I VEDA NEL PENSIERO DI SCHOPENHAUER
Il filosofo Schopenhauer incontrò e rimase affascinato dall’Oriente negli anni giovanili, dedicando e intrecciando indissolubilmente il proprio pensiero con quello indiano.
Se Goethe, Kant ed Hegel ebbero parole di ammirazione per i testi vedici e in particolare per la Bhagavad Gita, Schopenhauer studiò e si dedicò al confronto costante e serrato della filosofia occidentale ed orientale per più di quarant’anni al punto da proclamare la «concordanza paradossale» e «prodigiosa» tra la sua filosofia e il pensiero indiano (Brahmanesimo e Buddhismo), conferendo così alla propria dottrina un’aura di antica saggezza e di verità.
Fin dal primo incontro, risalente al periodo tra il 1813 e il 1814, tra Schopenhauer e il pensiero indiano fu amore a prima vista: è noto come il filosofo ritenesse che insieme al pensiero di Platone e di Kant, le Upanisad fossero «l’emanazione della più alta saggezza umana»,la cui lettura, scrive nei Parerga, «è stata la consolazione della mia vita e lo rimarrà fino alla mia morte». Nella prefazione alla prima edizione del Mondo come volontà e rappresentazione (1818), dove l’autore vede nella filosofia indiana non solo un pensiero straordinariamente affine al proprio, ma una vera e propria conferma delle proprie teorie, Schopenauer introdusse un’interpretazione dell’Oriente per molti versi di parte e da più punti di vista scarsamente oggettiva: egli, infatti, accentuò fino all’esagerazione gli aspetti di affinità, tralasciando senza quasi nemmeno menzionarli i punti che invece lo allontanavano dal pensiero indiano.
Il pensiero orientale, frutto della sapienza più antica e, quindi, più vera in quanto maggiormente vicina all’origine dell’umanità, secondo il filosofo si sarebbe trovato in perfetto accordo con la propria filosofia, culminante nella teoria del mondo come volontà ed essenza di ogni cosa celata dalla rappresentazione, termine, quest’ultimo, che Schopenhauer equiparò a quello di māyā, l’illusione, il sogno, l’inganno, la magia secondo il pensiero indiano. Egli trovò nella propria filosofia una affinità e una comunanza con il Brahmanesimo e il Buddhismo, a tal punto da tradurre dalla metafisica all’etica ogni concetto cardine del sistema da un punto di vista orientale, e interpretando come paralleli ed equivalenti concetti come Wille e Brahman, rappresentazione e māyā, stato di affermazione della volontà e samsara, negazione della volontà e nirvana, redenzione e moksa.
Schopenhauer trovò ulteriori punti di contatto tra sé e l’Oriente: l’idealismo, l’esistenza di un principio unico celato dall’illusione della molteplicità, il pessimismo, l’antiteismo, la credenza nella rinascita, l’assenza di un dio personale, l’etica della compassione estesa anche agli animali, l’idea che ci si debba liberare dalla sofferenza, poiché «l’esistenza è senza dubbio una strada sbagliata, tornare indietro dalla quale è redenzione».
L’interpretazione della cultura indiana restò comunque nel complesso limitata, in quanto non solo entra nella continua ricerca di conferme, ma soprattutto “filtra” il pensiero vedico attraverso categorie eccessivamente “personalistiche”; di conseguenza la presunta concordanza tra la propria filosofia e quella indiana è frutto di alcuni fraintendimenti, dovuti a un’eccessiva considerazione di alcuni aspetti del pensiero indiano a discapito di altri, che per tale ragione vengono dal filosofo sottovalutati o addirittura totalmente tralasciati.Tuttavia a Schopenauer rimane il merito di aver introdotto il dialogo e il confronto con il mondo vedico attraverso una grande e personale passione frutto di una continua ricerca finalizzata all’affermazione delle proprie tesi. vengono dal filosofo sottovalutati o addirittura totalmente tralasciati.Tuttavia a Schopenauer rimane il merito di aver introdotto il dialogo e il confronto con il mondo vedico attraverso una grande e personale passione frutto di una continua ricerca finalizzata all’affermazione delle proprie tesi. vengono dal filosofo sottovalutati o addirittura totalmente tralasciati. Tuttavia a Schopenauer rimane il merito di aver introdotto il dialogo e il confronto con il mondo vedico attraverso una grande e personale passione frutto di una continua ricerca finalizzata all’affermazione delle proprie tesi.