LE ASANA NEGLI YOGA SUTRA
La asana (quelle che alcuni definiscono “posizioni”, ahime!) sono solo uno degli 8 passi che il nostro caro Patanjali ci illustra nel percorso di autorealizzazione che è lo Yoga (anche se molti dei “praticanti” di tale disciplina lo considerano l’unico magari insieme a qualche pranayama).
II termine Asana significa, letteralmente, «posizione seduta» o semplicemente «posizione»: esso indica una postura corporea che contribuisce alla stabilità fisica e mentale e ingenera un senso di benessere. Il termine Asana è pure usato ad indicare una stuoia vegetale, o anche una pelle d'antilope ben conciata, che costituiscono un comodo supporto per sedersi sul terreno.
A testimonianza che il vero Yoga va al di là delle posture del corpo c’è sicuramente il fatto che Patanjali dedichi solo tre sutra agli asana: nel secondo pada (capitolo, la Sadhana Pada) i sutra 46, 47, 48.
Il sutra 46 dice “Sthira sukham asanam” ossia la postura deve essere stabile e comoda. Stiamo quindi praticando un asana quando siamo fermi in maniera “stabile e piacevole”. Non dobbiamo copiare una forma, ma ricercare la nostra posizione che sarà quella dove il corpo diventa silenzioso perchè sta bene, non protesta, anzi è felice di rimanere anche per molto tempo (non siamo noi che dobbiamo adeguarci allo Yoga ma lo Yoga a noi). La “stabilità” riguarda anche l’incontro con la qualità di abbandono, con la capacità di essere in questa condizione, con la possibilità concreta di realizzare il fermarsi. La pratica di un asana sottende anche il Nyama Svadhyaya (ossia lo studio di se stessi): diventa infatti necessario imparare a conoscere i propri limiti, accettarli e fare quegli adattamenti che permettono di andare verso la condizione migliore (cosa più che condivisa da Iyengar come si dice nell’articolo a lui dedicato in questo numero).
Il concetto sotteso in “sthira sukha” è che la pratica dello Yoga deve condurre l’allievo a padroneggiare il suo corpo in una tale maniera che il “sedersi” avvenga naturalmente, cioè senza sforzo, nello stesso tempo in modo” stabile e piacevole”. Obiettivo dello yoga e dell’asana è, quindi, quello di portare il corpo alla perfetta immobilità ed equilibrio, comodità e piacevolezza, e, una volta sciolta la tensione attraverso l’abbandono e la controllata respirazione, fare il vuoto e il silenzio interiore. Una calma del corpo che si riversa in una calma della mente e dello spirito.
La posizione deve essere un piacere, devo dare un profondo beneficio, devo essere contento di avere la possibilità di rimanerci per un certo tempo e, come dice Thich Nhat Hanh, dovrei essere in grado di ripetermi mentre sono nell’asana: “Sono arrivato. Questa è la mia casa”.
Non deve essere presente alcun tipo di competizione nè con noi stessi nè con l’insegnante o con i nostri compagni di pratica.
Nel sutra 47 Patanjali dice: “Grazie al rilassamento dello sforzo e all‘immersione nell’infinito” si domina la posizione.
Patanjali quando parla di asana, dice che l’asana è realizzata compiutamente quando è realizzato “ananta” che vuol dire senza fine, senza confine. Meditare sull’infinito significa abolire i confini dell’ego.
Nel momento in cui rilasso sempre di più muscoli tendo a perdere i confini del corpo: nel rilassamento ma non ho più bisogno di percepire il corpo.
Il sutra 48 parla del risultato delle asana: “Di lì (da questo modo di praticare) risulta l’assenza di assalti dagli opposti”.
Quando i princìpi di cui si è parlato vengono seguiti durante la pratica, non vi è conflitto tra i due opposti: al contrario, essi operano in reciproca coordinazione. Questi due opposti possono essere due tipi di impulsi nervosi, come gli impulsi effettori e inibitori, oppure l’attività simpatica e parasimpatica.
Gli asana sono esercizi fisici che hanno lo scopo di preparare il corpo e la mente per le tappe successive dello yoga, cioè pranayama, pratyahara e dharana. Il corpo e la mente vengono mantenuti in buona salute e allenati, di modo che vi si instaura l’equilibrio (samatvam) necessario alle varie funzioni.
Si ha una specie di ricondizionamento dei meccanismi psicofisiologici del corpo inteso come un tutto. Gli asana sono esercizi fisici che hanno lo scopo di preparare il corpo e la mente per le tappe successive dello yoga, cioè pranayama, pratyahara e dharana. Il corpo e la mente vengono mantenuti in buona salute e allenati, di modo che vi si instaura l’equilibrio (samatvam) necessario alle varie funzioni.
Dopo una lunga e intensa pratica, si raggiunge lo stadio di asanajaya, cioè la perfetta padronanza degli asana: si è in grado di sedere per ore di seguito in un asana meditativo senza provare disagio o disturbo. Fondamentalmente gli asana hanno lo scopo di contrastare l’ahgamejayatva, cioè l’instabilità dovuta a fattori di disturbo (viksepa) nei ritmi tonici del corpo. Ogni squilibrio del tono muscolare viene rimosso mediante la pratica degli asana, poiché questi affrontano alla radice le cause di tale squilibrio, come il tremore dovuto a conflitti emotivi, stress, tensioni, ecc. In questo modo, gli asana plasmano il corpo e la mente, rendendoli stabili e perfettamente in grado di sostenere gli sforzi spirituali nei passi successivi dello yoga.
Grazie alle asana si può stimolare l'apertura dei centri energetici del corpo, i chakra, e in questo modo connettersi con le energie universali.
"Nel battito del suo cuore e nel ritmo del suo respiro, lui (lo yogi) riconosce il susseguirsi delle stagioni e il pulsare universale della vita" B.K.S. Iyengar
In sostanza quindi lo scopo della pratica delle asana è quindi principalmente spirituale. La postura mira a creare uno stato di equilibrio stabile a livello fisico, emotivo, psicologico e mentale.
Nei testi sacri non è prevista alcuna forma di controllo del respiro durante ogni espressione delle Asana, sia nella fase statica che in quella dinamica. L’unica indicazione è di lasciar fluire il respiro in modo spontaneo, facendo in modo che vi sia un’autoregolazione respiratoria in relazione alle esigenze del corpo.
Con riferimento ai loro meccanismi anatomico-fisiologici e ai loro effetti, gli âsana possono essere classificati come segue:
1. asana educativi o correttivi. Questi devono essere praticati allo scopo di allenare e condizionare il corpo e la mente in modo che si instaurino in essi stabilità, pace ed un senso di benessere
2. asana rilassanti. Queste posizioni sono indicate per il rilassamento del corpo e della mente. Tale rilassamento, a sua volta, è di aiuto nell'esecuzione della postura correttiva. Rimuovono le tensioni fisiche e mentali e agiscono a livello della coscienza, favoriscono la pratica degli âsana meditativi e del prânâyâma.
3. asana meditativi. Queste posizioni offrono una postura comoda e stabile del corpo, e quindi una mente ferma per la meditazione o dhyâna.