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Massimo Mannarelli

IL MOVIMENTO GIURISDAVIDICO DI DAVID LAZZARETTI


Sull'Amiata è l'elemento religioso, più che quello storico, ad aver lasciato segni e figure nella sensibile fantasia popolare.

S.Bernardino da Siena, che celebrò la sua prima messa nel romitorio del Colombaio presso Seggiano, Santa Caterina da Siena, che svolse una delle fasi più attive e contemplative della sua vita a Rocca d'Orcia e a Montegiovi, il beato Giovanni Colombini, la cui salma venne raccolta in circostanze miracolose dai monaci di S.Salvatore, San Filippo Benizi, rifugiatosi nelle boscaglie sopra Bagni S.Filippo (che da lui presero nome) per sfuggire all'elezione a pontefice di Roma nel conclave viterbese del 1269 e, per finire, David Lazzaretti di Arcidosso, che meritò l'appellativo di "profeta dell'Amiata" in quanto protagonista di una singolare avventura religiosa a sfondo sociale (con la creazione della chiesa giurisdavidica), rappresentano altrettanti eventi mistici che in ogni tempo fortemente influirono sull'animo delle genti amiatine, dando concretezza ad una spiritualità, che fa parte ormai dell'ambiente e della cultura locale.

La teologia giurisdavidica nasce da una divisione della storia in tre epoche o leggi: di giustizia (di Mosé), di grazia (di Gesù Cristo) e di diritto (di Lazzaretti) sulla base di quanto sostenuto da Gioachino da Fiore (1130-1201). Con la terza legge sono “tolti dal potere gli abusi e gli abusatori”, cioè i Papi di Roma. Le “false dottrine” abolite dalla Chiesa Giurisdavidica sono il celibato dei sacerdoti, la confessione auricolare, l’eternità della permanenza dei malvagi nell’Inferno, la complessità dei riti romani sostituiti da un semplice culto di adorazione che, dopo la morte di Lazzaretti, si è progressivamente evoluto assumendo elementi del culto protestante. Caratteristico sua fede (come la cresima cattolica) e si pratica con l’impressione a fuoco sul petto di un sigillo costituito da due lettere C contrapposte separate da una croce. In anni ormai lontani, questo rito ha dato occasione a problemi con la giustizia italiana, che si chiedeva se il rito lazzarettista non configurasse il reato di lesioni volontarie.

Il successo che tale dottrina incontrò fra le masse, in particolare fra i contadini, fu grandissimo. Dapprima fu assecondato dal clero e dai vescovi della zona. Non poteva essere altrimenti in considerazione del fatto che quando David predicava a monte Labro, tutte le chiese della montagna rimanevano pressochè deserte. Divenne per tutti coloro che ebbero modo di conoscerlo il "Santo David".

Anche per effetto delle pubblicazioni e dei libri che egli scrisse, la sua notorietà varcò ben presto i confini della regione. Il movimento si estese in Maremma, in particolare a Scansano e nelle campagne intorno a Grosseto, e in modo altrettanto consistente nella Sabina e nel Reatino.

Ma le esperienze più esaltanti di David Lazzaretti, quelle che rappresentarono una forma di concretizzazione del Vangelo cristiano, come ha sostenuto con grande forza padre Ernesto Balducci, furono senza dubbio il campo di Cristo e la Comunità delle Famiglie Cristiane. Si trattava di due esperienze collettive di lavoro comune e di comunione dei beni, con implicazioni sociali di tutta evidenza.

Ottanta famiglie del territorio amiatino si organizzarono, sotto la guida di David, per dar luogo ad un esperimento associativo, che nessuna ispirazione avrebbe potuto trarre dalle prime matrici ideologiche socialiste, allora sconosciute a David Lazzaretti, e non solo a lui. Solo il senso della solidarietà e della fraternità era dunque alla base di questa audace struttura collettivistica, le cui affinità con le filosofie sociali e marxiste rimangono sorprendenti, per non dire precorritrici. Le stesse regole interne contemplavano non solo la distribuzione del prodotto della terra secondo l'apporto lavorativo e secondo il grado di bisogno, ma anche istituti di avanzata democrazia come l'estensione del diritto di voto alle donne, quando ancora ciò non avveniva a livello istituzionale, l'organizzazione di scuole gratuite e obbligatorie, nonchè l'esercizio di funzioni giurisdizionali limitate alle controversie economiche della struttura.

In questo esperimento collettivistico, la straordinaria figura di David Lazzaretti giocò un peso importante: finchè egli rimase a monte Labro le cose funzionarono, ma quando iniziò i suoi frequenti e lunghi viaggi, la comunità cominciò vistosamente a declinare.

Il dissenso con la Chiesa di Roma e con le autorità civili doveva ben presto acutizzarsi, anche per i rapporti che il Lazzaretti teneva in Francia, ove aveva trovato seguaci e finanziamenti. In alcuni suoi scritti, contestava apertamente le ricchezze e gli sprechi del clero e inneggiava ad una "Repubblica" dai connotati religiosi, ma destinata a spaventare gli assetti costituiti. Era l'epoca in cui la borghesia italiana rimaneva sconcertata e intimidita dai primi movimenti popolari, legati in Italia alla pratica del brigantaggio e ai primi scioperi operai, patrocinati dai nascenti sindacati che si andavano organizzando. Dall'estero arrivavano le prime notizie su movimenti marxisti, ancora non ben definiti nelle loro finalità e nelle loro dimensioni.

David Lazzaretti morì ad Arcidosso, sotto il piombo della repressione il 18 agosto 1878, insieme a tre o quattro inermi contadini, che lo seguivano in una processione pacifica e variopinta per la presenza di labari, di tuniche e indumenti colorati e di contrassegni sacri. Non è stato mai chiarito, nelle varie inchieste e indagini susseguite a questo atto repressivo, perché ad attendere David ad Arcidosso fosse presente un militare sconosciuto, certo Antonio Pellegrini, bersagliere in licenza, che non faceva parte della locale stazione dei carabinieri, né delle strutture di polizia della zona. Fu questi che colpì mortalmente David centrandolo sulla fronte. Il Pellegrini fu poi ritrovato cadavere, qualche tempo dopo, ucciso a coltellate in un vicolo di Livorno. La profezia del Lazzaretti (il suo martirio) si era realizzata quel 18 agosto 1878. Il movimento giurisdavidico (che da lui prese nome) fu oggetto di aspre persecuzioni. Oggi è tuttora presente con pochi seguaci nel territorio amiatino, dove è tuttavia profondamente rispettato nel ricordo di un protagonista, la cui buonafede e il cui impegno umanitario sono stati evidenziati dalla rilevante letteratura storica e scientifica che è andata via via producendosi intorno al "profeta dell'Amiata".

La ricerca storica ha ormai dimostrato l'assenza di dolo e di violenza nella predicazione di David Lazzaretti e di contro un eccesso immotivato di persecuzione e di repressione, forse dovute alla ragion di Stato e al dogmatismo religioso dei benpensanti. Fu la paura presente negli assetti economici allora dominanti che determinò il tragico esito dell'avventura lazzarettista. In verità David interpretò, vivendole oggettivamente col martirio, situazioni umane e sociali di gente anelante al riscatto o almeno alla speranza. Simboleggiò per questo la forza della protesta della gente dell'Amiata, le cui condizioni economiche e sociali erano all'epoca estremamente disagiate, incanalando la protesta stessa in un percorso mistico e rivendicativo del tutto originale, che merita oggi un attento studio e una doverosa rivalutazione.

Ma l'interesse e la curiosità intellettuale sull'avventura mistica del profeta dell'Amiata, non si sono spenti, nè attenuati. Anzi sono venuti sempre più intensificandosi fino a spingersi in ricerche e studi di vaste dimensioni, al fine di inquadrare i fatti in termini storici e sociali, tali da poter rispondere a ipotesi superbe e suggestive di vasta portata: la genesi di uno scisma e l'evolversi verso un nuovo credo, una protesta sociale incanalata in un rinnovamento religioso, una cultura subalterna che sperimenta forme comunitarie anticipatrici di una filosofia socialista. Come si vede la materia per studi sempre più avanzati non manca. Per chi intende approfondire questa affascinante storia del "profeta dell'Amiata" potrà trovare un valido supporto visitando il Centro Studi David Lazzaretti, in Arcidosso, e consultando due recenti testi su David Lazzaretti, scritti da Lucio Niccolai, "D.L. Il racconto della vita, le parole del profeta" e "D.L. davanti al Sant'Uffizio" per le Edizioni Effigi, testi che presentano vari elementi di novità documentale e di completezza espositiva.

Attualmente, i fedeli della Chiesa giurisdavidica sono una decina – quasi tutti in età avanzata – e si riuniscono periodicamente per le loro funzioni (cerimonie liturgiche molto povere e semplici) nei casolari e nelle abitazioni intorno ad Arcidosso, dove non svolgono alcuna attività di proselitismo. All’ultimo sacerdote giurisdavidico, Turpino Chiappini (1925-2002), morto il 30 novembre 2002, è succeduto il figlio Mauro, che non ha però il titolo di sacerdote. Qualche volta i fedeli si riuniscono sulla cima del Monte Labbro, ritenuto sacro dai giurisdavidici , dove esiste ancora un modesto locale sotterraneo.

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