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Massimo Mannarelli

LUIGI MASETTI "L'ANARCHICO A PEDALI"


Fare la storia su due ruote evidentemente è sempre stata prerogativa italiana, anche di quei personaggi che la memoria ha ingiustamente relegato a figli minori, come Luigi Masetti, pioniere della bicicletta riscoperto qualche anno fa grazie a un pregevole volume del professor Luigi Rossi dal titolo “L’anarchico delle due ruote. Luigi Masetti”. Questo personaggio fu considerato il Marco Polo della sua epoca, il primo ciclo-viaggiatore italiano, senza confini e senza paura. Erano tempi in cui fra strade e campi c’era poca differenza, tempi in cui Lombroso chiamava i ciclisti «criminali».

"Non è ancora molto lontano il tempo in cui il ciclista era considerato come un ribelle alle leggi dell'equilibrio, anche da un punto di vista sociale; come un nemico dell’incolumità individuale, anche e soprattutto in senso traslato; come un temerario sovvertitore della pubblica quiete", questo è quello che affermavano certi manuali pratici del ciclismo nel 1903 e, nello stesso periodo o poco prima, anche il nostro anarchico delle due ruote, il veneto Luigi Masetti, fece la sua comparsa nel mondo della bicicletta...

Egli nacque nel 1864 in Veneto, nel comune di Trecenta. Fu velocipedista e pioniere del cicloturismo, autore di grandi imprese di viaggio e di reportage. In quegli anni la bicicletta veniva ancora vista come una sorta di demoniaco mezzo di trasporto, come un temerario sovvertitore della quiete pubblica. Luigi Masetti in sella alla bicicletta si sentiva proprio a suo agio, forse perchè la considerava la degna compagna rivoluzionaria di un anarchico, un anarchico delle due ruote (forse anche per la sua allergia a pagare i pedaggi quando si spostava da uno Stato all’altro) come poi lo definì Eugenio Torelli Viollier, il fondatore del Corriere della Sera. Dal Polesine, sconvolto da malaria e pellagra, Luigi emigrò a Milano e nel 1892, a soli 28 anni, in sella ad una di quelle biciclette ingombranti e pesantissime la cui vista ci farebbe immediatamente affermare: "Con quella non riesco neanche a muovermi di due metri".

Eclettico e inesauribile globetrotter dalle finanze ridotte, durante i suoi viaggi imparò l’inglese, il francese, lo spagnolo e il tedesco - e si mantenne dando lezioni di lingue, per tirare avanti a pane e formaggio, riuscendo a pagare a stento le 35 lire di affitto per il suo appartamento nel quartiere di Porta Genova. Tuttavia vestiva bene e pagava puntuale la retta della facoltà di Giurisprudenza a Pavia dove si era iscritto e frequentava pure il loggione della Scala. Nel 1893, per la sua più luminosa impresa, il «Viaggissimo», come lo chiamarono all’epoca, ricorse a un escamotage: «Quest’anno avevo ideato per le mie prossime vacanze la gita in velocipede da Milano a Chicago e ritorno» scrisse a Eugenio Torelli Viollier, suo ammiratore dai tempi della Torino-Milano e di qualche vittoria allo sprint al Trotter, «ma c’è di mezzo il mare. Ed ecco il gran problema (...): datemi un biglietto da 500 lire o prosciugatemi il mare; ed io vi farò vedere l’utilità pratica del bicicletto con l’andata e ritorno in due mesi circa da Milano alla grande Esposizione mondiale di Chicago». In cambio, «io manderei ogni sabato una breve relazione descrittiva del mio lungo viaggio». Immediato il sì di Torelli Viollier: «Ci piacciono le imprese condite d’audacia e di bizzarria. Accettiamo».

A mezzanotte del 13 luglio, Masetti battezzò Eolo il bicicletto Cappelli e Maurelli, verniciato di bianco. Partì in solitaria dal capoluogo milanese con una mappa strappata da un Atlante scolastico alla scoperta dell'Europa: Francia, Germania, Austria ed oltre 3500 km. A partire dal 1892 il nome di Luigi Masetti iniziò ad apparire su tutti i giornali italiani e non solo. Nel 1893, con poco più di 900 lire, raggiunse Liverpool da Milano e si imbarcò alla volta di New York, la Grande Mela. Dalla città di Staten Island pedalò fino a Chicago per documentare la World Columbian Exposition, la Grande esposizione universale. Per completare la sua impresa Masetti impiegò due mesi al termine dei quali venne ricevuto dal Presidente degli Stati Uniti, Grover Cleveland. Il poeta del bicicletto (come spesso veniva soprannominato), percorse in totale quasi 7000 km di viaggio che raccontò nei suoi reportage inviati al Corriere della Sera. Il ritorno a Milano fu un trionfo.

Masetti è stato il migliore dei sognatori: quello che i sogni li sa trasformare in realtà; dopo quattro anni dalla storica impresa egli fece parlare nuovamente di sè partendo sempre dal capoluogo lombardo pedalò fino ad Aosta e poi lungo tutta l'Italia per imbarcarsi a Brindisi e raggiungere l'Egitto sulla storica pista che seguì Napoleone durante la sua campagna d'Egitto! Salì in cima alla Piramide di Cheope il 2 ottobre e prima di tornare a casa visitò la Palestina e parte del Medio Oriente. L'anarchico delle due ruote non perse neanche l'occasione di praticare l'alpinismo scalando la montagna più alta dell'intera Europa: il Monte Bianco. Il suo viaggio più incredibile fu però quello del 1900 quando, dopo aver raggiunto il Marocco, si rimise sui pedali in direzione della Norvegia e di Capo Nord dove posò la ruota il 14 agosto del 1900. Il grande cicloviaggiatore non si fermò neppure qui e, guidato da uno spirito indomabile e dall'incredibile desiderio di conoscere e sperimentare, proseguì verso la Russia dove incontrò Lev Tolstoj che l'anno successivo sarebbe stato scomunicato dal Santo Sinodo. Dopo la Russia, fu la volta di Costantinopoli, in Turchia.

La mappa delle sue imprese fu questa: 1892: Milano - Europa 3500km; 1893: Milano - Svizzera - Germania - Francia - Inghilterra - Stati Uniti d'America 7000km; 1897: Milano - Egitto - Medio Oriente; 1900: Milano - Marocco - Norvegia - capo Nord - Russia - Turchia 18000km.

Seppur stimato dal Touring Club Italiano che gli dedicò un articolo entusiasta scritto dal trentino Ottone Brentari, la sua fama si eclissò rapidamente dopo quest'ultimo viaggio e più nessuno seppe nulla della sua esistenza; dopo i successi di fine Ottocento, purtroppo, di lui si persero completamente tracce: la mancanza di notizie, già dai primissimi anni del secolo, lascia spazio unicamente alle ipotesi su quale possa essere stata la sua sorte.

Luigi Masetti fu il primo vero cicloviaggiatore italiano che si alimentava di libertà ed incontri con i numerosi personaggi in cui si imbatteva lungo la sua strada, fu il primo avventuriero sulle due ruote della nostra penisola e, come scrisse di lui la magica penna di Brentari: "Il Masetti è un uomo felice". Luigi Masetti non ebbe fortuna perchè l'Italia di allora era esattamente come oggi e a queste imprese non viene mai riconosciuta la giusta importanza. Nel paese natale di Luigi Masetti nulla è stato posto a ricordo di questo grande personaggio e, come scrisse il Ciclo nel 1893: «Se fosse francese sarebbe portato sugli scudi - se fosse americano si sarebbe fatto una sostanza, ma è italiano, non è quindi da stupirsi, se fuor che da pochi il suo viaggio ardito è calcolato un nonnulla».

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