SRI SARADA DEVI, LA MADRE SANTA
Sarada Devi (originariamente Saradamani) nacque da una famiglia bramina il 22 dicembre del 1853 nel tranquillo paesino di Jayrambati nel Bengala. I suoi genitori, Ramachandra Mukhopadhyay e Shyama Sundari Devi , erano persone povere e suo padre si guadagnava da vivere facendo il contadino e svolgendo l’attività di bramino.
Sarada visse una vita semplice. Fin da bambina era molto affascinata dai racconti della tradizione induista. Come la maggior parte delle bambine di umili origini non ricevette un’educazione formale, ma imparò a servire le persone come ad aiutare la madre nella gestione della casa e nella cura dei fratelli. Durante una terribile carestia nel 1864, Sarada si diede da fare senza tregua per sfamare le persone povere ed affamate. Era molto interessata nei modelli rappresentati dalle dee Kali e Lakshmi che pregava regolarmente. Aveva iniziato a dedicarsi alla meditazione sin da piccolo e molti racconti dicono che ebbe visioni mistiche.
Ramakrishna, bramino presso il tempio della dea Kali a Dakshineswar sin dal 1855 stava praticando forme importanti di rinuncia spirituale quando sua madre e suo fratello pensarono che se si fosse sposato avrebbe avuto più attenzione per cose più pratiche (non stava infatti aiutando finanziariamente la famiglia che ne aveva bisogno). Si racconta che fu proprio Ramakrishna ad indicare in Saradamani la propria futura moglie anche se lei aveva solo 5 anni e lui già 23 (ma questa differenza di età non era cosa inusuale ai tempi in India)
Dopo il matrimonio, Sarada lasciò la propria famiglia e fu affidata alla famiglia di Ramakrishna che tornò a Dakshineswar. Sarada incontrò nuovamente Ramakrishna a 14 anni e passò con lui tre mesi a Kamarpukur. Fu in quella occasione che Ramakrishna diede a Sarada lezioni sulla meditazione e sulla vita spirituale. Ramakrishna spesso raggiungeva stati di illuminazione (samadhi) e molti dubitavano della sua sanità mentale mentre molti altri guardavano a lui come un grande santo. Sarada e Ramakrishna si stabilirono insieme a Dakshineswar nel 1872. Sarada trovava Ramakrishna una persona gentile ed amorevole.
A Dakshineswar, Sarada risiedeva in una piccola stanza nel cosiddetto nahabat (la torre della musica) e rimase lì fino al 1885. Durante questi anni Ramakrishna aveva già abbracciato uno stile di vita monastico (sannyasi) ed il loro matrimonio non fu mai consumato. Ramakrishna presiedeva a cerimonie rituali (Shodashi Puja) dove Sarada Devi veniva fatta sede sul trono della dea Kalì e veniva onorata come la divina madre Tripurasundari.
Secondo Swami Saradananda, discepolo diretto di Ramakrishna, il maestro aveva sposato lei per mostrare al mondo un esempio di matrimonio spirituale. Ramakrishna considerava Sarada un’incarnazione della Divina Madre e si rivolgeva a lei come Sree Maa (Santa Madre) e questo fu il nome con cui lei fu poi conosciuta e chiamata dai discepoli di Ramakrishna.
La giornata tipo di Sarada Devi iniziava alle 3 di mattino. Dopo avere finito le abluzioni praticava il japa e la meditazione fino a mezzogiorno. Ramakrishna le aveva insegnato alcuni sacri mantra e l’aveva istruita su come iniziare le persone e come guidarle lungo il percorso spirituale.
Sarada Devi è da tutti considerata la prima discepola di Ramakrishna. Dopo le ore di meditazione si occupava di cucinare per Ramakrishna e per I suoi discepoli il cui numero era sempre crescente. Nonostante lei rimanesse nell’ombra la sua personalità cominciava ad attrarre molte donne che diventarono sue seguaci.
Durante gli ultimi giorni di vita di Ramakrishna affetto da un cancro alla gola, Sarada Devi lo accudì amorevolmente senza dimenticare di occuparsi anche dei suoi discepoli. Si racconta che dopo la morte di Ramakrishna nell’agosto del 1886, quando Sarada Devi provò a togliersi i suoi braccialetti come era costume per le vedove, ebbe una visione di Ramakrishna in cui egli le disse: "io non sono morto. Sono solo passato da una stanza all’altra". Lei interpretò la visione come se il marito le avesse chiesto di non indossare gli abiti tipici delle vedove.
Anche dopo la morte di Ramakrishna Sarada Devi continuò a giocare un importantissimo ruolo nel nascente movimento religioso che faceva riferimento al marito e rimase alla sua guida per ben 34 anni.
Dopo la morte di Ramakrishna, Sarada Devi cominciò un pellegrinaggio nell’India del Nord accompagnata da alcune sue discepole tra cui Lakshmi Didi, Gopal Ma, e da alcuni monaci seguaci di Ramakrishna. Il Gruppo visitò il tempio Vishwanath dedicato a Shiva a Benares e la città Ayodhya, sacra a Rama. Successivamente fu la volta di Vrindavana sacra a Krishna e secondo alcuni racconti fu proprio a Vrindavana che entrò in Samadhi e da lì le fu riconosciuto il ruolo di guru. Iniziò molti discepoli di Ramakrishna tra cui Mahendranath Gupta e Yogen. Secondo i suoi biografi, chiamarla madre non era solo segno di rispetto perchè tutti quelli che la incontravano sperimentavano il suo atteggiamento realmente materno.
Dopo il pellegrinaggio, Sarada Devi visse sola a Kamarpukur, il villaggio natale di Ramakrishna, in completa povertà e privazione per un anno. Nel 1888, fu invitata a stare a Calcutta dai discepoli di Ramakrishna che non volevano lei vivesse in quelle condizioni di assoluta indigenza. Swami Saradananda le costruì una casetta poi conosciuta come Udbodhan House o Mayerbati ("la casa della madre Santa ") dove passò gran parte dei suoi anni.
A Calcutta fu accompagnata dalle sue discepole e devote Golap Ma, Yogin Ma, Gopaler Ma, Lakshmi Didi e Gauri Ma. Un numero sempre crescente di persone iniziò a porsi sotto la sua guida per avere un’iniziazione spiritual. Altre donne occidentali (tra cui Sister Nivedita e Sister Devamata) divennero a lei fortemente vicine. Swami Nikhilananda, un suo diretto discepolo scriveva sul senso di maternità che lei ispirava: "Sebbene non avesse figli fisicamente, spiritualmente ne ebbe molti”. Lei infatti considerava tutti i suoi devoti come fossero suoi figli.
I discepoli di Ramakrishna le mostrarono sempre una grande riverenza poichè il loro maestro la aveva scelta come suo successore e aveva chiesto di non fare distinzioni tra lui e lei.
Sarada Devi trascorse gli ultimi anni della sua vita tra Jayrambati e Calcutta. Nel mese di Gennaio 1919, si recò a Jayrambati e ci rimase per oltre un anno. Negli ultimi tre mesi la sua salute peggiorò seriamente e quindi tornò a Calcutta. Per i successive 5 mesi continuò a soffrire. Poco prima di morire, diede un’ultima indicazione ai propri devoti: "Vi dico una cosa: se volete la pace dell’anima non guardate le colpe degli altri, guardate le vostre. Impara a rendere tuo il mondo. Nessuno è straniero: tutto il mondo è tuo ".
Morì il 20 luglio 1920 e il suo corpo fu cremato.
Durante la sua vita, la santa indiana fu capace di ispirare sia monaci che laici con gli ideali che il marito le aveva insegnato. Sarada Devi si trovò alla testa di una grande famiglia di uomini e donne che, per la maggior parte, non erano nemmeno lontanamente suoi congiunti. Pur avendo spesso visto il lato peggiore dell'uomo, non perse mai la fiducia nell’umanità sapendo che con l'affetto, la comprensione e l'ammaestramento si poteva superare ogni limitazione.
Era una donna semplice, ma nel pensiero, nella parola e nell'azione era in sintonia con il Divino. Era una vera santa, tuttavia non disse mai di sentirsi tale. Sembrava una donna comune eppure tutto in lei era straordinario.