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RASPUTIN TRA SCIAMANESIMO E ORTODOSSIA

  • Massimo Mannarelli
  • 2 apr 2017
  • Tempo di lettura: 7 min

F. Ossendowski scrive nel suo “L’Ombra dell’Oriente Tenebroso” (1923): “Veramente non si poteva negare a quest'uomo un certo potere straordinario. I suoi occhi penetranti acuti e lucenti parevano vedere fin nel cervello degli altri, insinuandosi nell'anima. Aveva la capacità di comprendere e di valutare ciascuno dal primo colpo d'occhio. Era un grande conoscitore degli uomini, dei loro caratteri e desideri e della loro psicologia. Oltre a ciò era un ipnotizzatore potente, possedeva la capacità di suggestione sugli altri e sapeva esercitare l'influenza tanto sugli individui quanto su gruppi interi di gente più o meno numerosa. Possedeva pure la forza del potere e della persuasione nella voce, quella voce sorda, minacciosa, rassomigliante al lugubre sussurro degli alberi in una foresta vergine della Siberia, nella quale passò proprio così romanticamente e così burrascosamente la sua gioventù”.

Quest’uomo Grigorij Efimovič all’anagrafe, poi più conosciuto come Rasputin, nacque nel 1869 in un villaggio della Siberia occidentale in una famiglia di contadini. Egli era solito trascorrere parte delle sue giornate giovanili a contatto con la natura selvaggia siberiana, isolandosi nella foresta dove percepiva, talvolta, strane presenze tra cui in particolare quella di una figura misterica chiamata la “Signora”.

In questi luoghi incontaminati pare che Rasputin fosse riuscito a coltivare una forte carica magnetica che lo portò a potenziare le sue facoltà divinatorie e terapeutiche, doti che lo accompagnarono e resero famoso per tutta la sua esistenza. A tutto ciò si aggiungeva una forte carica sessuale e particolari intimi molto accentuati (il suo pene è addirittura conservato in un Museo di Mosca) che lo portarono ad avere, nel suo villaggio, una cattivissima fama, motivo per cui i suoi concittadini lo soprannominarono Rasputìn, che in russo significa pressappoco “dissoluto, libertino, debosciato”.

A 28 anni, dopo essersi sposato, seguendo la propria inclinazione religiosa sempre più rivolta ad un percorso introspettivo, decise di lasciare tutto per intraprendere la strada dell’anacoreta itinerante come erano soliti fare molti starec. Lo sciamanesimo siberiano praticato da Rasputin subì una forte influenza religiosa in una terra dove la religione cristiana-ortodossa aveva capacità di penetrare su ogni minima componente della quotidianità russa.

Pur non essendoci alcuna prova concreta si sostiene che il giovane Grigorij durante la sua peregrinazione entrò in contatto con una setta cristiana-ortodossa illegale, nota come “setta dei Flagellanti” (Khlysty), che prendeva il nome dalla pratica che avevano i membri di flagellarsi reciprocamente durante le loro orge rituali. I componenti di tale associazione si definivano “Uomini di Dio”, tuttavia tutte le successive inchieste aperte dall’autorità religiosa ortodossa sull’adesione di Rasputin a tale gruppo vennero sempre insabbiate per ordine della zarina e dello zar.

Ossendowski afferma: “La gente pia raccontava che Rasputin possedeva un talento impareggiabile per la preghiera. La sua preghiera era composta di parole semplici e persino incolte, che egli recitava con passione ardente, colla poesia e con ispirazione. Pareva che vedesse davanti a sé l'immagine di Dio e che rivolgesse a Lui delle parole umane, semplici e comprensibili. Un tremito nervoso delle spalle e delle mani, gli spasimi nella voce, certi spasmodici movimenti della faccia, pieni di sofferenza e d'implorazione, le lacrime ed il fuoco dello sguardo facevano un'impressione spaventevole sugli spettatori devoti e mistici. La voce sorda e minacciosa di questo ladro di cavalli acquistava una tale intonazione, suonava di una tale passione, che pareva che qualcun altro, puro e pieno di beatitudine, parlasse attraverso la bocca di quest’uomo”.

Rasputin divenne ben presto famoso per le guarigioni che operava, fors’anche grazie al suo potere ipnotico, e per la facoltà di presagire il futuro come confermato da numerose testimonianze.

Egli intraprese, inoltre, anche due viaggi nel Mediterraneo, in Grecia e a Gerusalemme, e nonostante fosse quasi analfabeta scrisse pure un paio di libri che gli vennero redatti e messi in bella prosa dalle sue due più fedeli ammiratrici, cioè, secondo il Radzinskij, la zarina e la sua più stretta collaboratrice, Olga Vyrubova.

Rasputin divenne nel suo tempo l’uomo più odiato di tutta la Russia dall’aristocrazia e dal clero ortodosso. Le motivazioni di tale antipatia risiedevano in diversi fattori: l’origine contadina, l’incorruttibilità, l’analfabetismo, il sospetto di far parte della setta dei Flagellanti, ma soprattutto il fatto che, come nessuno mai, era riuscito ad entrare nelle grazie dello zar e della zarina, diventando il consigliere segreto di quest’ultima. Tutto ciò permise lui di essere al centro di una vasta rete di intrallazzi politico-economici; inoltre in una terra dove girava un testo come “I protocolli di Sion”, egli disponeva di finanziamenti ebraici, “suggeriva” le nomine di ministri e importanti eventi politici, era contrario alla guerra e da ultimo, ma non per ultimo, conduceva una vita pubblica enormemente scandalosa.

I nazionalisti più accesi lo consideravano una disgrazia per la Grande Madre Russia. Rasputin era riuscito in extremis ad evitare di alcuni anni la Grande Guerra convincendo lo zar a non farsi invischiare in un conflitto nei Balcani, ma proprio quest’azione l’aveva definitivamente reso inviso alla classe politico-militare. Il clero ortodosso poi lo odiava invece perché con il suo indubbio potere personale aveva scavalcato le alte gerarchie e, da semplice monaco itinerante, cioè senza essere un vero e proprio prete, e senza avere alcuna istruzione religiosa superiore, era diventato il preferito nel cuore e nella devozione religiosa dei regnanti e della gente comune. Non si sopportava che indirizzasse occultamente le nomine e le decisioni ecclesiastiche.

Contro Rasputin vennero orditi numerosi complotti ed attentati finchè l’ultimo gli fu fatale. In un primo momento venne aggredito addirittura da alti prelati ortodossi in una chiesa, picchiato e trascinato per i piedi da un carro in corsa. Successivamente una sua ex seguace, passata con il clero ortodosso, lo accoltellò al ventre. Venne poi investito da un’automobile, ma si salvò fortunosamente. Gli furono intentate contro diverse inchieste, venne arrestato, bandito, sorvegliato, pedinato e spiato.

Ma il grande potere di Rasputin poggiava sulla sua capacità di tenere sotto controllo la grave malattia che affliggeva l’erede al trono, il piccolo Alessio, e proprio grazie a ciò era riuscito ad ottenere agli occhi dei sovrani, soprattutto della zarina, un’influenza incancellabile. Il potere “magico” di Rasputin consisteva nell’accumulo di una fortissima carica magnetica che riusciva a riversare sulle persone per raggiungere i propri scopi, anche se non è da trascurare una probabile predisposizione naturale. Rasputin aveva in sé anche la forza selvaggia della terra siberiana: era un uomo pieno di fede sincera, istintiva e violenta: quando pregava, e non mancava mai di farlo, si gettava pesantemente in ginocchio appoggiando curiosamente le mani al suolo. Tuttavia la sua non era la fede dei cristiani ortodossi ma, con ogni probabilità, quella della setta eretica dei Flagellanti, per certi versi molto più vicina ad antichi culti pagani che alla religione di Cristo.

La tecnica grazie a cui Rasputin riusciva ad esercitare i suoi poteri emerge dalla consultazione di alcuni documenti, specialmente quelli scoperti nel 1995 dallo studioso Edvard Radzinskij che porta ad affermare che essa era una specie di magia sessuale basata sulla trasmutazione della pulsione libidinosa in energia nervosa, che Rasputin sintetizzava usando il termine di “affinamento dei sensi”.

In un rapporto della polizia segreta che lo sorvegliava venne scritto che Rasputin - frequentatore anche di prostitute di ogni tipo - era entrato nella camera di una meretrice con due bottiglie di birra e si era limitato ad ordinare alla donna di spogliarsi nuda mentre lui la rimirava. Il Radzinskij, scrittore acuto, ma estraneo alle cose esoteriche, pensò che fosse la prova che Rasputin in realtà fosse impotente. La spiegazione più confacente, invece, è che si trattasse di una tecnica di “amor platonico” tramite cui nella setta dei flagellanti attraverso l’amore di gruppo si sublimava il “peccato”, comprendendo che la bramosia erotica doveva venire portata sì al massimo della tensione, ma poi essere riassorbita nel corpo, al fine di procacciare all’iniziato un forte potere magnetico ed estatico come volevano alcuni culti misterici pagani.

Rasputin inoltre pare si ubriacasse regolarmente riuscendo a smaltire grandi sbornie in poche decine di minuti quando convocato d’urgenza dalla zarina. Qualcuno ha sostenuto che questo tendenza dionisiaca servisse per propiziare degli stati di coscienza alterati e che il suo Io avesse la capacità di sdoppiarsi e di “mettersi da parte” rispetto alla sua fisicità più corporea. Un’altra curiosità è che Rasputin inseguiva una sua dieta particolare: non mangiava mai carne né toccava dolciumi o cioccolatini; era sua premura invece mangiare sempre pesce. Gli ambienti della Chiesa Ortodossa fecero circolare la voce che egli fosse l’Anticristo in persona, un mago nero ed un assassino, nonostante non vi fossero prove alcune sulla veridicità di queste accuse. Tuttavia già nel 1840 la polizia zarista aveva acquisito delle testimonianze circa sacrifici umani e pratica definita “erotismo cannibalico” fatto di aberranti mutilazioni sessuali quali rituali della setta dei Castrati che era molto vicina a quella dei Flagellanti; realtà che subirono repressioni durissime successivamente più da parte del governo comunista che da parte delle chiese ortodosse stesse che avevano appiccicato questa nomea diabolica addosso a Rasputin.

Grigorij Efimovič non morì nel 1916 a Pietroburgo avvelenato dall’arsenico messo nel vino e nei pasticcini ma gli si sparò al petto. I colpi non furono così letali come apparve al suo primo assassino e Rasputin ne approfittò per tentare di fuggire in strada. Qui venne fulminato dalle rivoltellate di un altro congiurato, poi il precedente sparatore si accanì sulla sua faccia con un “rompitesta” di gomma, sfigurandolo. Gettato nel fiume Neva ghiacciato, Rasputin pare che ebbe un ultimo sussulto di vita, poiché il suo corpo congelato venne ritrovato nel gesto di chi era riuscito parzialmente a liberarsi dalle corde con cui era stato legato. Certamente la forte carica vitale del siberiano deve avergli impedito di morire ai primi colpi di pistola.

Morto Rasputin, lo zar e la zarina lo fecero seppellire in segreto sotto l’altare di una chiesa in costruzione. Dopo pochi mesi però, caduti i sovrani, il suo corpo venne ritrovato e disseppellito dalla soldataglia che pensava di trovare sepolte con lui chissà quali ricchezze e distrutto ignominiosamente: durante uno degli spostamenti, il camion che trasportava la bara esumata si ruppe e chi ne aveva la custodia decise di dargli fuoco ai lati della strada accumulando una grande catasta di legna. I comunisti in seguito deportarono i familiari di Rasputin, che morirono di stenti. Solo la figlia maggiore riuscì a scampare alla rovina riparando all’estero, dove sua figlia divenne inconsapevolmente amica della nipote dell’uomo che aveva sparato e ucciso suo nonno.

Rasputin non lasciò un’eredità spirituale e soltanto dopo la perestroijka di Gorbaciov si sono diffuse in Russia iniziative finalizzate a ricollegare Rasputin ad un’ortodossia cristiana pura e integrale andando oltre tutte le ambiguità legate ad un personaggio come lui.

 
 

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