AMRITA SHER GIL, LA PRIMA DONNA INDIANA A VIVERE DI PITTURA
Amrita Sher-Gil nasce il 30 gennaio 1913 a Budapest da Umrao Singh Sher-Gil Majithia, un aristocratico Sikh studioso di sanscrito e persiano e da Marie Antoniette Gottesmann, un ebrea ungherese cantante d’opera che proveniva da una influente famiglia Borghese. I suoi genitori si incontrarono la prima volta nel 1912, quando la madre stava visitando Lahore accompagnando la principessa Bamba, matura ed eccentrica figlia nubile di Daleep Singh, ultimo maharaja del Punjab, e della sua prima moglie, Bamba Müller, ufficialmente di nazionalità egiziana.
Sher-Gil was era la sorella maggiore delle due figlie che la coppia ebbe, la sorella più giovane Indira Sundaram (née Sher-Gil) nacque nel 1914 e fu la madre dell’artista contemporaneo Vivan Sundaram.
Amrita trascorse la prima infanzia a Budapest.
Era la nipote dell’esperto di cultura Indiana Ervin Baktay che fu il primo a notare il talento artistico della ragazza durante la sua visita a Shimla nel 1926. Egli cercò di farle coltivare il proprio talent criticandola e dandole le necessarie basi accademiche. Ella era solita dipingere le donne che servivano nella sua famiglia e ascoltando i loro ricordi sull’India fu presa dal desiderio di tornare in India.
La sua famiglia si trovò ad affrontare dei problemi finanziari e nel 1921 si trasferì a Summer Hill, in India e lì lei cominciò a studiare piano e violino. All’età di 9 anni con la sorella dava concerti presso il Gaiety Theatre a Shimla. Sebbene si dedicasse alla pittura dall’età di 5 anni cominciò formalmente a studiarla dall’età di 8 prendendo lezioni prima da Major Whitmarsh che fu più tardi sostituito da Beven Pateman. Fu però espulsa dalla scuola Cristiana che frequentava per essersi dichiarata atea.
Nel 1923, la madre conobbe uno scultore italiano, Giulio Cesare Pasquinelli, che viveva a quei tempi in India e nel 1924 per seguire il suo amante, si trasferì con Amrita e la sorella a Firenze. Qui la ragazzina venne iscritta a una scuola cattolica. La rigidità dell’impronta religiosa dell’istituto le procurò un enorme disagio. Mentre la madre concluse la relazione con il suo nuovo amore, Amrita venne espulsa soprattutto per il vivo interesse per la pittura dei nudi. Anche se questa verrà sempre ricordata da Amrita come una brutta esperienza, lei stessa avrebbe ammesso più avanti di aver ricevuto grande ispirazione dallo studio dei maestri del Rinascimento italiano.
A 16 anni tornò in Europa con la madre per studiare a Parigi prima presso la Académie de la Grande Chaumière con Pierre Vaillent e Lucien Simon (dove incontrò Boris Taslitzky) e successivamente all’École des Beaux-Arts. Si inspirava a pittori come Paul Cézanne e Paul Gauguin, mentre lavorava sotto la guida di Lucien Simon. A Parigi era conosciuta per la maturità della sua pittura difficile da trovare in una ragazza di soli 16 anni ma ancora di più era conosciuta per essere entrata in fretta nell'ambiente bohèmienne degli artisti e per non tirarsi indietro di fronte agli eccessi. Si fa molti amici e anche qualche amante.
Le sue prime opere erano fortemente influenzate da pittori occidentali (specialmente quelli che frequentavano i circoli bohemienne parigini degli anni 30).
Il suo dipinto del 1932 “Young Girls” le fece vincere numerosi premi tra cui la medaglia d’oro e la nomina al Grand Salon nel 1933 (fu la più giovane ad avere avuto questo riconoscimento nonché l’unica asiatica).
Nel 1933, Sher-Gil cominciò ad essere presa da un profondo desiderio di ritorno in India e seguì tale impulso nel 1934. Nel Maggio del 1935, Sher-Gil incontrò il giornalista inglese Malcolm Muggeridge con cui ebbe una intensa relazione. Di lei Miggeridge diceva: “Dipingeva con una fame feroce, sudando mentre lavorava. E̔ l’istinto animale che Amrita in qualche modo trasferisce ai colori, che riesce a mischiare e che poi schizza sulla tela. Il suo senso di pura sensualità era fortissimo e la sensualità del mondo, quindi il crescere delle cose, gli animali, i colori – che erano ciò che davano alla sua pittura una forte vitalità – le provocava un’intensa gioia”.
Nel 1935 tornò in Inghilterra. Riprese a viaggiare nel 1936 su suggerimento del critico e collezionista Karl Khandalavala che la incoraggiò a ritrovare le proprie radici indiane. Nel corso dei suoi viaggi fu molto impressionata ed influenzata dalla pittura Mughal e Pahari.
Nel 1937 attraversò il sud dell’India e dipinse la sua “Trilogia del Sud dell’India” formata da Toilette della Sposa, Abitanti di un villaggio del sud che vanno al mercato e Brahmacharis. Questi dipinti rivelano il suo senso del colore e la sua appassionata empatia per i soggetti indiani spesso rappresentati in povertà e disperazione. Divenne in lei sempre più chiara la sua missione come pittrice ossia rappresentare nelle sue opera la vita della gente indiana. “l’Europa appartiene a Picasso, Matisse, Braque.... l’India appartiene solo a me”.
In questi anni Amrita esponeva in importanti mostre, venne acclamata dalla critica, conobbe personaggi importanti del panorama artistico indiano contemporaneo. Ma soprattutto divenne la prima artista donna in India che fece della pittura il suo mestiere vero e proprio.
A 25 anni sposò il cugino Victor Egan che tra l’altro l’aveva aiutata ad abortire almeno due volte prima del loro matrimonio. Con il marito si trasferì nella casa della famiglia paterna in Uttar Pradesh.
Iniziò così la sua seconda vita artistica e la sua influenza sull’arte indiana fu paragonabile a quella di Tagore e Jamini Roy sull’arte del Bengala. Fu profondamente influenzata dai due Tagore Rabindranath e Abanindranath che erano pionieri della scuola Bengalese e da cui apprese l’uso del chiaroscuro e dei colori chiari.
Durante la sua permanenza a Saraya dipinse “Village Scene”, “In the Ladies' Enclosure” e “Siesta”. Tutti questi quadri raffiguravano scene di vita dell’India rurale. Sebbene acclamata dai critici come la più grande pittrice del secolo non trovò molti acquirenti per le sue opere.
Sebbene proveniente da una famiglia molto vicina al governo inglese Amrita simpatizzava per l’indipendentismo. Era interessata alla povertà e dalla disperazione e i suoi dipinti erano una riflessione sulla condizione umana della povera gente Indiana e soprattutto delle donne. Era anche particolarmente attratta dalla filosofia e dallo stile di vita di Gandhi. Nehru fu affascinata dalla sua bellezza e dal suo talento e quando andò nel Gorakhpur ad ottobre del 1940, le fece visita. I suoi dipnti sulla povera gente furono anche usati per fare propaganda politica.
Nel mese di settembre del 1941, con il marito si trasferì a Lahore (a quei tempi indiana) uno dei più importanti centri artistici e culturali.
Amrita era conosciuta per avere avuto molti amanti, uomini e donne e spesso fece loro ritratti.
Nel 1941 all’età di 28 anni pochi giorni prima della sua prima mostra personale a Lahore, si ammalò gravemente e finì in coma. Morì il 6 dicembre 1941, lasciando numerossisime opere. Non furono mai note le ragioni della sua morte. La madre accusò il marito di averla uccisa. Amrita fu cremata il 7 dicembre a Lahore.
La sua famiglia fu perseguitata da una sorta di maledizione (forse il karma) infatti sua madre morì suicida qualche anno dopo la morte della figlia mentre il padre fu trovato cadavere a Delhi alla fine degli Anni 50, dove apparentemente viveva da tempo vagando senza fissa dimora in compagnia di tutti i suoi beni residui: una borsa colma di dotti testi sanscriti e persiani e molte, molte stampe fotografiche.
L'opera di Amrita Sher-Gil, in gran parte custodita oggi alla Galleria d'Arte Moderna di New Delhi, è stata dichiarata Tesoro Nazionale dal Governo indiano, cioè inalienabile al di fuori del Paese; il suo olio del 1938, Scene da un Villaggio, venne battuto all'asta nel 2006 per la cifra record di 69 milioni di Rupie, all'epoca la quotazione più alta mai raggiunta in India da un'opera d'arte.