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Massimo Mannarelli

LE SCOPERTE DI ALHAZEN NELLA SCIENZA OTTICA


Alhazen (il nome arabo è Ibn al-Haytham), straordinario scienziato e teologo, inventore e filosofo, nasce a Bassora nel 965, prosegue gli studi a Baghdad (si, proprio quella Bassora e quella Baghdad che abbiamo sentito citare tante volte, quando venivano bombardate durante la guerra Iran-Iraq del 1981-89 e durante la guerra del Golfo del 1991), vive prima al Cairo, poi in Spagna, poi ancora al Cairo, dove muore nel 1039.

A Bassora dopo aver sentito parlare delle inondazioni del Nilo progetta un sistema di dighe per evitarle. Il califfo al-Hakin lo invita in Egitto ad attuare il suo progetto, che però vien abbandonato da Alhazen che per sfuggire all’ira del califfo deve rimanere chiuso in una casa del Cairo per molti anni. Tanto per occupare il tempo, si mette a tradurre in arabo le opere scientifiche greche, soprattutto di Euclide e Tolomeo, perfezionandole, correggendone gli errori, e aggiungendo le sue osservazioni, come diremmo oggi, “sperimentali”. Alhazen scrive un centinaio di opere fra traduzioni dal greco e opere originali, fra cui la gigantesca “Ottica”, sopravvissute in migliaia di manoscritti e tradotte e commentate in occidente, in latino ed ebraico, già nell’undicesimo, dodicesimo e tredicesimo secolo.

Non solo gli studi di Ibn al-Haytham hanno posto le basi per la comprensione moderna di lenti, retina e nervo ottico, così come i meccanismi della visione e della percezione; ma anche il sistema visivo, il cui schema visto dall’alto, mostra i nervi ottici che collegano i bulbi oculari al cervello.

Il suo contributo principale riguarda la rifrazione della luce, un fenomeno studiato da Tolomeo, il cui “Almagesto”, l’opera grande, viene tradotta, commentata e approfondita da Alhazen. Il fenomeno della rifrazione è quello per cui quando la luce raggiunge una superficie trasparente in modo non perpendicolare non prosegue in linea retta, ma subisce una deviazione. Alhazen osserva correttamente il rapporto, costante, fra l’angolo di incidenza con cui il raggio di luce raggiunge la superficie trasparente e quello di rifrazione, con cui il raggio di luce prosegue il suo cammino. Misura tale rapporto per molti corpi trasparenti, fra cui il vetro, l’acqua e l’atmosfera, e oggi, a mille anni di distanza, la misura dell’indice di rifrazione permette di svelare molte frodi alimentari nonchè di progettare e migliorare i vetri commerciali.

Alhazen è il primo a riconoscere che, quando l’ultimo bordo del cerchio del Sole scompare all’orizzonte, il Sole è già 19 gradi al di sotto dell’orizzonte stesso: per il fenomeno della rifrazione della luce attraverso l’atmosfera, la luce solare continua ad arrivare al nostro occhio anche quando il Sole “non c’è più”. Alhazen spiega correttamente che, sempre per fenomeni di rifrazione della luce attraverso l’atmosfera, i corpi appaiono “più grandi” quando sono vicino all’orizzonte e spiega come si forma l’arcobaleno che ci incanta con i suoi straordinari colori.

Un’ulteriore sua scoperta rivoluzionaria per quale tempo è che non è l’occhio ad emanare dei raggi che arrivano al corpo osservato, come credevano tutti fino allora, sulla base dell’indiscussa autorità degli scritti di Ippocrate e Galeno, ma è il corpo illuminato che emana dei “raggi” che entrano nell’occhio. Alhazen immagina, qui sbagliando, che l’immagine si forma nel cristallino e non “rovesciata” sulla retina.

Tuttavia descrive nel modo giusto il funzionamento della camera oscura, uno spazio buio con un buco fatto su una parete ed osserva e spiega che sulla parete opposta al buco si forma una immagine rovesciata dell’oggetto esterno i cui “raggi” entrano nel buco stesso. Anche Ruggero Bacone (1214-1291) che conosce una traduzione latina dell’Ottica di Alhazen approfondisce il problema, anche se la prima camera oscura in senso “fotografico” moderno sarebbe stata costruita solo mezzo millennio dopo.

Alhazen descrive correttamente come arriva e viene riflessa la luce dagli specchi piani e concavi e descrive anche il funzionamento degli specchi ustori, su cui circolavano tante leggende, a cominciare da quella secondo cui Archimede avrebbe bruciato le vele delle navi romane a Siracusa concentrando su di esse, mediante specchi, i raggi del Sole.

La concentrazione della radiazione solare mediante specchi sta alla base di alcune tecniche per utilizzare a fini energetici la radiazione solare. Alhazen osserva anche dove e come la luce solare viene concentrata quando passa attraverso una sfera trasparente, fenomeno utilizzato ancora oggi nei solarimetri di Campbell, gli strumenti con cui si misura il numero di ore di insolazione di un territorio, altro strumento essenziale per la bioarchitettura. Per inciso per stabilire il punto esatto in cui la luce solare si concentra passando attraverso una sfera, Alhazen riesce a risolvere un’equazione di quarto grado, la prima della storia. Lo studio delle lenti e degli specchi getta le basi per l’invenzione degli occhiali, che però avrebbe dovuto aspettare altri cinquecento anni. Alhazen riesce perfino a capire che quella della Luna è “luce secondaria” cioè non è emessa dal corpo, ma deriva dall’essere colpita dalla “luce primaria”, quella del Sole.

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