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SAI BABA DI SHIRDI, IL SANTO DI TUTTI

  • Sibilla Mannarelli
  • 23 feb 2017
  • Tempo di lettura: 8 min

Sai Baba di Shirdi (28 settembre 1838 – Shirdi, 15 ottobre 1918) è stato un mistico indiano nonché una delle figure più venerate in India, sia da musulmani che induisti che lo considerano un'incarnazione dell'Amore.

Secondo una leggenda, sarebbe nato nello Stato di Nazim da una famiglia di bramini e che essendo stato abbandonato dalla sua famiglia, fosse poi stato poi allevato da un fachiro e, in seguito alla morte di quest’ultimo, dallo zamindar (raccoglitore di tasse) di Selu che lo allevò insegnandogli i principi della sua religione.

I primi anni della vita di Sai Baba rimangono comunque avvolti da contraddizioni e misteri ed allo stesso Sai Baba piaceva coltivare questo senso di mistero e incertezza sulla sua nascita, la famiglia e la sua prima infanzia.

L'unico dato certo sulla sua vita è che all'apparente età di 16 anni (1859) fece la sua prima comparsa a Shirdi (piccolo villaggio nello Stato del Maharastra, India) al seguito di un corteo matrimoniale. Il proprietario del campo dove si fermò il carro che trasportava Sai Baba, quando lo vide scendere lo salutò dicendo: 'Benvenuto Sai'. Da quel giorno il suo nome fu quindi Sai Baba dove Sai è una parola persiana che significa “santo” e Baba un termine hindi, usato con familiarità e rispetto, che significa “padre”.

All’inizio gli abitanti di Shirdi lo consideravano un semplice vagabondo, che viveva da solo e dormiva a terra. Poi lui si stabilì in una moschea abbandonata, dove egli teneva perennemente acceso un fuoco e lampade ad olio. Un giorno si rivolse agli abitanti del villaggio per ottenere dell’olio con cui mantenere il fuoco acceso ma alcuni giovani lo schernirono e gli negarono l’olio. Senza scomporsi il giovane fachiro ritornò alla moschea e qui i giovani che lo avevano seguito assistettero ad un evento miracoloso. Il fachiro aveva preso dell’acqua da una ciotola di terracotta e con questa aveva alimentato le lampade che si accesero come se vi fosse stato versato dell’olio.

Il Santo rimase a Shirdi per quattro anni, poi sparì per altri quattro anni e quindi ritornò a Shirdi dove rimase ininterrottamente sino alla sua morte (mahasamadhi) avvenuta nel 1918. Prese residenza presso una vecchia e fatiscente moschea, dove visse una vita solitaria sopravvivendo di elemosina e ricevendo visitatori itineranti di religione Indù o Musulmana. Nella moschea manteneva un fuoco sacro (dhuni), da cui egli dava sacre ceneri ( "Udhi") ai suoi ospiti prima di andarsene poiché tali ceneri erano ritenute avere poteri curativi e apotropaici.

Shri Sai Baba parlava spesso tramite parabole, che, se prese troppo alla lettera, confluivano in una massa di credi e teorie contraddittorie, e ogni gruppo di persone credeva in ciò che voleva credere. Gli Hindi lo vedevano come un Avatar di qualche Dio; i Musulmani dicevano che era un Pir inviato da Allah per liberare gli uomini. Per uno egli era l'Avatar di Dattatreya, per l'altro era Akalkote Maharaj reincarnato. Ogni individuo vedeva in questo Santo la personificazione del proprio dio favorito o una incarnazione del suo ideale scelto e lo adorava come tale.

Di carattere gioviale, amava parlare e scherzare con i suoi numerosi fedeli.

Nessuno sapeva se lui fosse Hindu o Musulmano: vestiva come un Musulmano e portava i segni della casta come un Hindu. Celebrava le feste di ambedue le comunità. Egli citava il Corano e mostrava la sua profonda Hindu shastras (conoscenza). Egli stesso si chiamava fachiro e sulle sue labbra risuonava costantemente la magia "Allah Malik" (Dio Re). Ma poi egli si chiamava anche Brahamino e mostrava una notevole abilità in tutte le pratiche yoga. Per lui Rama (il Dio degli induisti) e Rahim (il Dio dei musulmani) erano la stessa ed unica Divinità.

Sebbene nel corso degli anni somme sempre più ingenti di denaro e offerte arrivassero alla sua residenza, egli visse sempre nella più assoluta povertà, andando ogni mattina personalmente a mendicare il cibo per la giornata. Non ebbe mai un guardaroba, ma usava sempre lo stesso straccio di cui egli stesso rammendava e rattoppava i buchi sin tanto che qualche discepolo lo obbligava a sostituirlo con uno nuovo. Tutto quello che arrivava, veniva immediatamente regalato a chi ne aveva bisogno. Non predicò mai la povertà ai suoi discepoli e non chiese a nessuno di seguire il suo stile di vita. Non pose nemmeno divieti sul cibo che ciascuno poteva mangiare, anzi, a volte sforzò qualche bigotto a mangiare ciò che la sua religione gli vietava.

Era sempre raggiungibile da chiunque, 24 ore al giorno sempre pronto a rispondere a qualsiasi domanda. Era solito chiedere ogni giorno ai discepoli più ricchi dalle 4 alle 100 rupie, che immediatamente ridistribuiva tra i discepoli più poveri. Quando gli richiesero perché lo facesse, rispose che chiedeva solo a coloro che gli venivano indicati dal Fakir (Dio), ma che in cambio del denaro ricevuto lui era obbligato a donare qualcosa di valore dieci volte superiore.

Il suo insegnamento fu essenzialmente l’Amore e la Devozione (Bhakti). Diceva che il giorno che il discepolo avesse realizzato cos’era veramente, avrebbe automaticamente ottenuto la Realizzazione. Egli insisteva sempre sul fatto che se si riusciva a vedere Dio in tutto il creato e in ogni creatura, sarebbero risultati assurdi l’odio e le diatribe, divenendo di fatto impossibile provare risentimento verso qualcuno. La strada per raggiungere tutto ciò veniva da lui indicata come l’assoluto arrendersi a Dio.

Comunque non si deve pensare che Sai Baba denigrasse in alcun modo il valore e l'importanza di altri percorsi. "Dopo tutto, il fine è lo stesso", dichiarava "così questo non significa soltanto tramite quale delle varie strade cerchi di raggiungerlo". In confronto ai diversi sistemi filosofici (numerosi quanto i filosofi) la Bhakti era per lui qualcosa di molto diverso e molto più naturale e vitale per il cuore umano: amare ed essere amati rientrava, infatti, nel fine di ogni normale esperienza individuale. Il bisogno di adorare era proprio del cuore umano e, così come egli sentiva che il sadhana di devozione (Bhakti), poteva veramente diventare la base per un dialogo interreligioso.

Comparando Jnana (conoscenza) con Bhakti (amore verso Dio), il Maestro paragonava il primo a Ramphal (annona reticolata, frutto indiano) e il secondo a Sitaphal (annona squamosa, frutto indiano). La polpa dell'annona reticolata è difficile da rimuovere, ma quella dell'annona squamosa è dolce e la sua polpa è facilmente accessibile. Se l'Jnana (conoscenza) diminuisce, c'è pericolo che il devoto rimanga in questo stato, finché non è capace di aiutarsi, ma spesso ha il soccorso compassionevole del suo maestro che lo aiuta a ristabilirsi. Sai Baba sapeva che il bisogno urgente nell’era della Kali Yuga (l’età del ferro) era la devozione. Il primo e fondamentale requisito era un forte desiderio di moksha (liberazione), una fame e una sete per il Divino che nessuna condizione materiale avrebbe mai potuto mitigare.

In Shirdi per i devoti era d'uso andare da Baba, in particolari occasioni, ognuno con un libro religioso in mano, per invocare l'approvazione del Saggio su un particolare lavoro che il devoto trovava ispiratore. In una di queste occasioni un certo devoto andò a mani vuote. Invece di brontolarlo, come tutti i presenti si aspettavano, al contrario Baba si voltò verso il fedele con un sorriso radiante e gli disse che era saggio, perché non era leggendo pagine e pagine di Shastras che un uomo può assimilare la saggezza. La vera saggezza giace nella propria anima.

Quando le persone litigavano e andavano alle mani, il metodo favorito di Baba per calmarli era di porre a loro una domanda, "Chi sta litigando con chi?", chiedeva, "Pensa soltanto a quello". Che cosa il Maestro desiderava sottolineare era che se noi vediamo Dio in ogni luogo e in ognuno, allora non dovremmo avere alcun brutto scopo per odiare ed essere in discordia. "Comunque, che nessuno odi e nessuno dimentichi che io, voi e tutto il mondo intero siamo parte del Signore," diceva Baba.

Ma il Maestro non si fermava soltanto a dare questo insegnamento. Mostrava modi e maniere per mezzo dei quali questo sarebbe potuto essere messo in pratica. Era molto meglio che consigliare gli uomini a farsi domande circa la vera natura del Sé. Come poteva un comune mortale accingersi ad affrontare questo difficile compito di conoscere se stesso? Dopo tutto, non era dato a tutti di essere introspettivi, né era possibile per la maggior parte degli esseri umani poter essere alle prese con idee astratte. Baba sapeva che ciò di cui la gente necessitava era la guida pratica e l'aiuto. Non sarebbe stato molto utile predicare sottigliezze metafisiche se l'uomo comune non può assimilarle. La regola di Baba era quella di elaborare i suoi insegnamenti riferendosi costantemente a metodi pratici per iniziare.

Baba dava grande importanza a tutte quelle pratiche che aiutano la concentrazione nel Divino. Soprattutto favoriva l'uso di Japam , per esempio come la ripetizione del nome del Guru-dio sia in modo udibile che mentale. Tale ripetizione, diceva Baba, potrebbe sembrare meccanica all'inizio, ma essa lentamente trascina la mente nel vortice di una concentrazione in un unico punto. Da un aspetto pratico, il suo scopo è quello di alimentare stabilità emotiva e mentale, e quindi preparare il terreno alla realizzazione di Brahman. (Dio).

Non c'è dubbio che Sri Sai Baba fu l'apostolo dell'amore e che le sue profezie condussero e conducono molti sulla via della bhakti (devozione) per la salvezza. Non una, ma svariate volte egli sottolineò il grande valore che attribuiva alla devozione e resa. "Io sono il legame schiavo dei miei devoti. Io amo la devozione. Se mai una persona si soffermerà su di me nella sua mente e non gusterà cibo prima di offrirlo a me, io diventerò il suo schiavo – così anche se egli brama ardentemente e ha sete di me e tratta tutto il resto come senza importanza." Tale era il linguaggio illuminante nel quale il saggio dava importanza al ruolo dell'amore.

La maggior parte dei devoti s’avvicinarono inizialmente a Shri Sai Baba attratti dai miracoli che comunemente compiva, con straordinaria facilità. Lui li stupiva con questi ma l’unico obiettivo era di portarli ad una vera evoluzione spirituale. Sebbene molti ricercassero in Lui solo lo strumento per soddisfare bisogni materiali o primari, come guarigioni, soldi, matrimoni, figli, ecc. generalmente li accontentava dicendo: «Io do ai miei devoti ciò che vogliono, affinché comincino a desiderare quello che io voglio dar loro veramente».

«La mia gente all’inizio viene da me per ottenere benefici temporali, ma quando questi vengono ottenuti cominciano a seguirmi»; eppure una volta ebbe a dire, indicando un albero di mango ed intendendo i suoi devoti: «Che splendido raccolto sarebbe se tutti i boccioli diventassero frutti, ma è così? Pochi rimangono».

Infine molti devoti ebbero effettivamente la realizzazione del Sé; molti di essi descrissero che Shirdi Sai Baba poneva loro la mano sopra il capo, ed essi potevano fare esperienza di cambiamenti spirituali molto intensi godendo di momenti di estasi e profonda pace.

Egli stesso era solito ripetere: "Sai non è questi tre piedi cubici e mezzo di corpo visibile dimorante a Shirdi". Ed anche: “Io non ho residenza, io sono l'assoluto senza qualità. L'azione del karma, mi coinvolse e venni in un corpo. Il mio nome è il Dehi incarnato. Il mondo è la mia dimora. Brahman è mio padre e Maya è mia madre. Tramite la loro unione io ebbi questo corpo". E ancora: "Coloro che credono che io risieda a Shirdi non conoscono il vero Sai quindi io sono senza forma e ovunque".

Morì improvvisamente il 15 ottobre del 1918 mentre era seduto assieme ai suoi devoti, in profondo Mahasamadhi. Semplicemente reclinò la testa sulla spalla del devoto che gli sedeva vicino e spirò.

Alcune frasi di Shirdi Sai Baba:

“Queste persone vogliono trovare Dio, Brahman, in questi libri. Non leggere libri ma tienimi nel tuo cuore; se tu unisci ed armonizzi la testa ed il cuore, ciò è sufficiente”.

“Per ottenere Dyana (meditazione) meditate su me, sia nella mia forma sia senza forma, il che vi darà ancor più gioia.”

“Demolite il muro di differenza che vi separa da me. Il senso di separazione, come io e tu, è la barriera che separa il discepolo dal maestro e fino a che questa non è distrutta non è possibile raggiungere lo stato di unione (yoga).”

Alcune sue considerazioni ci ricordano Kabir: "O fratello, come puoi mai pensare al Signore come a due Essi distinti? Perché mai erigesti la muraglia del dubbio attorno al Suo nome? Egli è l'unico Creatore da cui sprizzò l'intero cosmo, eppure alcuni l'adorano soltanto se il suo nome è Râma, ed altri se invece è Rahîm". "Per me Râma, Rahîm, e Keçava sono tutti verità[...] Il nome del Signore attrae il Kâzi che osserva il suo digiuno e il Mullâh che prega prostrandosi a ovest, ed il fedele hindu, che volge le sue orazioni levante. Ma nessuno di essi osa avventurarsi oltre il Tempio e la moschea, perché tutti han smarrito al strada. Stolti, non sanno ch'Egli non dimora nel Tempio, né sotto le cupole della moschea, poveri ciechi, che non vedono

 
 

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