RAMANANDA ED IL SUO INSEGNAMENTO OLTRE LE CASTE
Ramananda fu un poeta vaisnava indiano vissuto nel XIV secolo nonchè esponente del movimento religioso dei Sant. Visse nel nord dell’India lungo le rive del fiume Gange e viene riconosciuto come fondatore della Ramanandi Sampradaya, la più grande comunità monastica indiana dei tempi moderni.
Nato da famiglia bramina, Ramananda trascorse la maggior parte della sua vita nella città santa di Varanasi. Non si hanno molte informazioni sulla sua nascita e morte, ma alcune testimonianze storiche suggeriscono che sia stato uno dei primi Sant ed una figura pioneristica del movimento Bhakti sviluppatosi nell’India del Nord tra il XIV ed il XV secolo (periodo in cui governavano i mussulmani).
La versione maggiormente accettata della sua vita, lo dice nato a Prayag (località oggi nota come Allahabad) da Sushila e Punyasadan. Un’altra versione pone il suo luogo natale nel Sud dell’India da cui si trasferì a Varanasi per diffondere il movimento Bakhti già presente a Sud.
Ramananda studiò molto giovane presso Raghavananda, un insegnante Vedanta Vaisnava. Successivamente andò in pellegrinaggio nel Sud dell’India e quando tornò, i suoi compagni di studio non gli permisero di unirsi al loro gruppo sostenendo che durante la sua lunga assenza lui non avesse onorato le strette regole relative all’alimentazione ed ad altri rituali. Questo fu un grave colpo per lui che decise di proseguire il suo cammino da solo dedicandosi a pratiche molto dure a Varanasi, lungo le rive del Gange. Egli diede la propria interpretazione sull’abbandono e la devozione all’anima suprema e numerosi discepoli cominciarono ad accostarsi a lui ed ai suoi insegnamenti.
Alcuni però sostengono che la sua educazione spirituale e filosofica fosse iniziata ancora prima, alla scuola di Advaita Vedanta Adi Shankara e che prima di incontrare Raghavananda avesse studiato anche presso la scuola Vedanta di Ramanuja.
Ramananda accettava discepoli senza imporre discriminazioni in base al sesso, classe sociale, casta o credo. Tra i propri seguaci ci furono non solo appartenenti a caste diverse, ma anche fuori casta, donne (Padmavati and Sursari) e mussulmani. Le sue idee influenzarono profondamente anche il Sikhismo tanto che una delle sue poesie fu riportata nel Guru Granth Sahib, il libro sacro dei Sikh. Tale poesia scritta in Hindi prende spunto da un invito a recarsi al tempio. In essa si afferma la non necessità di entrare in un tempio in quanto Dio dimora nel proprio cuore essendo presente in tutti ed in tutto.
Ramananda era conosciuto per aver scritto molti dei propri lavori in Hindi in modo da renderli accessibili alle masse. Nei suoi discorsi tendeva ad affievolire l’importanza del sistema delle caste e diceva che tutte le caste avevano il medesimo valore davanti agli occhi di Dio.
Egli semplificò l’approccio alla fede ed emancipò le persone dalle tradizionali regole delle caste. Impartì i propri insegnamenti a tutti senza distinzioni di casta e religione, ma non era preparato a prendere completamente le distanze dalle pregresse tradizioni e nel suo testo “Anand Bhashya” non riconosceva ai fuori casta il diritto di leggere i Veda.
Ramananda è ritenuto essere l’autore di molte poesie devozionali, di due trattati in Hindi, ossia il Gyan-lila e lo Yog-cintamani, e delle opere in sanscrito Vaisnava Mata Bhajabhaskara e Ramarcana paddhati.
Era un seguace di Rama e credeva in due grandi principi: il perfetto amore per Dio e la fratellanza umana. Egli fu uno dei principali rappresentanti della fede in Rama nell’India settentrionale che preferì al culto di Krishna e Radha quello più etico e sobrio di Rama-Sita. Egli considerava Rama non solo un redentore ma anche un ideale di rettitudine umana e l’uso del nome di Rama così frequente nel nord per indicare l’onnipotente è da attribuire a lui ed ai suoi seguaci.
Il suo contributo per molti versi unico alla vita spirituale indiana era la volontà di sintesi che emergeva nei suoi insegnamenti. Egli integrava tutto quello che di vero e di valore c’era nella tradizione spirituale Indiana come la filosofia della meditazione (lo yoga sviluppatosi nel Nord e la tradizione Bhakti tipica del Sud) e rigettava tutto quello che era falso, effimero o rigidamente settario.
C’è un detto popolare che dice: “la Bhakti si sviluppò dapprima nella terra Dravida, Ramananda la portò nel Nord e Kabir la diffuse in tutti i sette continenti e le nove divisioni del mondo”.
Ramananda mutuò idee da varie scuole religiose e le rivitalizzò con l’amore e la devozione del cuore: così diede iniziò ad un nuovo sentiero di realizzazione spirituale.
Sebbene Ramananda chiamasse Dio Rama, il suo Dio era il Dio dell’amore e del perdono senza imperfezioni, Dio per lui era l’amato, l’amico ed il Signore del cuore di ciascuno.
Quando Ramananda comprese che un unico Dio era all’origine di tutto, tutte le distinzioni di casta e di credo svanirono per lui che sentì l’umanità essere un’unica grande famiglia in cui tutti gli uomini erano fratelli.
Secondo lui un uomo era da considerare più elevato di un altro non per nascita ma per l’amore e l’empatia che è in grado di dimostrare. Così egli cominciò a predicare a tutti senza nessun tipo di riserva e i suoi insegnamenti fondamentali erano amore e devozione. Egli pose fine all’utilizzo del sanscrito e iniziò a predicare nella lingua parlata dalla gente.
Si narra che i suoi primi 12 (numero abbastanza significativo) discepoli fossero: Ravidasa il ciabattino, Kabir il tessitore (un mistico mussulmano), Dhann il contadino, Sena il barbiere, Pipa, Bhavananda, Sukhanda, Asananda, Surasurananda, Parmananda, Mahananda e Sri Ananda. Alcuni di loro però pare non fossero stati personalmente iniziati da lui ma ispirati dalle sue idee dopo la sua morte.