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NARDO PROFUMO D'AMORE E DI VITA

  • Massimo Mannarelli
  • 29 nov 2018
  • Tempo di lettura: 5 min

Il nardo è un’essenza orientale originaria delle regioni montuose dell’India settentrionale. La pianta del nardo vegeta sui pendii montani dell’Himalaya e da essa si ricavava uno dei profumi più celebri e più pregiati dell’antichità.

Il nardo indiano fu tra i primi materiali aromatici impiegati dagli antichi Egizi come unguento balsamico. Si tratta di una essenza molto densa, dal forte e caratteristico odore dolce e legnoso, molto caldo, intensamente aromatico che, insieme ad altre 10 erbe, era anche impiegata come fumogeno profumante per l'incenso nel Tempio di Gerusalemme. Per il fatto di originarsi ad altissime quote, il nardo era atto a simboleggiare il profumo dell’Amore di Dio, chiamato “profumo effuso” nel Cantico dei Cantici.

Se ne parla anche nel Vangelo di Marco dove si legg: “E trovandosi Gesù a Betania nella casa di Simone il lebbroso, mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro di olio di nardo genuino molto costoso; rotto il vasetto di alabastro lo versò sul capo di lui. Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: «Perché questo spreco di olio profumato? Si poteva infatti vendere quest’olio a più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.

Allora Gesù disse:«Lasciatela stare; perché l’infastidite? Ella ha compiuto verso di me un’opera buona; i poveri infatti li avete sempre con voi, e quando volete potete far loro del bene, me invece non mi avete sempre. Essa ha fatto ciò ch’era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la mia sepoltura. In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato l’evangelo, si racconterà pure ciò che ella ha fatto in ricordo di lei ». (Mc 14, 3-9. Cfr. anche Mt 26, 6-13 e Gv 12, 1-8).

Gesù si trovava, infatti, in un villaggio chiamato Betania, che in ebraico significa “la casa del povero”. Entrato nella casa di Simone il lebbroso trovò lì una donna anonima, rappresentativa di tutte le donne che a quell’epoca erano vittime della società, che gli si avvicinò portando con sé un vasetto di olio di nardo. L’azione che ella compì, ossia quella di versare l’unguento profumato sul capo di Gesù, assume una particolare importanza. E’, infatti, importante innanzitutto perché ci ricorda che Gesù è il messia, l’unto del Signore e poi perché a compierla è proprio una donna. Il suo gesto richiama l’unzione regale, poiché nell’antico Oriente, e anche nel mondo ebraico, il re veniva unto sul capo dall’autorità religiosa (sacerdote o profeta).

Questo particolare, quindi, sta a confermare che nella comunità di Gesù è la donna a svolgere la funzione profetico-sacerdotale; in più, il fatto che quest’olio profumato sia di nardo, ci indica che la donna e la comunità da lei rappresentata riconoscono in Gesù il re e lo sposo. “Mentre il re è nel suo convitto, il mio nardo spande il suo profumo”, si legge nel Cantico dei Cantici (1,12), dove il nardo è simbolo dell’amore della sposa verso lo sposo, verso il re.

Prima di ungere la testa di Gesù, la donna fece una strana azione ossia ruppe il vasetto. Perché questa donna spezzò il vaso quando si sarebbe potuta limitare a togliere il tappo e versare il profumo. Anche questo gesto ha un profondo significato simbolico: Gesù è stato condannato a morte e sta per donare la sua vita: la sua è una vita spezzata. Allora, come Gesù sta spezzando la sua vita, anche quella della donna è una vita spezzata per amore: ella rappresenta la parte della comunità che ha accolto Gesù e con lui e come lui fa dono della propria vita.

Il gesto della donna è qualcosa di più di una consacrazione, è un gesto di amore. Ecco che allora spezza anche lei la propria vita, simboleggiata da questo vaso di alabastro, e unge il capo di Gesù. La donna intuisce l’Amore folle di Gesù e compie un atto esagerato, ma è una risposta alla totalità del dono del Cristo ed egli la raccoglie come un gesto fortissimo e bellissimo (“in tutta la terra verrà raccontato questo episodio”).

Protagonista della scena non è né Gesù né la donna, ma l’alabastro rotto, dal quale esala il preziosissimo profumo. L’evangelista precisa all’inizio che questo profumo di nardo, oltre a essere di gran valore era, letteralmente, “fedele” (pistiké). “Si poteva vendere questo profumo a più di 300 denari”, protestarono alcuni discepoli. Perché c’è questa cifra sproporzionata? E’ ancora una volta nel Cantico dei Cantici che ciò trova un suo significato. Verso la fine di questo sublime poema d’amore possiamo leggere infatti: “Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio” (8,7).

Gesù prende le difese della donna e poi continua: “Vi assicuro che dovunque verrà proclamata la buona notizia, nel mondo intero, verrà detto cosa ha fatto questa donna, in ricordo di lei”.

La donna, ungendo il capo di Gesù, lo conferma re: Gesù è re, perché è libero di donare la propria vita per amore. Una parte della comunità, quindi, accoglie il messaggio di Gesù fino alle estreme conseguenze di fare della propria vita un dono di amore per gli altri. Gli altri, però, erano indignati con lei, con la donna. C’è una parte della comunità che non accetta il morire: sono quelli che seguono Gesù perché pensano di avere con lui i posti d’onore quando conquisteranno Gerusalemme. E dicono letteralmente: “Perché questa perdita di profumo?”. In questo caso, l’espressione “perdita” (apòleia) rimanda al verbo apòllymi che Gesù ha adoperato nella frase: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà”(Mc 8,35). Tutto il discorso è sul dono della vita, e anche a questo riguardo è da considerarsi significativo il fatto che il gesto di spezzare l’alabastro sia affidato a una donna: il dare vita e aprire al futuro l’umanità è inscritto nella sua carne.

Gesù vuol far capire che anche il dono della vita, che egli farà non sarà uno spreco; non è una vita che andrà in putrefazione, ma una vita capace di superare la morte. L’effetto della vita è il profumo. Ecco allora il significato profondo dell’unzione da parte di questa donna. Gesù dice infatti: “mi ha unto in vista della mia sepoltura.” Gesù ha chiesto ai suoi di ricordare il profumo per il momento della sua morte, di “conservare il profumo di nardo genuino” (cfr. Gv 12,7) per la sua sepoltura. I discepoli lo dimenticheranno; alla sepoltura porteranno 33 chili di aloe e mirra per “imbalsamare Gesù” e ritardare gli effetti della morte (Cfr. Gv 19,39). I discepoli non hanno creduto che Gesù possedesse in sé una vita capace di superare la morte.

Donare la propria vita non significa, quindi, sprecarla, ma, al contrario, raggiungerla in pienezza, sprigionando tutte le proprie energie vitali, proprio come il nardo sprigiona il suo profumo così intenso da “riempire tutta la casa” (Gv 12,3).

 
 

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