top of page
Massimo Mannarelli

IL CONCETTO DI "FANA" ALL'INTERNO DELL'ESOTERISMO ISLAMICO


Il concetto di fanāʾ è stato originariamente esposto dal sufi Abū Saʿīd Karrāz (a volte attribuito a Abū l-Qāsim al-Junayd). La dottrina da cui deriva il fanāʾ è stata sviluppata nel 922 mentre i termini fanāʾ e baqāʾ sono derivati dal versetto coranico:

« E tutto quel che vaga sulla terra perisce (fānin), e solo resta (yabqā) il Volto del Signore, pieno di potenza e di Gloria » (Corano, Sura 55)

Fanāʾ è un termine usato nel Sufismo comunemente tradotto con estinzione, riferito a una fase del percorso mistico gnostico. Dal momento che definisce un'esperienza, non c'è una definizione univoca ed esaustiva di fanāʾ. Talvolta vengono presentate per fanāʾ due definizioni parallele ossia il passare tipico del mistico oltre la consapevolezza di tutte le cose, incluso di se stessi, sino all'assenza della consapevolezza di questo andare oltre e alla sua sostituzione con la pura consapevolezza di Dio, e

l'annientamento degli attributi imperfetti (come distinti dalla sostanza) della creatura e la sostituzione di questi con gli attributi perfetti che appartengono a Dio.

Fanāʾ è, infatti, innanzitutto un concetto etico: l'uomo si annienta e prende gli attributi di Dio. Questo è il significato del ḥadīth “qualifica te stesso con le qualità di Dio”, ossia in altre parole: cambia attraverso un costante sforzo mentale (jihād) le tue qualità di base con le meritevoli qualità con cui Dio ha descritto Se Stesso nella rivelazione coranica.

Il fanāʾ può essere descritto meglio come la fase in cui il Sufi si eleva in una mistica unione col divino, rompe la comune distinzione grammaticale fra sé e gli altri, umano e divino, riflessivo e antiriflessivo. Quando qualcuno agisce nel fanāʾ, questi diventa la dimora degli attributi di Dio e fare ciò causa naturalmente la perdita di attributi umani. Fanāʾ (estinzione) e baqāʾ (sussistenza) sono due nozioni collegate in cui fanāʾ precede logicamente baqāʾ. Dei due termini, il concetto maggiormente espresso nella letteratura Sufi è fanāʾ.

Baqāʿ letteralmente significa permanenza, è un termine usato nella filosofia del sufismo che descrive un particolare stato della vita con Dio, attraverso Dio, in Dio e per Dio. È il punto più alto all’interno del misticismo islamico.

La Baqāʿ consiste in tre gradi, ognuno riferito a un particolare aspetto della teofania ossia fede, conoscenza e grazia.

Nella realizzazione del tawhid (affermazione dell'Unicità di Dio), il mistico deve oltrepassare ogni parvenza di autocoscienza individuale in modo da essere assorbito dalla non-esistenza e da sussistere soltanto in Dio e quindi nella verità. Questa non-esistenza coincide con lo stato che l'umanità possedeva al principio dell'esistenza, alla presenza di Dio nell'unione primordiale precedente alla creazione. Il seguente estratto di Jalal al-Din Rumi fornisce una buona analogia per questo concetto “Lascia che il servo sia, rispetto a Dio, come una marionetta… lascia che ritorni, alla fine della sua vita, sino al punto di partenza”.

La figura di Junayd Baghdadi talvolta è relazionata al fanā. Abu 'l-Qasim ibn Muhammad al-Junayd al-Baghdadi (835-910) era un mistico persiano tra i primi santi del sufismo. Egli é una figura centrale nel lignaggio spirituale di molti ordini sufi all’interno dei quali viene spesso definito il " Sultan ".

Egli spiegava il fanāʾ come l'oblio della consapevolezza di sé, la perdita del sè perché ogni esistenza è Dio. Si riporta che Junayd abbia detto "Egli (Dio) annienta le mie costruzioni così come ha costruito me originariamente nella condizione del mio annientamento". È in questo perdere l'unicità dell'individualità che la vera forma di fanāʾ è svelata.

Le tre fasi di fanāʾ e baqāʾ secondo Junayd

1) Oblio degli attributi del sé, in particolare quelli riguardanti opposti desideri;

2) Oblio del piacere dell'obbedienza, tu sei esclusivamente Suo;

3) Oblio dell'autocoscienza, l'essere fisico continua, ma una persona non ha più un'individualità ciclica, imperfetta e dolorosa.

La transazione dall'esistenza alla non-esistenza o esistenza primordiale non corrisponde a un totale annientamento, dal momento che il Sufi non si riduce a un puro nulla. È piuttosto una purificazione dell'essenza del Sufi, portata agli stati supremi dell'essere e infine assorbita in Dio.

Il punto cruciale del passaggio è raggiunto quando il Sufi si libera del suo stesso essere, come un serpente quando muta la pelle, e oblia la sua stessa coscienza di sé. Mutando l'ordinaria percezione di sé - quel sé identificabile da un nome di persona - il mistico raggiunge il vero sé, quello che è uno con Dio in maniera profonda e definitiva. Il baqāʾ generalmente è considerata maggiormente perfetto rispetto al fanāʾ. Baqāʾ è il ritorno al mondo come questo è, non un semplice ritorno a uno stato di pre-fanā, dal momento che la sua esperienza ha fornito al mistico una nuova vista per percepire la sua inadeguatezza e sforzarsi a perfezionarsi. Quando un mistico di ferma al fanāʾ senza il desiderio di tornare al mondo, la sua funzione è quella del profeta costantemente e contemporaneamente con Dio e col mondo, per trasmutare il corso della storia implementando la divina Verità religioso-morale. Solo quando il mistico perde l'identità con se stesso, sperimenta l'identità con Dio.

Coloro che sono entrati in questo stato affermano di non conoscere esistenza al di fuori di Allah e di essere in completa unità con Lui.

Il fanāʾ è un concetto simile a quello di nirvana nel Buddhismo, nel buddismo zen in particolare viene chiamato «spirito-e-corpo-in-caduta» (shin jin datsu raku) ossia unità composta «spirito-corpo». Nell'induismo viene definito come mokṣa e mira all'annientamento del sé. Il fanāʾ può essere ottenuto con una meditazione costante e con la contemplazione degli attributi di Dio e la denuncia degli attributi umani.

Nonostante molte similitudini, fanāʾ non indica l'estinzione della vita individuale, in quanto non rappresenta il mero termine della vita dell'individuo, ma lo sviluppo di una più ampia e perfetta identità, grazie al completo cambio degli attributi ottenuto con l'influenza di Dio. Fanāʾ non indica l'esperienza dell'essere liberati da un doloroso circolo di esistenze, anche perché l'Islam nega l'idea di karma e reincarnazione e accetta la realtà dell'anima individuale.

È una sorta di morte mentale, reale. Chi percorre la Via ne fa liberamente esperienza; è il passaggio finale che lLibera da ogni contingenza tranne quelle relative alla ricerca spirituale; l'obiettivo finale è la Verità.

Il fanāʾ è concepito come uno stato interiore del Sufi che richiede uno sforzo di concentrazione prolungato e sostenuto per spezzare i propri legami e soddisfare le proprie domande e richiamare la verità, tramite azioni, virtù morali e tramite l'intero essere. Questo implica un perfetto controllo interiore: nelle parole, azioni e pensieri.

A questo prezzo si ottiene uno stato spirituale interiore tale da diventare un puro e chiaro specchio in cui le luci della Verità si riflettono in tutto il loro splendore.

Tre sono le strade nel viaggio verso Dio.

La prima è la strada dell'ignoranza, attraverso cui ognuno deve viaggiare. È come una persona che cammina per chilometri sotto il sole con un grosso peso sulle spalle e che, stanco, getta via il peso e si ferma a dormire all'ombra di un albero. Questa è la condizione delle persone mediocri, che vivono accecati dai loro stessi sensi e trasportano il peso delle loro cattive azioni; l'agonia dei loro piedi terreni crea un inferno attraverso il quale devono passare per raggiungere la destinazione del viaggio. Di questi il Corano dice 'Chi è cieco in vita, sarà cieco anche nell'aldilà.'

La seconda è la strada della devozione, che è percorsa da coloro che amano Dio. Dice Rumi 'Si può amare Dio o le persone; dopo la perfezione si è portati di fronte alla Maestà dell'amore'. La devozione è il vino del paradiso, che intossica il devoto sino a quando il cuore non viene purificato da tutte le malattie e rimane solo la lieta visione dell'Amato, che dura fino alla fine del viaggio. 'La morte è un ponte che unisce l'amico all'amico' .

La terza è la strada della saggezza, percorsa da pochi. Il discepolo si disinteressa dei momentanei piaceri della vita, si svincola da tutti i legami terreni e volge il suo sguardo verso Dio, ispirato dalla saggezza divina. Si prende il controllo del proprio corpo, pensiero e sentimento, e si diventa capaci di creare il proprio paradiso dentro di sé, dove si può gioire sino al raggiungimento dell'unione con quello eterno. Abbiamo tolto il velo dai tuoi occhi, e oggi la tua vista è chiara, dice il Corano.

Tutti devono percorrere una di queste strade e alla fine arrivano alla stessa meta. Come detto nel Corano, Dio vi ha sparsi sulla Terra, e in Dio sarete radunati.

51 visualizzazioni

SAVITRI MAGAZINE

 

IL BLOG DI MASSIMO E SIBILLA MANNARELLI

Ogni problema ha tre soluzioni: la mia soluzione, la tua soluzione, e la soluzione giusta.” Platone

bottom of page