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Massimo Mannarelli

SRI DAYA MATA "DISCEPOLA" DI YOGANANDA


Sri Daya Mata “‘Madre di compassione” (1914-2010) è stata una dei principali discepoli di Paramahansa Yogananda.

Nacque come Rachel Faye Wright a Salt Lake City, nello Utah, il 31 gennaio 1914, da Clarence Aaron e Rachel Terry Wright che provenivano entrambi da quelle prime famiglie di mormoni che attraversarono il Paese nei classici carri dei pionieri e fondarono lo Stato dello Utah.

Fin da piccola manifestò un profondo desiderio di conoscere Dio. A soli otto anni, quando a scuola sentì parlare per la prima volta dell’India, avvertì un misterioso risveglio interiore ed ebbe la certezza che l’India possedesse la chiave preziosa che le avrebbe permesso di raggiungere il pieno appagamento delle sue aspirazioni. Appena tornò a casa, disse alla madre: “Quando sarò grande non mi sposerò mai; andrò in India”, vere e proprie parole profetiche.

Cominciò presto a sentirsi insoddisfatta di quello che le offriva la sua confessione religiosa e a provare un ardente desiderio per qualcosa di più appagante. A quindici anni, ricevette in regalo una copia della Bhagavad Gita, libro che la colpì profondamente, perché le fece capire che Dio si poteva raggiungere e conoscere e che i suoi figli erano esseri divini i quali, impegnandosi, potevano ottenere ciò che spettava loro per diritto di nascita: l’unione con Dio.

Fu allora che Sri Daya Mata decise di dedicare la propria vita alla ricerca di Dio. Si recò ad ascoltare predicatori di religioni diverse, ma nel suo cuore rimaneva sempre una domanda senza risposta: “Ma chi ama Dio? Chi Lo conosce?”.

Nel 1931, Paramahansa Yogananda tenne una serie di conferenze a Salt Lake City. Daya Mata, che allora aveva diciassette anni, andò ad ascoltarlo con la madre e la sorella. Nel rivivere la sua prima impressione del Guru, Daya Mata ha detto: “Mentre ero in piedi in fondo a quella sala gremita, rimasi come folgorata, del tutto inconsapevole di quello che mi circondava, fatta eccezione per colui che parlava e per ciò che diceva. Tutto il mio essere era pervaso da quella saggezza e da quell’amore divino che si riversavano nella mia anima, inondandomi il cuore e la mente. Potevo solo pensare: Quest’uomo ama Dio come ho sempre desiderato amarlo. Lui conosce Dio. È lui che seguirò!”.

Tra una folla di migliaia di persone, sembrava improbabile che questa giovane tanto timida potesse avvicinare il Guru, ma si dice che non tutti i mali vengano per nuocere. Daya Mata soffriva, infatti, da tempo di una grave affezione del sangue, malattia che i medici non erano riusciti a curare e che l’aveva costretta ad abbandonare la scuola. Tuttavia la ragazza seguiva assiduamente le conferenze di Paramahansaji e le bende che coprivano il gonfiore del suo viso attirarono l’attenzione del grande Guru che le chiese se credeva che Dio potesse guarirla. Quando lei rispose di sì, il Guru le toccò la fronte nel punto fra le sopracciglia e le disse: “Da oggi in poi sei guarita. Tra una settimana non avrai più bisogno delle bende e le cicatrici scompariranno”. Accadde esattamente quello che aveva predetto.

Ma per Daya Mata una benedizione ben più grande di questa eccezionale guarigione era stata l’opportunità di incontrare il suo guru. Essendo estremamente timida, Mataji si era sempre chiesta come fosse riuscita a trovare il coraggio di dirgli: “Desidero tantissimo entrare nel suo ashram e dedicare la mia vita alla ricerca di Dio”. Il Guru la guardò un attimo con il suo sguardo penetrante e rispose: “E lo farai!”.

Tuttavia, data la forte opposizione famigliare, occorreva proprio un miracolo affinché una tale promessa potesse avverarsi. Daya Mata era ancora molto giovane e i parenti, di rigida fede mormone, si opponevano strenuamente al suo proposito di lasciare la casa per seguire una religione sconosciuta, ad eccezione della madre che la capiva. Una sera, durante una conferenza, Paramahansa Yogananda disse che se un devoto invocava Dio con profonda devozione e con la ferma determinazione di ricevere risposta, Dio avrebbe risposto a quel richiamo. Daya Mata prese allora una decisione: quella notte, quando i famigliari andarono a dormire, scese nel soggiorno, dove poteva restare sola. Le lacrime scorrevano copiosamente sul suo viso mentre apriva il cuore a Dio. Dopo diverse ore, una pace profonda pervase tutto il suo essere, e non poté più piangere: capì che Dio aveva ascoltato la sua preghiera. In due settimane tutte le porte si aprirono davanti a lei e il 19 novembre 1931 poté entrare nell’ashram di Paramahansa Yogananda a Los Angeles.

Daya Mata recepiva gli insegnamenti del Guru con passione e profonda sensibilità, ed egli notò presto che possedeva le qualità per svolgere il ruolo fondamentale a cui era destinata nella sua opera. Poco dopo il loro primo incontro, Paramahansaji concesse a Daya Mata di prendere i voti finali di rinunciante dell’antico Ordine degli Swami (i voti di castità, non attaccamento ai possessi, obbedienza e lealtà verso Dio e il Guru). Così Daya Mata fu una delle prime sannyasini dell’Ordine monastico della Self-Realization Fellowship (SRF) e iniziò una vita totalmente dedita a Dio e al Guru, alla meditazione quotidiana e al servizio disinteressato per gli altri.

Durante il primo Natale trascorso nella sua nuova casa – la Casa Madre della SRF/YSS di Mount Washington – Paramahansaji mise un piccolo uovo di vetro sul posto che Daya Mata avrebbe occupato. Quando lei gliene chiese il motivo, il Guru le rispose: “Tu sei come il primo uovo del mio nido. Con la tua venuta nell’ashram ho capito che molti altri devoti sinceri saranno attratti su questo sentiero”.

Dopo pochi anni, nel 1933, Paramahansa Yogananda annunciò nella rivista della SRF che Daya Mata era divenuta un ministro della SRF. Daya Mata divenne così una delle prime donne a ricoprire tale carica, anche se, con la sua abituale umiltà, si celava sotto lo psudonimo di ‘Yogi F. Sevaka’, dove ‘F’ sta per ‘Faye’, il suo nome di battesimo, e ‘sevaka’ significa ‘colei che serve Dio’.

Il tempo trascorse veloce ai piedi del suo Guru. Sebbene fosse profondamente felice, quei primi anni di formazione non furono privi di ardue prove. Paramahansaji era amorevolmente, ma fermamente impegnato nel compito di trasformare la giovane in una discepola esemplare. Era evidente fin dall’inizio che il Guru l’aveva scelta per un compito speciale. In seguito le disse che le aveva impartito la stessa ferrea disciplina spirituale che lui aveva ricevuto durante gli anni trascorsi in India nell’ashram del suo Guru, Swami Sri Yukteswar: un’affermazione molto significativa, perché Daya Mata era destinata a ereditare da lo stesso mandato spirituale e organizzativo che lui aveva ricevuto da Sri Yukteswar.

Anche la madre, la sorella e i due fratelli diventarono discepoli. La sorella, Virginia, entrò nell’Ordine monastico della SRF nel 1933 prendendo più tardi il nome di Ananda Mata servendo per molti anni come segretaria e tesoriera del Board of Directors. La madre entrò nell’ashram nel 1935, prendendo il nome di Shyama Mata. Entrambe fecero parte del piccolo gruppo di discepoli più vicini al Guru e prestarono il loro servizio con infinita dedizione fino agli ultimi giorni di vita. Il fratello maggiore, Richard Wright, accompagnò il Guru nel lungo viaggio in India, tra il 1935 e il 1936, e alcuni brani del suo suggestivo diario di viaggio sono stati riportati in ”Autobiografia di uno Yogi”. Richard e il fratello minore, Dale Wright, rimasero fedeli agli insegnamenti della SRF per tutta la vita.

Per più di vent’anni Sri Daya Mata fu parte di quella piccola cerchia di discepoli che erano quasi costantemente alla presenza del Guru. Svolgendo il compito di segretaria che le era stato affidato, Daya Mataji stenografò e trascrisse scrupolosamente tutti i suoi discorsi e le sue conferenze e lo aiutò nella stesura delle lezioni sulle tecniche di meditazione e sull’arte di vivere in accordo con i principi spirituali, lezioni tutt’oggi inviate agli studenti della SRF.

Con il passare degli anni, Paramahansaji le affidò responsabilità sempre crescenti e nell’ultimo periodo della sua vita terrena parlò apertamente del ruolo che Daya Mata era destinata a svolgere. Quando, verso gli ultimi anni di vita del Guru, le sue responsabilità aumentarono, questo si tradusse per lei in una prova molto ardua. Da umile devota, il suo unico desiderio era quello di avvicinarsi sempre più a Dio, dedicandosi alla meditazione profonda. Pregò quindi il Maestro di lasciarle un ruolo subordinato e di affidare il compito di guidare l’organizzazione a chiunque altro lui volesse. Ma Paramahansaji fu irremovibile. Allora Daya Mata, desiderando sopra ogni altra cosa di fare la volontà di Dio e del Guru, si arrese ai suoi desideri. Il Maestro le disse: “Il mio lavoro è finito, adesso comincia il tuo”.

Qualche tempo prima della sua morte, il Guru le disse che presto avrebbe lasciato il corpo. Attonita, Daya Mataji gli chiese come la sua opera avrebbe potuto continuare senza di lui: “Maestro, di solito, dopo la scomparsa del fondatore, un’organizzazione smette di crescere e comincia a declinare. Come faremo senza di lei? Chi ci sosterrà e ci sarà di ispirazione quando lei non sarà più qui fisicamente?”.

Paramahansaji con calma rispose: “Quando me ne sarò andato, soltanto l’amore potrà prendere il mio posto. Sii così inebriata dell’amore di Dio da non conoscere nulla se non Lui, e dona quell’amore a tutti”. Queste parole divennero il faro che ha illuminato tutta la sua vita.

Nel 1955, tre anni dopo il mahasamadhi di Paramahansa Yogananda, Daya Mata succedette a Rajarsi Janakananda in qualità di Presidente della SRF/YSS. Come successore spirituale di Sri Yogananda, divenne sua responsabilità guidare spiritualmente i membri della SRF/YSS e sovrintendere alla formazione dei rinuncianti degli ashram fondati negli Stati Uniti, in India e in Germania, come pure alle molteplici attività spirituali e umanitarie dell’organizzazione. Daya Mataji fece numerosi viaggi negli Stati Uniti, in Europa, Messico e Giappone per visitare i vari centri e impartire l’iniziazione al Kriya Yoga. Nel corso degli anni si recò in India cinque volte per lunghi periodi di tempo, offrendo la sua guida e la sua assistenza nello svolgimento delle attività della Yogoda Satsanga Society of India.

In occasione di uno di questi viaggi in India, Daya Mata ebbe la grande benedizione di incontrare Mahavatar Babaji, il guru supremo nella linea di successione dei maestri della SRF/YSS. Durante questo incontro, Babaji confermò la scelta fatta da Paramahansa Yogananda su Daya Mata quale proprio successore.

Gli anni dediti alla profonda meditazione Kriya Yoga e alla vita monastica sotto la guida di Paramahansa Yogananda hanno reso Sri Daya Mata la personificazione della più profonda spiritualità e dell’amore universale. Nel 1946, in occasione del compleanno di Daya Mata, il Guru le scrisse queste parole: “Possa tu nascere nella Madre cosmica ed essere di ispirazione per tutti solo con il tuo spirito materno, all’unico scopo di condurli a Dio con l’esempio della tua vita”.

Per più di 55 anni Mataji è stata, per i monaci dell’Ordine monastico come per tutti i membri della SRF/YSS, è stata una guida sino al giorno della sua scomparsa, il 30 novembre 2010.

Daya Mata, una delle prime donne che nei nostri tempi sia stata eletta capo spirituale di un movimento religioso mondiale, è stata un’antesignana, uno dei primi esempi dell’attuale tendenza di accordare alle donne il ruolo di autorità spirituale, tradizionalmente riservato agli uomini nella maggior parte delle confessioni religiose.

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