MIRABAI E L'AMORE PER KRISHNA
Mirabai o Mira (Merta, 1498 circa – 1546 circa), è stata una poetessa e mistica indiana del periodo Moghul (alcuni l’hanno considerata una incarnazione di Radha, la sposa di Krishna).
Devota di Kṛṣṇa, Mīrābāī fu una principessa rājpūt del principato di Merta (Rajasthan), autrice di numerosi componimenti poetico musicali di natura mistico-religiosa, detti pada.
La sua figura è avvolta nella leggenda e nel mistero: molte delle notizie che la riguardano sono infatti incerte oppure ricostruite partendo dai suoi versi e dagli aneddoti raccolti anni dopo la morte dai membri della sua comunità. Sappiamo di certo che apparteneva alla nobile famiglia Rajput e avendo perso la propria in madre in tenera età viene allevata dal nonno, un devoto viṣṇuita che le permette di coltivare un'istruzione letteraria e musicale.
A 3 anni ricevette da un sadhu una statuina di Krishna e si innamorò talmente di tale statuina che non giocò mai più con gli altri bambini. Tutto era per Krishna, parlava con Krishna, dava da mangiare a Krishna, cullava Krishna. Un giorno la statuina dovette essere restituita al proprietario, un santo vagante, ospite del re. Mirabai non volle mangiare, ne' giocare piu'....Krishna non era li' con lei. Qualche giorno dopo il santo tornò: Krishna gli apparve in sogno e gli chiese di donare la sua statuina di nuovo alla principessina, questa volta per sempre.
Nel 1516, ancora giovanissima, sposò il principe Bhoj Raj, erede al trono dell'antica dinastia del Mewar.
La leggenda narra però che Mīrābāī si considerasse, già prima del matrimonio, sposa spirituale di Kṛṣṇa e che salì all'altare portando con sé l'immagine del suo "divino" sposo.
Fedele a Krishna, Mīrābāī si rifiuta di compiere i riti nei confronti della divinità propria della famiglia del marito, la dea Durgā, provocando così del disappunto nei suoi confronti.
La leggenda narra che addirittura l’imperatore Akbar volle farle visita in incognito per via della sua fama di grande donna santa e religiosa. La fama della mistica si era infatti diffusa anche nel nord dell’india e aveva raggiunto le orecchie di dell’imperatore Akbar. Il problema era che la famiglia di Mirabai era uno dei suoi peggiori nemici e farle Visitare avrebbe causato grandi problemi sia a lui che a lei. Fortemente intenzionato a vederla, Akbar si travestì da mendicante e la raggiunse. Fu talmente affascinato dalla sua poesia e dai suoi canti devozionali che prima di andarsene le lasciò in dono una cavigliera di inestimabile valore. Quando la notizia di questa visita arrivò all’orecchio del marito, egli era talmente arrabbiato che le ordinò di suicidarsi gettandosi in un fiume. Mirabai intendeva obbedire all’ordine del marito, ma quando stava per entrare nel fiume, Krishna le apparve e le comandò di partire per Vrindavana per poterlo pregare ed onorare in pace. Con alcuni discepoli, Mirabai raggiunse la città santa dove trascorse il suo tempo immersa nella devozione a Krishna.
A Vrindavana chiese di incontrare il discepolo di Sri Chaitanya che viveva lì, Jiva Gosvami, il quale si rifiutò di vederla perchè il suo rigore ascetico gli impediva di incontrarsi con donne.
A tal rifiuto, lei disse: "E' sorprendente che il reverendo santo non abbia ancora trasceso l'idea del sesso: soltanto Krishna è Purusha (uomo maschio) tutti gli altri sono Prakriti (il femminile, la Natura). Se il santo si considera Purusha e non gopi, è meglio che abbandoni il sacro luogo ove Sri Krishan un tempo si dilettò. Se Radha sente le tue audaci pretese potresti dover lasciare Vrindavana"
Il santo riconobbe immediatamente che si trovava di fronte a una persona di illuminazione superiore e di più profonda realizzazione e senza por tempo in mezzo incontrò Mira e, dopo aver offerto i suoi omaggi, chiese perdono. Quando si prostrò ai suoi piedi, Mira lo sollevò e lo abbracciò.
Il suo ultimo canto fu:
" O Giridhara Nagara, o mio Signore, non dimenticare Mira, possa ella essere unita con te!"
Dopo poco il marito si pentì e comprese che la santità della moglie. Così la raggiunse e le chiese di tornare da lui. Cosa che ella fece con grande dispiacere del resto della famiglia del marito.
Il marito “terreno” morì tre anni dopo le nozze, prima di salire al potere e senza darle figli. Fu allora che Mirabai, che secondo le tradizioni avrebbe dovuto morire salendo sulla "pira" funebre per seguire il defunto marito, cambiò vita, dedicandosi interamente alla spiritualità, pellegrinando da un tempio all'altro e scrivendo per il proprio dio.
Sempre più immersa nei canti e nelle danze devozionali in onore di Kṛiṣhṇa, iniziò a ricevere la visita di devoti (bhakta) kṛṣṇaiti maschi o, persino, di fuori-casta, generando ulteriore riprovazione da parte della famiglia del marito defunto.
Seguendo gli insegnamenti del suo guru Ravidās, Mirabai violò numerose norme sociali, non rispettando la rigida divisione indiana in caste ed aiutando gli avarṇa, i fuori-casta.
Nel tempo nacquero vere e proprie leggende sulla figura della principessa che, in virtù della profonda devozione a Krishna, avrebbe ottenuto direttamente da lui poteri magici. La poetessa, quindi, riusciva a "trasformare il veleno in nettare, i serpenti in ghirlande di fiori e le spine in petali"!
Nel 1528 il suocero morì e gli successe il figlio, cognato e acerrimo nemico della poetessa che tentò persino di avvelenarla. Consapevole del pericolo la mistica decise di fuggire dal regno di Mewar divenendo un'asceta itinerante.
Giunta infine nella città di Dvārakā (oggi Dwarka di fronte al Mar Arabico), la poetessa prese rifugio definitivo nel locale tempio di Ranachor (si dice che fu anche rifugio di Krishna negli ultimi suoi anni).
Sempre la leggenda narra che la dinastia regale del Mewar, consapevole che la persecuzione e la lontananza di Mirabai le aveva precluso il favore divino, decise di inviare una delegazione di brahmani supplicanti per convincerla a tornare nel regno. Al deciso rifiuto di seguirli, questi brahmani minacciarono di suicidarsi per mezzo del digiuno. Di fronte alla possibilità di compiere l'orrendo peccato consistente nell'uccisione, anche se indiretta, dei brahmani, Mira entrò nel tempio e scomparve, fondendosi definitivamente con il suo sposo spirituale. Il suo "sari" fu rinvenuto avvolto all'idolo mentre il suo corpo non fu mai ritrovato...
La collezione dei suoi versi è detta "Padavali", "collana di canti", secondo il termine utilizzato al tempo per brevi inni spirituali, "Pada", e sono composti in versi semplici con ritornello.I suoi canti, molto popolari, sono scritti nel dialetto "marwari" del Rajasthan, ma sono stati generalmente alterati e trasformati; sono inoltre accompagnati da una dolce melodia caratteristica che accompagna il lettore nella giusta atmosfera romantica che ben s'addice ai cantici d'amore.Ma leggiamone alcuni:"Un tale amore/ non lo devi lasciar sfuggire mai./ Devi dargli tutto - corpo/ cuore, ricchezza - devi farlo/ abitare dentro di te,/ e guardando nel suo viso/ devi bere/ la felicità dai suoi occhi,/ e farlo diventare come vuole,/ e sia segno di una tua fortuna impareggiabile"."Loto senz'acqua, notte senza luna,/ senza di Te la vita è senza senso./ Passo la notte sempre più turbata,/ questa Tua assenza m'accorcia la vita./ Di giorno non ho fame, la notte sonno,/ la bocca non sa esprimer tanta pena:/ con chi parlare? Nessuno più m'ascolta./ Vieni, ritorna, estingui questo fuoco./ Signore interno, perché così mi schianti?/ Vieni e dal dolore liberami per sempre./ Fui Tua serva per tante vite anteriori,/ solo Te amo, Amore, divino Amante".
tempo per brevi inni spirituali, "Pada", e sono composti in versi semplici con ritornello.
I suoi canti, molto popolari, sono scritti nel dialetto "marwari" del Rajasthan, ma sono stati generalmente alterati e trasformati; sono inoltre accompagnati da una dolce melodia caratteristica che accompagna il lettore nella giusta atmosfera romantica che ben s'addice ai cantici d'amore.