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Massimo Mannarelli

LA GUIDA INTERIORE NEL PENSIERO DI SRI AUROBINDO


La Guida interiore, l'istruttore del mondo, lo jagad-guru, nascosto in noi è la Guida e maestro supremo dello Yoga integrale. Quest’ultimo disperde la nostra oscurità (il Guru è colui che porta dal buio (gu) alla luce (ru)) con la luce abbagliante della conoscenza che diviene in noi la gloria crescente della sua rivelazione. Procedendo gradualmente rivela la sua natura di libertà, di beatitudine, d'amore, di potere, di esistenza immortale, proponendoci il suo divino esempio come nostro ideale per la trasformazione della nostra esistenza inferiore. L’istruttore del mondo con il suo influsso e la sua presenza, permette all'individuo d'identificarsi con l'Universale e il Trascendente.

Il metodo con cui agisce consiste nella naturale organizzazione dei processi e dei più alti movimenti di cui la nostra natura sia capace. Aurobindo afferma che: “Lo jagad-guru, si occupa dei più infimi dettagli e delle azioni apparentemente più insignificanti con la stessa cura minuziosa che adopera per le cose più grandi, in tal modo i movimenti superiori della natura finiscono per innalzare tutto sino alla Luce e trasformare tutto. Nel suo yoga nulla è troppo piccolo per non essere utilizzato, nulla troppo grande per non essere tentato. Nello stesso modo in cui il servitore e discepolo del Maestro non deve avere né orgoglio né egoismo, poiché tutto per lui e in lui viene compiuto dall'alto, non deve avere nemmeno il diritto di scoraggiarsi a causa delle insufficienze personali o dei vacillamenti della sua natura, perché la Forza che lavora in lui è impersonale e infinita”.

Durante il cammino verso la perfezione integrale è fondamentale riconoscere pienamente questa Guida interiore, Maestro dello yoga, luce e Signore di tutti i sacrifici, scopo dei nostri sforzi. Aurobindo precisa che: “Poco importa che al principio ci appaia come una Saggezza, una Potenza, un Amore impersonale al fondo delle cose, o come Assoluto che si manifesta nel relativo e lo attira, o come il nostro Sé supremo e come il Sé supremo di tutto, o come una divina Persona in noi e nel mondo, sotto uno dei suoi innumerevoli nomi ed una delle sue innumerevoli forme, o come un ideale concepito dall'intelletto. Alla fine sapremo che è tutte queste cose, e più di tutte queste cose insieme”. Secondo Aurobindo la porta mentale attraverso la quale ci avviciniamo al Divino deve inevitabilmente abbracciare tutte le varie nature, nel rispetto dell'evoluzione passata e della natura presente di ciascuno.

All’inizio del cammino la Guida interiore è spesso velata dall'intensità stessa dello sforzo personale, ma anche e soprattutto dall’ego sempre concentrato su se stesso e interessato ai propri fini; tuttavia piano piano con l’aumentare, in noi, della chiarezza il nostro egocentrismo cede il passo ad una più serena conoscenza di noi stessi finendo con lo scorgere la luce crescente in noi. Aurobindo scrive che: “La riconosceremo poi a posteriori osservando come tutti quei movimenti oscuri e contraddittori avessero in realtà un fine, verso cui erano diretti, che cominciamo solo in quel momento ad intravedere: e comprenderemo come, ancor prima che imboccassimo la via dello yoga, l'evoluzione della nostra vita fosse già deliberatamente avviata verso questa svolta decisiva”.

Di conseguenze, afferma ancora Aurobindo, cominceremo a capire il senso delle nostre lotte e dei nostri sforzi come dei nostri successi e delle nostre sconfitte, diventando capaci di afferrare la ragione delle nostre prove e delle nostre sofferenze, apprezzando l'aiuto che ci è stato dato da tutto ciò che ha opposto resistenza e ci ha feriti, l'utilità delle nostre imperfezioni e delle nostre stesse cadute.

Il pensatore indiano scrive: “Riconosceremo poi la divina direzione, non più a posteriori ma istantaneamente, nel modellarsi dei nostri pensieri ad opera di un Veggente trascendente, della nostra volontà e dei nostri atti come opera di un Potere che tutto abbraccia, della nostra vita emotiva come opera di una Beatitudine e di un Amore che tutto attirano e tutto assimilano. La riconosceremo anche in una relazione più intima e personale che da principio ci sfiorerà ed alla fine ci rapirà; sentiremo l'eterna presenza dell'Amico, dell'Amato, del Maestro supremo; Colui che è il Signore o l'Ishvara delle filosofie yogiche, la Guida dell'essere cosciente, caitya guru o antaryâmin, l'Assoluto del pensatore, l'Inconoscibile dell'agnostico, la Forza universale del materialista, l'Anima suprema e la suprema Shakti, l'Uno a cui le religioni danno forme e nomi diversi, Lui è il Maestro del nostro yoga”.

Lo scopo della nostra esistenza incarnata è vedere, conoscere, divenire e realizzare quest'Uno nel nostro essere interiore ed in tutta la nostra natura esteriore, diventando coscienti di Lui in tutte le parti del nostro essere e in tutto ciò che la mente, separatrice e analitica, considera come estraneo al nostro essere. Questo diventa il coronamento della coscienza individuale.

La sommità di ogni dominio e di ogni padronanza consiste nell’essere posseduti da Lui e possederlo in noi stessi e in tutte le cose; gustando la sua presenza in tutte le esperienze, passive o attive, nella pace e nel potere, nell'unità e nella differenza, tale è la gioia che il jiva, l'anima individuale calata nel mondo, cerca velatamente.

Per Aurobindo: “La finalità dello yoga integrale può dunque così definirsi: una traduzione nell'esperienza personale della Verità che la natura universale ha nascosto nel proprio seno e che essa stessa cerca di portare alla luce. Una conversione dell'anima umana in divina e della vita naturale in divina esistenza; la via più sicura per questo compito integrale è trovare quindi il Maestro segreto che dimora in noi, rimanere costantemente aperti al Potere divino, che è ad un tempo Saggezza ed Amore, e rimetterci a lui per condurre a termine la nostra conversione”.

Tuttavia inizialmente per la coscienza egoista fare tutto questo anche solo in minima parte è molto duro e qualora giungesse a farlo sarebbe ancora più difficile per essa compierlo perfettamente e in tutte le fibre della propria natura. Il limite di tutto questo risiede nelle abitudini egoiste di pensiero, sensazioni e sentimenti che bloccano i passaggi attraverso i quali si potrebbe arrivare alla necessaria percezione, ma soprattutto perché la fede, la sottomissione e il coraggio richiesti su questo sentiero non sono facili ad ottenersi per l'anima velata dall'egoismo.

Aurobindo ricorda che: “Il modo con cui il Divino opera non è quello che la mente egoista desidera o approva; poiché il Divino si serve dell'errore per raggiungere la verità, della sofferenza per arrivare alla beatitudine e dell'imperfezione per arrivare alla perfezione. Di fatto l'ego non può vedere e capire dove viene condotto: si ribella all'indirizzo, perde fiducia e coraggio. E queste deficienze avrebbero poca importanza perché la divina Guida interiore non si offende per la nostra rivolta, non si scoraggia dalla nostra mancanza di fede, né viene respinta dalla nostra debolezza; possiede tutto l'amore di una madre e la pazienza del maestro. Ma noi, non accettando la sua direzione, perdiamo coscienza dei suoi benefici, anche se non ne perdiamo tutti gli effetti e il risultato finale. Il nostro consenso viene meno, in tali casi, perché non arriviamo a distinguere il nostro Sé superiore dal sé inferiore attraverso cui la Guida prepara la sua rivelazione”.

Purtroppo l'uomo reclama miracoli per avere la fede e vuol rimanere abbagliato per vedere; tale impazienza e l’ignoranza possono diventare fonte di grandi pericoli e disastri se, ribellandoci alla direzione divina, facciamo appello a qualche forza corruttrice, più soddisfacente per i nostri impulsi ed i nostri desideri, alla quale chiediamo di guidarci conferendo abusivamente ad essa il divino Nome.

Aurobindo ci dice che è difficile per l'uomo credere in qualcosa d'invisibile dentro di sé, gli è, invece, più facile credere in qualcosa che può immaginare fuori di sé; infatti il progresso spirituale della maggior parte degli esseri umani esige un sostegno esteriore, un oggetto esterno di fede. Questo perché l’essere umano ha bisogno di un’immagine esteriore di Dio o di un rappresentante umano che sia esso un’incarnazione o una manifestazione divina o di un profeta o un guru. Talvolta li esige e li ottiene entrambi e, secondo i bisogni dell'anima umana, il Divino si manifesta sotto la forma di un dio, di un uomo divino, o semplicemente di un uomo quale veste grossolana che, nascondend

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