GIOVANNI COLAZZA "L'EREDE DI STEINER IN ITALIA"
Giovanni Colazza, nacque a Roma il 9 agosto 1877 in una famiglia dell'alta borghesia romana, da cui ricevette un'educazione cattolica. Fu istruito agli studi umanistici e si laureò nel 1902 in medicina e chirurgia all'università La Sapienza.
Cultore dell'esoterismo e delle dottrine massoniche e teosofiche, verso le quali nutriva interessi che condivideva col suo compagno di studi Giovanni Amendola.
Esercitò, con dedizione e grande professionalità, l’arte medica per tutta la vita. Per la sua alta preparazione e la sua abilità diagnostica e terapeutica, divenne rapidamente il medico della comunità internazionale, residente a Roma, e in particolare delle ambasciate, favorito in ciò anche dalle sue molteplici competenze linguistiche (conosceva infatti inglese, francese e tedesco). Il suo amico e discepolo, il grande orientalista Enrico Pappacena, che fu membro del Gruppo Novalis, nel suo libro Di alcuni cultori della Scienza dello Spirito, riferisce come Giovanni Colazza curasse gratuitamente bambini poveri, ospitandoli anche a lungo nella sua casa romana sino alla loro completa guarigione.
L’incontro con il movimento teosofico avvenne presto, nella sua gioventù, sin dalla ufficiale costituzione della Sezione Italiana della Società Teosofica, nel 1902, nella quale conobbe personalità di rilievo come Isabel CooperOackley, Alfred Meebold e Arturo Reghini. Ma, soprattutto, negli ambienti teosofici, egli incontrò la giovane aristocratica russa, Marie von Sivers, divenuta poi Marie Steiner, allora residente in Italia, a Bologna, con la quale rimase in stretta amicizia per tutta la vita.
Egli formò un autonomo gruppo di studio, che si dedicò allo studio del Vangelo di Giovanni, in senso iniziatico e sapienziale. Fu Marie Steiner ad introdurlo alla conoscenza del pensiero di Rudolf Steiner ed a farli incontrare nel 1911. In occasione di quell'incontro, Steiner gli consegnò il libro sull'Iniziazione da lui scritto, tradotto in francese. Secondo la testimonianza della baronessa Olga de Grünewald, Steiner sarebbe venuto in Italia «a conoscere il dottor Colazza perché questi gli era stato indicato dal Mondo Spirituale»con l'intento di affidargli la guida del movimento antroposofico in Italia. Un altro testimone racconta: “Rudolf Steiner era accompagnato da Marie von Sivers, che doveva fare le presentazioni. Lasciando indietro di qualche passo la von Sivers, lo Steiner mosse con passo deciso verso il Colazza, consegnando nelle sue mani senza preamboli un libro. Il libro era in francese e il suo titolo era L’Initiation.”
Così descrisse l’avvenimento Massimo Scaligero nel suo Dallo Yoga alla Rosacroce: “Steiner era venuto in Italia per incontrare Colazza, previa conoscenza del grado della sua personalità, in previsione di un’opera da compiere, in senso rituale e trascendente, con un ristretto numero di discepoli esotericamente qualificati. L’opera avrebbe avuto simultaneamente funzione cosmica, umana e storica, epperò si sarebbe svolta grazie al concorso di Guide visibili ed invisibili dell’umanità, in una città dell’Europa Centrale. Doveva essere il compimento di un rito, la cui entelechia, necessaria al fatidico momento della storia umana, esigeva dai discepoli partecipi un trascendimento assoluto dell’elemento umano e un atto di coraggio per superare la Soglia del Mondo Spirituale e stabilire un incontro là dove è istaurabile, come veicolo di visione, la pax profonda”.
Dall'incontro con l'antroposofia Colazza apprese l'esigenza di seguire pratiche spirituali di concentrazione adatte al contesto occidentale ed all'epoca attuale, molto diverse dai metodi orientali ritenuti ormai anacronistici, coltivando in particolare la «via del pensiero cosciente».
Colazza fu uno dei discepoli più legati a Steiner, il quale - con la fondazione del Gruppo Novalis - gli affidò il compito di dirigere il Movimento antroposofico in Italia. Egli manteneva vivo il legame con il Dottore e con il progredire del lavoro antroposofico con viaggi a Dornach che effettuava a cadenza annuale.
A seguito dell’incontro con Rudolf Steiner, Colazza si convinse della necessità di una diversificazione tra teosofia orientale e occidentale, confusione invece su cui si fondava il pensiero della presidente della società, Annie Besant. Con una conferenza intitolata La respirazione e l’occultismo, Giovanni Colazza rafforzò i concetti espressi da Steiner, sconsigliando l’applicazione di forme orientali di meditazione in chi vive entro organismi fisici non più adattabili alle antiche correnti spirituali e inseriti in un tessuto sociale, quello occidentale, assai diverso, per forma e costituzione, da quello orientale: «Il voler applicare esclusivamente i metodi indiani nel nostro tempo e alla nostra razza, significa non tener conto né dell’evoluzione che ha modificato considerevolmente la possibilità del nostro organismo, né delle nuove correnti spirituali immesse nel mondo».
Giovanni Colazza era persona molto taciturna, ma dotata di straordinario carisma; diversamente da altri esoteristi la sua personalità e il suo stile di vita erano molto anticonformiste e talvolta ‘scandalizzava’ gli antroposofi con le sue frequentazioni femminili, tanto che essi facevano fatica a capire le ragioni della fiducia che Steiner aveva riposte nel medico italiano.
Massimo Scaligero, che fu suo diretto discepolo, rivelò che Colazza, oltre all’incarico di fondare la Società Antroposofica in Italia, ebbe anche quello di sviluppare l’aspetto più squisitamente esoterico dell’Antroposofia, grazie alla sua partecipazione alla “Sezione Esoterica” prima, e alla “Classe” poi. Ancora secondo la testimonianza di Olga de Grünewald, Giovanni Colazza “non solo era il discepolo più caro a Rudolf Steiner, ma la figura più elevata dopo di lui”.
Nel 1916-17 Colazza combattè in trincea – come ufficiale medico di campo - nella prima guerra mondiale. Giovanni Colazza, assieme a Lina Schwarz e ad Emmelina de Renzis, entrambe amiche personali di Marie Steiner, fu tra i fondatori del movimento antroposofico in Italia, e sicuramente la personalità spiritualmente più rilevante e qualificata. Partecipò ai Drammi Mistero di Rudolf Steiner a Monaco prima della prima guerra mondiale. Partecipò anche nel 1922 al Congresso Oriente Occidente di Vienna nel quale Rudolf Steiner tenneun ciclo di 10 conferenze, di particolare importanza, aventi come tema: Polarità tra Oriente e Occidente.
Giovanni Colazza fu, inoltre, il primo medico antroposofico in Italia e, sin negli ultimi anni, cercò di formare con corsi e incontri personali alcune persone qualificate, che erano suoi discepoli e al contempo medici o studenti di medicina.
Data la sua eccezionale qualificazione interiore, Giovanni Colazza fu accolto come membro delle tre Classi della prima Scuola Esoterica di Steiner. Colazza fu uno dei “dodici”, costituenti la cerchia “operativa” più intima di Rudolf Steiner, nonché il grado più elevato, il nono e ultimo, cui partecipavano appunto solo dodici discepoli qualificati del Dottore, della suddetta Mystica Aeterna.
Negli anni 1927, 1928 e 1929, Giovanni Colazza partecipò al Gruppo di UR, fondato per iniziativa del pitagorico ed ermetista fiorentino Arturo Reghini, il quale dopo l’esperienza delle riviste Atanòr e Ignis, a causa delle persecuzioni cui era sottoposto si vide costretto ad affidarne la direzione al giovane Julius Evola. Dietro la rivista UR, si celava un gruppo operativo con incontri rituali ai quali partecipò Colazza, che in quelle riunioni apportava una decisiva forza spirituale capace di animare già con la sua sola presenza – come testimoniò lo stesso Evola, la “catena magica” di tale gruppo operativo. Colazza scrisse diversi articoli sulla rivista Ur, pubblicandoli con lo pseudonimo di Leo (forse ispirandosi al proprio segno zodiacale). I contenuti della rivista sarebbero in seguito apparsi in forma di libro intitolato Introduzione alla Magia come scienza dell'Io.
Dal 1944 iniziò una serrata attività di conferenziere che proseguì ininterrottamente sino alla morte; avendo deciso di non mettere per iscritto i suoi pensieri fu uno straordinario maestro dell’uso della parola e del silenzio.
Morì il 16 febbraio 1953, lasciando un’eredità spirituale straordinaria che fu raccolta e portata avanti luminosamente da Massimo Scaligero.
Mario Viezzoli tenne a meno di un mese dalla scomparsa di Colazza questo discorso:
«Più volte il nostro Amico, come tutti coloro che si distaccano dalla mediocrità, fu oggetto di calunnie e di maldicenza. Pur sapendolo, ed anzi, proprio perché lo sapeva, aveva continuato a prodigarsi amorevolmente quale medico e quale amico per i Suoi più autentici nemici, i quali non sospettavano nemmeno che Egli sapesse la loro vergogna. Era difficile sentirlo pronunziare la parola “amore”, per il semplice fatto che Egli era diventato capace di realizzarlo nella forma più alta. A ragione si poté dire di Lui che avesse raggiunto quel grado di perfezione morale cui accenna la Bhagavad Gita con le parole: “Rinunziare al risultato delle proprie azioni”, nel senso di compiere l’azione morale e subito distaccarsene, affidandola direttamente, si può dire, come reale acquisizione del mondo morale, al ministero degli Esseri della Terza Gerarchia. Tutto quello che possono dire gli amici che hanno avuto la ventura di conoscere e praticare il Dr. Colazza, si può riferire alle manifestazioni della Personalità, mentre ci rimane sconosciuta l’Individualità, di cui abbiamo potuto intuire qualcosa soprattutto attraverso il tono morale della Sua vita e del Suo operare. Ma chi abbia ascoltato le Sue conferenze con una più acuta sensibilità, avrà potuto rilevare il modo del tutto particolare di esporre. Prima di incominciare a parlare, se ne stava alcuni minuti seduto al podio, raccolto in silenzio che rapidamente s’imponeva a tutti i presenti. Si aveva l’impressione che in quel silenzio venisse creata una specie di barriera di protezione contro l’invadenza delle forze del mondo. Poi si alzava calmo e, dopo un’altra pausa, incominciava pianamente l’esposizione. Parlava pacato, senza mai alzare la voce ad alti toni, formando un’atmosfera di attenzione intensa. Il Suo modo di esporre e le Sue pause davano la sensazione che, di volta in volta, prima di parlare, Egli stesse in ascolto, per dare poi veste a quanto aveva udito. Si può dire che in questo si manifestasse una caratteristica della Sua Individualità e di come questa operasse attraverso la Personalità».