ISRAELITI D'INDIA
In India si distinguono tre comunità ebraiche insediate in tre aree ben distinte: i Cochin, nel sud del subcontinente, i Bene Israel (Figli di Israele), nella zona di Bombay, e la comunità Baghdadi sita nei pressi di Calcutta. Esistono anche altri due gruppi che rivendicano l'appartenenza ebraica. Il primo è quello dei Bnei Menashe, di lingua Mizo, che vivono a Manipur e nel Mizoram. Essi si sono proclamati ebrei negli anni ‘50 e dicono di discendere dalla tribù di Manasse e di essere stati riconosciuti come appartenenti al popolo ebraico dal rabbino capo sefardita d’Israele Shlomo Amar. Il seondo è quello dei Bene Ephraim (o Ebrei Telogu) piccolo gruppo di lingua telugu, la cui osservanza data dal 1981, tuttavia essi rivendicano la discendenza dalla tribù di Efraim e dicono di aver viaggiato da Israele attraverso Persia, Afghanistan, Tibet e Cina per 1600 anni prima di arrivare nell'India meridionale più di 1.000 anni fa.
Gli Ebrei di Cochin parlano la lingua locale, il malayalam, e si vestono all'indiana. Il loro aspetto fisico è quello delle popolazioni dravidiche dell'India del sud, dalla pelle scura. Le conversioni, forse a scopo matrimoniale, sono state quindi importanti per la formazione della comunità. Caratteristica tipici è di essere divisi, come gli indiani, in due caste:la prima, quella dominante, chiamata degli "Ebrei neri", anche se non si accompagna necessariamente ad una specificità nell'aspetto fisico;
la seconda, quella dei "Meshuchrarim", gli affrancati, che pare siano i discendenti di schiavi locali affrancati dai loro padroni ebrei, che fino al 1932 non avevano il diritto di frequentare le sinagoghe dei loro antichi padroni. Conformemente alla pratica indiana delle caste, i matrimoni tra i due gruppi erano vietati.
Questi due gruppi, che costituivano l'85% della popolazione ebraica nel XX secolo, sono talvolta chiamati malabari, per differenziarli dagli Ebrei bianchi (o pardeshi, stranieri), che costituivano l'altro 15%. I primi gruppo Ebrei bianchi cominciarono ad arrivare a Cochin nel XVI secolo. L’esiguo numero iniziale fu rafforzato da successivi arrivi nel XVII e XVIII secolo. Benché siano considerati, per ragioni geografiche, come appartenenti al gruppo degli Ebrei di Cochin, essi costituiscono in realtà un altro gruppo di Ebrei indiani, con i Malabari, i Bene Israel e i Baghdadi.
I pardeshi discendono sostanzialmente dai rifugiati Sefarditi giunti dalla Penisola iberica nel XVI secolo. Stando alla targa affissa all'esterno, la loro prima sinagoga fu costruita nel 1568. Altri ne arrivarono successivamente dai Paesi Bassi (anch'essi discendenti dei rifugiati di Spagna e Portogallo), seguiti più tardi da ebrei tedeschi Ashkenaziti o mediorientali, sefarditi anch'essi. Nonostante questa varietà di origini, i pardeshi hanno costituito un gruppo omogeneo, la cui pratica religiosa era sefardita con qualche componente ashkenazita.
L'arrivo degli olandesi verso il 1660 rafforzò il piccolo gruppo. I pardeshi costituirono rapidamente una nuova casta, superiore a quella degli Ebrei neri. La superiorità derivava da una maggiore ricchezza, proveniente a sua volta da migliori e più forti connessioni con il commercio internazionale. La pelle molto più chiara e la cultura più occidentalizzata li differenziavano nettamente dagli ebrei neri con cui i matrimoni erano vietati. Ogni gruppo praticava il proprio culto in sinagoghe separate.
È evidente che il sistema castale indiano, pur rispettando la libertà religiosa, ha contaminato tutte le comunità religiose che si sono installate nel Kerala. I cristiani di San Tommaso, i musulmani e gli ebrei hanno riprodotto il sistema delle caste. Ciò si nota anche nei cristiani bianchi e neri e nei musulmani aschraf (divisi a loro volta in thangal, arabi e malabari) e ajlaf. Questi gruppo sono endogamici e non commensali, anche se - agli occhi degli indù - ebrei, cristiani e musulmani non erano che altri jati (una sorta di corporazione).
Questa rigida divisione interna alla comunità sarà del resto ripetutamente condannata dalle autorità religiose ebraiche, fuori da Cochin.
In mancanza di strutture religiose che potessero formare dei rabbini, le comunità di Cochin non ne avevano ed erano governate da anziani sul modello dei panchayat (governi di villaggio) indiani. Il rapporto con il raja e, poi, con gli europei colonizzatori, era gestito da un capo tradizionale, il mudaliar.
Le comunità di Cochin, che contavano nel 1945 circa 2.500 membri, finirono per emigrare in massa in Israele nel 1948, e in India rimasero solo anziani che si rifiutavano di cambiare ambiente e modo di vivere. Nel 1951, l'85% degli Ebrei di Cochin era emigrato. Il numero dei rimasti ha continuato a diminuire, passando da 370 nel 1951 a 112 nel 1971, a 50 nel 1982, a 20 nel 1992. In Israele, sarebbero fra 5.000 e 8.000 nel 2005.
I particolari della loro storia sono difficili da ricostruire, in quanto la maggior parte dei documenti sono andati distrutti nei raid arabi o portoghesi.
I Bene Israel - i figli di Israele - sono un gruppo di Ebrei che, a metà del XX secolo, vivevano principalmente a Bombay, Kolkata, Delhi e Ahmedabad. La loro lingua madre era il marathi.
I Bene Israel affermano di discendere da Ebrei sottrattisi alle persecuzioni siriane in Galilea nel II secolo. Alcuni affermano anzi di discendere dalle Dieci tribù perdute d'Israele. Essi ritengono che i loro antenati siano arrivati nel Konkan (la costa a sud di Bombay) in seguito ad un naufragio e che i sette uomini e sette donne sopravvissuti sarebbero all'origine della popolazione attuale.
In pratica, non disponiamo di fonti documentarie che permettano di sapere da quando la comunità vive in India. Fisicamente, i Bene Israel sono in tutto simili agli altri abitanti del Maharashtra, il che indica che si sono mescolati alla popolazione locale, della quale condividono anche l'abbigliamento. Questo forte grado di assimilazione fa pensare che la comunità risieda in India da gran tempo.
Si sa che mercanti ebrei provenienti dall'Europa viaggiarono nel Medioevo fino all'India per i loro commerci, ma non si sa con certezza se ebbero sedi permanenti in Asia meridionale. Nel XII secolo, Abraham ibn Daoud fa un riferimento, purtroppo assai vago, ad una comunità ebraica indiana, che però resterà senza eco per molti secoli.
I Bene Israel furono scoperti e identificati come ebrei nel XVIII secolo da mercanti arrivata da Baghdad. Arrivarono poi abbastanza presto, nel XVIII e XIX secolo, ebrei di Calcutta (i Baghdadi) e di Cochin per provvedere alla loro educazione religiosa.
In quell'epoca i Bene Israel erano conosciuti come una casta di spremitori d'olio (telis). Erano distinti dalle altre caste che svolgevano lo stesso lavoro con il nome di Shanivari telis, dove Shanivar vuol dire "sabato", per indicare che essi rispettavano lo Shabbat.
I loro patronimici sono basati sul nome del villaggio d'origine a cui si accompagna il suffisso kar (per esempio Penkar: dal villaggio di Pen). È stato identificato più di un centinaio di nomi di villaggi, che dà un'idea della ripartizione storico-geografica della comunità.
Quando i Bene Israel, nel XVIII secolo, entrarono in contatto con gli Ebrei di Cochin e i Baghdadi (che provenivano da Baghdad, ma alcuni dei quali si stavano insediando a Calcutta), erano una comunità che aveva conservate solo alcune tradizioni ebraiche: non avevano rabbini, ma capi religiosi ereditari, provenienti dalle famiglie Jhiradkar, Rajpurkar e Shapurkar, chiamati "Kaji" ou "Kazi"; non avevano alcun testo religioso e avevano dimenticato l'ebraico; non utilizzavano per definirsi il termine "ebreo", ma "Bene Israel", cioè "figlio di Israele"; praticavano lo Shabbat ed alcune feste ebraiche; credevano in un unico Dio, il Dio di Israele; praticavano la circoncisione dei figli maschi; avevano alcune regole alimentari di origine ebraica.
Furono queste pratiche rituali a permettere di identificarli come ebrei, ma non senza dubbi circa la loro "purezza".
Come per gli Ebrei di Cochin, è stato probabilmente il sistema indiano delle caste (che non consente matrimoni misti) a consentir loro di durare come comunità in un ambiente che li avrebbe altrimenti assimilati.
Come gli Ebrei indigeni di Cochin, anche i Beni Israel erano divisi in due gruppi: i Gora, o "bianchi" - la grande maggioranza - che si supponeva fossero di ascendenza "pura", e i Kala, o Kalu o "Neri", meno numerosi e che si supponevano discendenti da unioni miste o adulterine. Va notato che i termini "bianchi" e "neri" non implicavano alcuna differenza sul piano dell'apparenza fisica. Facevano invece riferimento ad uno status sociale superiore o inferiore (nel sistema indiano delle caste, o Varna - che vuol dire colori - il bianco è il colore delle caste superiori, raggruppate nel Varna dei brahmani, e il nero il colore dei contadini, i Sudra). Anche questi gruppi seguivano la pratica indiana dei matrimoni endogamici, tuttavia i componenti di entrambe le sottocaste si consideravano appartenenti alla stessa comunità, e condividevano gli stessi luoghi di culto.
Dal XIX secolo ebbero anche contatti con l'importante comunità sefardita dello Yemen, che era da gran tempo un'importante fonte di testi sacri per gli Ebrei di Cochin. L'intensificarsi di questi contatti spiega la progressiva perdita di rilievo, fino alla scomparsa, dei capi tradizionali (i kaji). Per molto tempo, il governo religioso dei Bene Israel è stato esercitato soprattutto da Ebrei Baghdadi, di Cochin e dello Yemen, e sotto la loro influenza i Bene Israel optarono per il rito sefardita, con alcune particolarità proprie della loro comunità.
Gli Ebrei ortodossi non persero tuttavia le proprie riserve nei loro riguardi, soprattutto per la loro lunga ignoranza della legge ebraica. Così, per esempio, i Baghdadi di Calcutta non facevano matrimoni, con loro.
Un altro importante fattore di modernizzazione della comunità fu il contatto con i missionari britannici. Questi avevano tradotto la Bibbia in marathi e fondato scuole in lingua inglese, il che spiega la relazione piuttosto forte tra i Bene Israel e il potere coloniale britannico, che per questa piccola casta indiana, modesta e isolata, rappresentò un'importante apertura verso il mondo.
Se non si sa molto dei Bene Israel prima del XVIII secolo, la loro storia è meglio conosciuta a partire da quest'epoca.
Partiti dai loro villaggi sulla costa nel distretto di Kolaba, oggi Raigad, si stabilirono progressivamente nelle città del Maharashtra, in particolare a Bombay (talché a volte sono chiamati "Ebrei di Bombay"), ma anche a Delhi e a Karachi, nell'attuale Pakistan. La prima famiglia di cui si conosce l'arrivo a Bombay, nel 1746, è quella dei Divekar ("dal villaggio di Dive"). La prima sinagoga dei Bene israel fu fondata appunto a Bombay alla fine del XVIII secolo.
Poi, molti di loro entrarono nell'esercito britannico, e alla fine del XIX secolo molti divennero piccoli funzionari o impiegati dell'amministrazione coloniale. Questa evoluzione sociale fu il frutto dell'educazione nelle scuole missionarie britanniche, ma anche dell'influenza degli Ebrei di Cochin e di Calcutta, assai presenti nel commercio internazionale. Fu, questa, un'evoluzione sociale importante, per l'antica piccola e isolata casta di premitori d'olio - dalla quale, a partire dal XX secolo, cominciarono ad emergere anche medici e avvocati.
Nel 1875, i Bene Israel fondarono una "scuola israelita" di lingua inglese, la prima scuola "moderna" della loro comunità.
Si stima che i Bene Israel fossero circa 6.000, attorno al 1830, 10.000 al passaggio del secolo, e circa 20.000 nel 1948, quando la loro comunità era la più numerosa tra quelle indiane.
In seguito, il loro numero cominciò a ridursi, per ondate migratorie verso Israele, gli Stati Uniti, il Canada e il Regno Unito. Oggi sarebbero, in India, meno di 5.000.