontro col Sultano avrebbe dimostrato la veridicità della sua religione (indi la falsità dell’Islam) determinando la successiva conversione del Sultano al cristianesimo.
Altre versioni di matrice più islamica ipotizzano che San Francesco fosse in verità un sufi o quanto meno fosse stato influenzato da tale dottrina; le analogie tra il frate umbro e il sufismo sono ben spiegate nel testo “Francesco Sufi” di Silvio Marconi.
Il fatto che egli poté essere in qualche modo considerato degno di incontrare il Sultano e di dialogare con i massimi saggi del Sufismo del tempo è dovuto, di fatto, in qualche misura ad una sua affinità con l’Islam e in particolare con la dottrina sufi.
Di certo Malik al- Kamil ricevette Francesco d’Assisi e Fra’ Illuminato con grande rispetto, ospitandoli con magnanimità per diversi giorni.
Il frate francescano Giulio Basetti Sani di Firenze (1912 – 2001), che studiò a fondo l’Islam, al punto che i fratelli francescani lo chiamavano scherzosamente “Maometto” scrisse tra gli altri il libro assai interessante dal titolo “L' Islam e Francesco d'Assisi”. magari dovresti approfondire oppure togli questa frase
San Bonaventura che raccolse i ricordi di Fra’ Illuminato racconta che il Soldano ascoltava volentieri San Francesco invitandolo, con una certa insistenza, a rimanere con lui, ma soprattutto il frate incontrò e potè dialogare con importanti teologi e saggi musulmani per un simposio fra le due religioni.
San Francesco che fu dichiarato Santo da Papa Gregorio IX nel 1228, due anni dopo la morte, e che ai tempi non era così famoso, riuscì ad arrivare al Sultano ed ottenne quello che nessun cristiano aveva ottenuto fino ad allora, in piena guerra, ossia un incontro tra cristianesimo ed islam.
Luis Massignon (1883-1962) fu un orientalista e teologo francese che visse a lungo tra i musulmani e fu autore di una celebre opera sul mistico musulmano Manṣūr al-Ḥallāj. Da un suo studio sappiamo che uno di questi saggi era Fakhr al-Din al-Färisi, grande figura di mistico musulmano che, come confermano le fonti arabe, “fu consultato dal sultano per l’affare del famoso monaco”.
Il viaggio del Santo avvenne in un clima decisamente poco incoraggiante: da parte cristiana, era il pieno clima delle crociate, che si esplicitava nelle encicliche papali in cui si leggeva lo sprezzo per i cosiddetti infedeli; dall’altra parte nemmeno lo schieramento musulmano dimostrava grandi spazi di apertura, si presentava chiuso su se stesso, indifferente al diverso etichettato come inferiore e imperfetto.
I religiosi che tentarono l’impresa dopo di lui raccolsero una serie di insuccessi e dialoghi infruttuosi, finendo in alcuni casi con la testa mozzata: i primi furono proprio 5 frati francescani nel 1220, ricordati come i primi martiri dell’Ordine, a dimostrare come i rapporti tra le comunità cattolica e islamica del tempo non permetteva alcuna apertura di dialogo; ciò nonostante San Francesco ci riuscì. Per farlo egli dovette rimanere in Terra Santa almeno un anno e secondo alcuni i patimenti e le difficoltà del lungo viaggio furono causa della sua morte prematura, avvenuta non molto tempo dopo.
Ma torniamo ai legami di San Francesco con il sufismo. Il saio è il mantello di lana con cappuccio tipico dei Sufi tanto che il termine Sufismo deriva dalla parola araba “suf” ossia lana. Il saio francescano è quello stesso dei Sufi in Terra Santa, in Marocco e nella Spagna; ed è quello che san Francesco vide alla corte del Sultano. In Kalâbâdhî, grande maestro Sufi del X secolo (913 c.-995), leggiamo:« Povertà e pazienza sono il saio sotto il quale alberga un cuore che vede solo in Dio i giorni di festa e di serenità»
Come i Sufi, i seguaci di San Francesco, attraverso le sue regole, non pensavano principalmente alla propria salvezza (diversamente dalla maggioranza dei cristiani). Tale principio viene continuamente messo in rilievo dai Sufi, che considerano una vanità l’interesse per la salvezza personale.
San Francesco iniziava così le sue predicazioni: ‘La pace di Dio sia con voi’. Questa è una classica forma di saluto araba.
I francescani, autorizzati da Papa Innocenzo, erano noti anche come ‘Frati Minori. L’ Ordine dei ‘Frati Maggiori’, parte di un Ordine di Sufi, fu fondato da Najmuddin Kubra, detto “il Più Grande”. Una delle principali caratteristiche di questo grande Maestro Sufi era la sua misteriosa influenza sugli animali e molte immagini lo mostrano circondato da uccelli. Si racconta che domò un cane feroce semplicemente guardandolo negli occhi, come fece San Francesco con il lupo di Gubbio. I miracoli di Najmuddin erano noti in Oriente sessant’anni prima della nascita di Francesco.
Una delle principali differenze tra l’ordine di San Francesco e le Confraternite Sufi era che i Sufi e le Sufi si sposano e vivono nel mondo.
I Sufi sono religiosi musulmani ma, come nel cristianesimo ci sono preti e frati, così nell’Îslâm i Sufi i dervisci possono essere paragonati ai frati, ma non sono preti. Francesco rifiutò d’essere ordinato prete, e si accostò maggiormente all’ordinamento laico più che a quello ecclesiastico. Così è anche per i Sufi, il cui motto fondamentale dice: «Nel mondo, ma non del mondo, nulla possedendo e da nulla essendo posseduti.»
Secondo la filosofia Sufi vi è una necessità comune per tutte le Vie mistiche, a qualsiasi religione appartengano: la necessità di un Maestro. Un esperto che abbia già percorso il cammino e che sappia guidare convenientemente e preservare dagli errori. Un Maestro del tutto disinteressato, amorevole, paternamente sollecito, esperto della psiche umana e delle sue devianze. Non ci è pervenuta notizia storica di un Maestro per San Francesco, ma alcuni, forse in modo azzardato, ipotizzano che il santo fu iniziato proprio da un Sufi; ciò gli permise di arrivare indenne dal Sultano, non certo il fatto di “annunciare il Cristo” come dicono certi sprovveduti osservanti.
Il Santo spiritualmente vicino al mondo musulmano, tornato in patria scrisse nella prima stesura della Regola del suo Ordine, ed in particolare nel capitolo 16 la necessità per i suoi confratelli di instaurare il dialogo con i musulmani. Le direttive date dal Santo e le sue valutazioni sull'Islam risultano di una modernità estrema e sconvolgenti considerato il pensiero comune del tempo e risultarono talmente incomprensibili che la prima stesura della Regola francescana scritta dal Santo venne rifiutata dal Papa che impose una pesante censura e costrinse Francesco ad eliminare in toto il capitolo 16.
Può sembrare dunque che il tentativo di dialogo instaurato dal Santo di Assisi si sia risolto in un fallimento, ma non è così. Il dialogo ci fu. Tanti uomini del tempo, rimasti sconosciuti ai più, e vicini ai loro Maestri, furono beneficiati e capirono.