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Massimo Mannarelli

IL KANUN. LA LEGISLAZIONE AUTOCTONA DELL'ALBANIA


Il Kanun è un vero e proprio codice di comportamento non scritto che permea le pratiche quotidiane delle comunità locali albanesi e, soprattutto, è il più importante codice consuetudinario albanese, tra i numerosi codici creatisi nelle zone montane dell'Albania nel corso dei secoli.

Le esatte origini del Kanun sono tuttora poco chiare, visto che la totalità dei comportamenti descritti erano già presenti negli albanesi del medioevo se non prima; molti sostengono che nel codice ci sia anche un'influenza greca, retrodatando ulteriormente le sue origini. Tuttavia vi è da notare che nel Kanun molti concetti come l'autorità del pater familias, il diritto alla proprietà privata e la sua integrità, il diritto alla successione e altri aspetti della vita famigliare possano essere legati al diritto latino, mentre rimane indiscutibilmente di origine “illirica” il particolare modo di farsi giustizia.

Esso viene comunque fatto risalire al 1444, anno in cui Lekë Dukagjini, condottiero albanese famoso per la sua tenace resistenza all’Impero Ottomano, ne avrebbe sistematizzato i contenuti. Esso non divenne solo “il codice del popolo albanese”, ma anche il mezzo per unificare attraverso una legislazione di risveglio nazionale una realtà suddivisa in religioni diverse: musulmana, ortodossa e cattolica.

L’Albania è sempre stata una terra di conquista, nonostante il suo territorio impervio l’abbia resa nei secoli difficilmente accessibile agli stranieri e le norme del Kanun e i valori simbolici e sociali che ne stanno a fondamento permettono la fusione dell’identità individuale con la coscienza collettiva di un popolo che resiste alle pressioni esterne.

Fino ai primi anni del Novecento il Kanun è stato tramandato esclusivamente a livello orale e per secoli ha rappresentato il punto di riferimento principale per la regolamentazione di tutti gli aspetti della vita sociale delle comunità locali.

Il Kanun è l’espressione massima del sentimento di reciprocità tribale tra membri dei Fis, il corrispettivo albanese dei clan, legati tra loro da vincoli di sangue. Nel Kanun non vi è distinzione tra diritto pubblico e privato, in quanto i concetti fondanti, cioè la fiducia, l’onore e il legame di sangue, pervadono le norme che stanno alla base di entrambi gli ambiti. Esso regolamenta tutti gli aspetti dell’ordine sociale e delle pratiche quotidiane della comunità, trattando argomenti che vanno dalla divisione dei terreni all’organizzazione del sistema famigliare. È un codice che esprime appieno il sentimento albanese di indipendenza dai dominatori e che rispecchia la fiera durezza delle montagne e del carattere e delle popolazioni che le abitano.

L'ospitalità, che sicuramente ha un'origine più lontana, era uno dei valori principali degli albanesi. Una persona doveva essere ospitata ed onorata ad ogni costo. In molti casi, si finiva per ospitare anche momentaneamente persone "avversarie", appartenenti ad un clan nemico, ma la legge valeva lo stesso anche in questo caso. Infatti, riguardo all'ospitalità, il Kanun sottolinea: «La casa di un albanese è di Dio e dell'ospite». Nel Kanun il valore fortissimo attribuito al sangue lo rende elemento unificante che fa schierare il popolo albanese coeso contro gli invasori.

Dopo aver resistito per secoli al dominio ottomano, il Kanun è ancora presente nella vita del paese, quando quest'ultimo ottiene l'indipendenza nel 1912 ed è proprio in questo anno che un frate francescano originario del Kosovo, Shtjefën Kostantin Gjeçov prova a trascrivere le disposizioni del Kanun, organizzandole in forma sistematica. Quest’ultima versione non è però il Kanun nel significato più ampio del termine, in quanto le disposizioni del codice, tramandate oralmente per secoli, variano da feudo a feudo, ed è quindi impossibile ricostruirle nella loro completezza. Il lavoro del frate si articola, invece, in 12 libri scritti nel dialetto ghego della lingua albanese ed è comunque tramandato anche oralmente visto l'analfabetismo nelle zone remote dell’Albania in cui esso vigeva.

Il Kanun regola da secoli la vita sociale nelle zone più profonde dell'Albania, soprattutto nel nord dove è sopravvissuto soprattutto nella componente cattolico albanese quale spina nel fianco al regime comunista. Ricordiamo infatti che esso, in queste zone, regolarizzava anche i diritti e le immunità della Chiesa in un paese dichiaratosi ufficialmente “ateo”.

Già durante la monarchia albanese, il re Zog lo vede come una minaccia per il potere dello stato e un impedimento per la creazione di un paese moderno. Hohxa, a sua volta, tenta di importare in un ordinamento sociale basato su rapporti tribali di sangue un modello di Stato centralizzato al fine di sopprimerlo senza, però, riuscire mai a sradicarlo, a tal punto che dopo la caduta del socialismo reale albanese il codice torna nuovamente visibil, e le sue applicazioni persistono nelle pratiche quotidiane delle popolazioni soprattutto nel nord del Paese.

Uno dei valori fondanti del Kanun è la parola albanese “besa”, per la quale non esiste un termine traducibile nelle altre lingue. La parola italiana che maggiormente si avvicina al termine albanese è fiducia, ma nell’accezione di fiducia in un ordine conosciuto e accettato da ogni membro del gruppo sociale, nella coesione tra coscienza individuale e senso di appartenenza alla collettività. Sulla besa si fondano i legami sociali importanti, quelli che permettono al popolo albanese di preservare l’integrità della propria comunità locale, nonché il principio dell’ospitalità, che per un albanese è sacra e va sempre rispettata, e quello di onore. Quest’ultimo punto è particolarmente importante perché introduce un tema di cui tanto spesso si sente parlare in relazione al Kanun, ovverosia quello delle vendette di sangue. Il Kanun regolamenta del dettaglio i casi in cui un uomo che perde l’onore debba vendicarsi e in quale modo tale vendetta vada eseguita, soprattutto qualora l’onore sia stato oltraggiato attraverso il versamento di sangue. Nel codice la vendetta non è mai fine a se stessa, ma mira sempre a ristabilire la giustizia che è stata infranta dallo spargimento di sangue. Secondo il Kanun solo il sangue può pagare il sangue, pertanto per ripristinare l’ordine sociale della comunità è fondamentale che la vendetta venga compiuta. Questo meccanismo appare vitale in un contesto in cui vi è l’assenza di un’autorità superiore in grado di imporre obbedienza attraverso ricompense e sanzioni, quale ad esempio l’autorità statale. È necessario quindi che le norme del Kanun siano interiorizzate nella coscienza dei membri della comunità, in modo che vi sia un legame di devozione tale ad esse e alla comunità stessa da permettere il mantenimento dell’ordine sociale senza bisogno dell’intervento di un’autorità esterna. Il modo in cui il Kanun regolamenta le pratiche di esecuzione della vendetta di sangue è estremamente dettagliato. È ad esempio previsto che siano coinvolti solo gli individui maschi della famiglia, escludendo quindi le donne. Inoltre la vendetta può essere eseguita solo quando la persona interessata si trova fuori dalla propria abitazione. È anche contemplato l’atto del perdono, attraverso una cerimonia ben precisa che mette fine allo spargimento di sangue e ristabilisce l’armonia della comunità.

In questo senso la vendetta di sangue sancita dal Kanun si differenzia sostanzialmente dalla faida. Tuttavia oggi il fenomeno delle faide famigliari è pericolosamente diffuso nel nord dell’Albania e viene giustificato dall’importanza che ancora oggi il Kanun assume per la difesa dell’onore dei membri delle comunità locali. Fra l'altro il codice (nella forma in cui è stato raccolto) fissa in maniera rigorosa il diritto di vendicare l'uccisione di un parente, colpendo i parenti maschi dell'assassino fino al terzo grado.

Anche se sarà ufficialmente abolito, il Kanun continuerà senza dubbio a disciplinare la vita degli albanesi.

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