GLI ALVAR E ANTAL DELL'INDIA
Gli āḻvār (profondi intuitori), sono un gruppo di poeti e mistici hindū, di etnia tamiḻ, itineranti di tempio in tempio nell'India meridionale, vissuti tra il VI e il IX secolo d.C. che veneravano Viṣṇu. Le loro opere sono state raccolte agli inizi del X secolo da Nātamuṉi nel Nālāyira divya prabandham ("La sacra raccolta poetica delle quattromila stanze").
Tale raccolta si divide in quattro libri (ad imitazione dei quattro veda) che raccolgono ventitré differenti opere. La lingua utilizzata è il tamiḻ il che rende questa raccolta di opere la prima espressione vernacolare della bhakti hindū. Il più lungo ed importante dei libri è il Tivuraymoli di Catakopan
Come segnala Jan Gonda nella sua opera: Le Religioni dell’India: «In molti templi dell'India meridionale si trovano immagini di alvar venerati come esseri divini e le loro poesie sono recitate ancora oggi non solo qui, ma anche nelle case private la sera. Alcune strofe tratte della grande raccolta vengono recitate nelle processioni dei templi e nella liturgia domestica assieme ai mantra vedici. L'influsso di questi inni sulla vita religiosa è stato enorme. La profonda coscienza dell'insondabilità di Dio e della dipendenza umana, l'affetto, la sottomissione, unita ad autentica ispirazione e a una bhakti semplice dai toni spesso esoterici e la bellezza dei versi danno a questa raccolta il diritto di essere annoverata ai primi posti della poesia religiosa di tutti i popoli e di tutti i tempi ».
Gli āḻvār presentano caratteristiche uniche che riverbereranno successivamente nello hindūismo devozionale come segnala Friedhelm E. Hardy, nella sua "Enciclopedia delle religioni"): « Gli āḻvār svilupparono una forma di religione dalla forte connotazione devozionale, sorta sullo sfondo del bhakti-yoga della Bhagavadgītā, del Vedānta e del Pāñcarātra, del ritualismo del Vaikhānasa, di un Kṛṣṇaismo antico e popolare e della sofisticata cultura tamiḻ. Māl (la divinità), oggetto di questa devozione, si manifesta sulla terra in tre modi diversi. Ci sono le sue imprese mitiche, molte delle quali riprese dalle storie degli avatāra classici, in particolar modo Kṛṣṇa nella sua veste di amante delle pastorelle. Ci sono poi le sue incarnazioni nelle statue dei numerosi templi dell'India meridionale (i poeti menzionano circa novantacinque templi); infine vi è il cuore dei devoti, dimora anch'esso della divinità. »
La compilazione e la preservazione di questi poemi furono opera dello Sri Vaisnava Sampradaya , un movimento religioso devozionale capeggiato da Brahmani nato nel X secolo nell’india meridionale. Tale movimento si rifaceva ai poeti alvar che considerava propri antenati spirituali la cui opera fu da questi analizzata e commentata attraverso un’enorme letteratura esegetica in un tamil molto sanscritizzato. In tale lavoro i poeti sono visti come incarnazioni delle armi e dei compagni di Visnu e i racconti delle loro vite sono ricchi di episodi miracolosi interpretati alla luce del pensiero e degli ideali vaisnava.
La tradizione vuole che i compositori di queste ventitré opere raccolte siano dodici, ma nel Prabandham solo undici testi riportano il nome del loro autore per un totale di sette āḻvār. Alcune indicazioni ci permettono di dire che 2 fossero preti brahmani ossia Pēyāḻvār (Vituciṭṭaṉ) e Toṇṭaraṭippoṭiyāḻvār (Baktāṅghrireṇu). Erano poi presenti Āṇṭāḷ (Kotai), l’unica donna, figlia di Pēyāḻvār e quindi Brahamana, Kulacēkaraṉ e Tirumaṅkaiyāḻvār (Kalikaṉṟi), due capi di "bande" di predoni; il cantore Maturakavi; il figlio di proprietari terrieri, Nammāḻvār (Catakōpaṉ).
Gli altri dodici testi risultano anonimi, ma la tradizione vuole che i cinque poeti non menzionati fossero tutti cantori appartenenti alle caste basse e yogin.
I testi riportano riferimenti geografici che consentono di individuare l'area della loro iniziale diffusione in quelle regioni oggi comprese nel Tamiḻ Nāḍu e nel Kerala.
Gli elementi di erotismo e tendenza estatica attenuati nei primi poemi raggiungono il culmine nei componimenti di Nammalvar. Antal, Kalikanri e Vittucittan svilupparono ulteriormente questo genere conferendo la forma delle ballate popolari e delle canzoni dei bambini.
Nel X secolo fu il Baghavata Purana a far propria la devozione degli alvar e a darle forma sanscrita, traducendo e parafrasandoli.
Ma parliamo ora dell’unica donna che fece parte di questo gruppo. Āṇṭāḷ è l’epiteto (significato letterario "Signora") con cui è maggiormente conosciuta Kōtai la mistica e poetessa tamiḻ vissuta intorno al IX secolo e inserita al 9º posto nell'elenco tradizionale dei dodici āḻvār. Pare fosse la figlia del brahmano Periyāḻvār (anche lui un āḻvār, l'8°). Padre e figlia erano originari della regione meridionale del Pāṇṭināṭu, regno dei Pāṇḍya.
Secondo una leggenda il padre quando aveva 51 anni, mentre zappava il sacro giardino del tempio di Villiputtūr, scorse, sotto una pianta di tulasi, una bimba appena nata e bellissima a cui diede il nome di Kōtai (Ghirlanda). Una voce dal cielo infatti gli disse di portarla a casa e crescerla come una figlia.
Fin da bambina, Āṇṭāḷ mostrò la passione nei confronti di Dio, dichiarando espressamente che non avrebbe voluto altro sposo che lui, e di nascosto prese ad abbigliarsi con le corone di fiori destinate al dio che, per pratica cultuale, sarebbero dovute restare incontaminate. Scoperta dal padre, questi rimase sconvolto dalla possibile profanazione dei fiori votivi, ma lo stesso Viṣṇu gli apparve in sogno manifestandogli la felicità divina qualora gli fossero stati offerti i fiori già indossati da Āṇṭāḷ.
In un successivo sogno Viṣṇu comunicò al padre di Antal l'intenzione di divenire suo genero. Il padre condusse quindi Āṇṭāḷ in pellegrinaggio nei templi viṣṇuiti affinché scegliesse l'immagine di Dio con cui sposarsi. La ormai sedicenne Kōtai scelse quella forma divina in cui Viṣṇu è disteso sul serpente Ananta, collocata nel complesso templare di Araṅkam (tempio di Srivilliputtur).
Āṇṭāḷ fu quindi condotta in solenne processione al tempio e presentata al Dio, successivamente ella si avvicinò sempre di più all'immagine di Dio finché venne assorbita dall'icona, scomparendo.
Āṇṭāḷ è comunemente ritenuta incarnazione di Śrī/Bhūmi, l'eterna paredra (divinità associata) di Viṣṇu.
Nella raccolta canonica Nālāyira divya Prabandham sono conservate due opere attribuite ad Āṇṭāḷ, il Tiruppāvai ("La sacra immagine"; 30 strofe in metro koccakakkalippā) e il Nācciyārtirumoḻi ("Il sacro discorso della Sovrana" 143 strofe in metro āciriyam e kali), ambedue contenute nel Mutalāyiram ("Primo migliaio").
Il Tiruppāvai è un poema del genere paavai cantato da vergini che pregano e attendono una vita matrimoniale piena di benedizioni. La seconda composizione consta di 143 stanze in cui la poetessa invoca l’unione con l’onnipotente. Una sua parte è ancora cantata in occasione dei matrimoni tamil ricordando il matrimonio spirituale tra Antal e Visnu.