I MIRACOLI PUTATIVI DI SATHYA SAI BABA
Satyanaryan Raji (1926-2011) nasce a Puttaparthi nell’Andra Pradesh (India del Sud). A quattordici anni entra in uno stato di esaltazione al termine del quale, il 23 maggio 1940, annuncia “Sono Sai Baba”, assumendo lo stesso nome di un santo asceta, Sai Baba di Shirdi (1856-1918). Successivamente nel 1963 afferma di essere anche l'avatar (incarnazione) sia del dio Shiva che della sua consorte Shakti.
Sempre nel 1963 sorge l'Organizzazione Sathya Sai, organizzazione spirituale non-religiosa e senza fini di lucro o di proselitismo, attualmente attiva in 137 nazioni, fondata con lo scopo di aiutare le persone a «riscoprire la propria natura divina». Sathya Sai Baba afferma più volte di non voler fondare una nuova religione, né una setta o un nuovo credo, o di volere raccogliere proseliti; nonostante sia nato in un contesto induista, il suo messaggio è da intendersi come universale e rivolto indistintamente ai fedeli di tutte le religioni, a cui raccomanda la sincera adorazione di Dio nelle forme e nei mezzi propri di ciascuna religione. Cardine del suo insegnamento è l'unità delle religioni e delle discipline spirituali, concepite come strade differenti verso l'unico Dio.
La sua fama si diffonde anche grazie agli sforzi filantropici come la costruzione di scuole e un ospedale e l'esibizione pubblica di presunti miracoli e guarigioni divine. Tuttavia va detto che parallelamente alla popolarità per la sua filantropia, il guru scatena diverse polemiche nate dallo scetticismo sulla veridicità dei suoi “miracoli” ed altre accuse varie.
Il suo insegnamento si fonda sul concetto che l'uomo sia essenzialmente divino e che debba quindi impegnarsi a riscoprire la propria natura divina. Afferma che l'essere umano, per potersi definire tale, dovrebbe vivere secondo cinque valori principali, i cosiddetti valori umani, presenti – seppur in modo latente – in ogni individuo: verità, amore, pace, rettitudine e non-violenza la cui costante e progressiva riscoperta e messa in pratica costituisce la vera essenza della ricerca spirituale.
Sathya Sai Baba – come è normalmente chiamato in India (per distinguerlo da Sai Baba di Shirdi) – invita a tornare alle scritture tradizionali dell’India e a sperimentare Dio come stato di coscienza superiore, che è già dentro di noi e che può essere raggiunto non tanto attraverso la conoscenza, ma per mezzo di un’esperienza diretta non disgiunta dal compimento del proprio dovere e dal servizio reso agli altri. Dio, pertanto, non è un’entità esterna separata dall’uomo, ma uno stato di consapevolezza che si può raggiungere tramite determinati strumenti. Per il maestro indiano non è importante il credo religioso – la sua è, insieme, una “spiritualità senza religione” e qualche cosa che si presenta come sintesi di tutte le religioni – ma il dharma, il compimento del dovere.
Molta importanza è data al canto devozionale (bhajan) e alla preghiera (con la ripetizione dei mantra), al servizio altruistico disinteressato (seva) e allo studio della spiritualità attraverso i testi sacri e spirituali di ogni tradizione o cultura.
La popolarità di Sathya Sai Baba in Occidente fu dovuta in buona parte all'opera dei mass media e al loro interesse non tanto verso il suo messaggio e le sue opere, quanto verso la presunta sovrannaturalità di numerose azioni, episodi ed eventi. L'influenza del santone indiano crebbe grazie anche alle simpatie dell'alta società prima indiana, poi internazionale: viene, infatti, considerato il "guru dei Vip" perché molte celebrità (rockstar, politici, attori di Hollywood e campioni sportivi) rimangono affascinate dalla sua persona.
I fedeli considerano Sathya Sai Baba un avatar integrale (purnavatar), come Krishna. Nella storia sono comparsi anche amshavatara, avatar “parziali”, tra cui Gesù Cristo, Ramakrishna e Aurobindo. Contrariamente ad altri maestri indiani – che considerano i miracoli come appartenenti a una sfera inferiore – Sathya Sai Baba affida la prova del suo carattere di avatar ai segni straordinari o siddhi. Offre ai seguaci ogni sorta di miracoli, sia nel regno psichico (chiaroveggenza, profezie, apparizioni a migliaia di chilometri di distanza), sia nel regno fisico. Dalle mani del maestro esce ogni giorno una cenere sacra (vibhuti) cui sono attribuite proprietà miracolose. Il maestro è inoltre ritenuto capace di “materializzare” oggetti di ogni genere: statuette devozionali, anelli d’oro, il linga simbolo di Shiva e perfino monete d’oro che recano, come data del conio, l’anno di nascita del devoto per cui sono state “prodotte”. L' “uomo dei miracoli” viene visto trasformare sabbia in un volume della Bhagavad Gita, sassi in caramelle, fiori in diamanti, e così via. Al di là dei “miracoli” – che, come è inevitabile, rendono Sathya Sai Baba, anche nella stessa India, insieme popolare e controverso – il movimento spirituale che è nato intorno al maestro di Puttaparthi insiste sul superamento dell’individualismo e del particolarismo per arrivare a una Verità separata da qualunque forma specifica.