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Massimo Mannarelli

DAVID LAZZARETTI "IL CRISTO DELL'AMIATA"


David Lazzaretti nasce ad Arcidosso (Gr) il 6 novembre 1834, secondogenito di sette fratelli. Abitavano umilmente in Arcidosso, nella casa paterna situata proprio sotto l'attuale Torre dell'Orologio. David era un bambino sveglio e vivace. Imparò a leggere e a scrivere grazie al parroco della chiesa di S. Leonardo, un austero tempio di paese, che oggi si presenta non molto differente rispetto ad allora.

Ben presto fu chiamato dal padre ad aiutare la famiglia e si trovò a condurre carri di legna, di carbone e di terra d'ocra alla stazione di Monte Amiata. Fare il barrocciaio fu per David occasione meditativa, consumata al lento ritmo dei sonagli dei muli o dei cavalli. Al termine dei suoi lunghi e faticosi viaggi, diveniva irrequieto e sregolato. Apprezzava molto il vino e le donne, come le donne apprezzavano lui. Spesso era protagonista di risse, nelle quali solo i suoi avversari uscivano malconci.

Nel 1868 ebbe una delle sue crisi mistiche, con visioni di intensa suggestione, che ne modificarono totalmente il carattere e la personalità.

Seguendo il comando trasmesso in una visione da san Pietro, si recò nel Lazio per incontrare Pio IX (1792-1878) e si diede a severe penitenze in una grotta di Montorio Romano, in Sabina.

Si autoconvinse di essere chiamato ad assolvere ad una missione divina ed aderì con tutto il suo fervore alla Chiesa cattolica, con ritiri, digiuni ed altre pratiche ascetiche. Si impegnò, poi, attivamente nella costruzione di un santuario in Arcidosso e di un eremo sul monte Labro, l'altura più meridionale del gruppo del Monte Amiata.

Si proclamò, sempre sulla scorta delle sue rivelazioni, discendente della casa reale di Francia, e attirò alcuni sacerdoti. Nel 1869, dopo che il suo messaggio fu rifiutato nello Stato Pontificio, tornò in Toscana. Fondò un ordine religioso maschile, gli Eremiti Penitenti, una società di mutuo soccorso chiamata Santa Lega – Fratellanza Cristiana, e radunò i suoi seguaci a vivere in comunione di opere e di beni – pur rimanendo ciascuno nella sua abitazione – presso Arcidosso, nella Società delle Famiglie Cristiane, con un centro simbolico costituito dal Monte Labbro. Le autorità si allarmarono e lo arrestarono due volte nel 1871 e 1873.

Dopo questi arresti, venne in contatto con l’ambiente “rivelazionista” francese, che attendeva la restaurazione della monarchia da un Gran Monarca apocalittico. Lazzaretti fu da questi alternativamente considerato l’annunciatore del futuro Gran Monarca, o lo stesso re profetico. Nel 1877, Lazzaretti – chiamato dalla stampa italiana “il profeta dell’Amiata” – si proclamò “re dei re” e annunciatore di una nuova era contraddistinta da “sette città eternali”. Cercò, poi, nuovamente di fare accettare il suo messaggio dalla Chiesa cattolica, ma – convocato a Roma – nel marzo 1878 fu condannato dal Santo Uffizio. Il successivo 9 giugno fece adottare ai suoi seguaci un Simbolo dello Spirito Santo che lo proclama nuovo “Cristo Duce e Giudice”. Egli sosteneva che la Chiesa cattolica avesse esaurito la sua missione e dovesse essere sostituita da una nuova Chiesa “giurisdavidica” inaugurata da una grande processione in cui Lazzaretti, come monarca e giudice del mondo, sarebbe sceso dal Monte Labbro il 15 agosto 1878. Rimandata al 18 agosto, la processione trovò ad attenderla la polizia, rafforzata dai militari, uno dei quali sparando uccise il profeta e a seguito degli scontri che ne derivarono ci furono altri tre morti e una quarantina di feriti. Gli storici oggi, in genere, concordano nel parlare di un tragico equivoco e di uno spargimento di sangue non necessario.

A Siena, nel 1879, il processo si concluse con l’assoluzione dei più diretti collaboratori di Lazzaretti. Il movimento tuttavia sopravvisse nelle campagne intorno ad Arcidosso sotto la guida di “Sommi Sacerdoti”: il primo fu Filippo Imperiuzzi C.O. (1845-1921), un sacerdote cattolico venuto da Roma per seguire Lazzaretti che finì però per tornare nella capitale, mentre un altro sacerdote che aveva avuto un ruolo di rilievo nel movimento, il canonico Giovanni Battista Polverini (1837-1927), era tornato alla comunione con la Chiesa Cattolica dopo la morte di Lazzaretti. A Imperiuzzi successero Cherubino Cheli (1843-1923) e Francesco Tommencioni (1853-1934). La città di Arcidosso conserva amorevolmente la memoria di David Lazzaretti, anche se poche famiglie della zona si considerano ancora fedeli alla Chiesa giurisdavidica, che ha anche patito le vicende romane della Chiesa universale giuris-davidica, realtà del tutto distinta, anche per stile e modalità di azione, dai giurisdavidici di Arcidosso e dei contatti con la quale il gruppo toscano conserva un ricordo non favorevole.

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