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Sibilla Mannarelli

KALI, LA GRANDE MADRE E LE SUE DIVERSE FORME


Nell’induismo la divinità è concepita come maschile e femminile avendo due tipi di aspetti, uno immobile, distaccato e fatto di coscienza (quello maschile), l’altro dinamico, possente ed esecutore (quello femminile nota anche come Shakti).

La Shakti, la grande Madre di tutto, si divide in molteplici aspetti potendo essere saggia, amorevole, paziente, ma anche potente, intransigente e talvolta impaziente.

Kali, una delle divinità femminili del pantheon indiano, rappresenta un aspetto peculiare della grande madre.

Il nome Kali significa “oscura” e “nera” e, infatti, la dea si presenta con la pelle scusa a simboleggiare il suo aspetto distruttivo e feroce, in cui la forza esecutiva si è distaccata quasi completamente ed in modo incontrollato dalla coscienza che guida.

Kali diventa così la potenza femminea primordiale della natura temporaneamente distaccatasi dalla luce della guida cosciente.

Ma Kali è anche un termine femminile relativo al tempo (kala) che potrebbe essere tradotto come “colei che detta il tempo” ed infatti essa viene vista come colei che dà la morte all’ego e a tutto ciò che imbastisce una esistenza che non preveda come centro Shiva, il suo aspetto maschile.

Per quanto riguarda la sua rappresentazione Kali ha pelle nuda e nera come la notte, lingua lunga e affilata, e bocca piena di fiamme.

Può avere 4 o 10 braccia (10 forme archetipe della grande Madre, chiamate Mahavidyas, e implicite nella sua ferocia), con le quali impugna una spada e una serie di teste spiccate ai demoni con la stessa (generalmente 50, come l’intero alfabeto sanscrito, che si può considerare una manifestazione dell’unico suono AUM).

Il mudra che spesso mostra con le mani, chiamato abhayamudra, simboleggia la totale assenza di paura.

Coloro che si impegnano nella vera adorazione di Kali stanno nei terreni crematori (gath) dove l’aria è carica di fumo denso e rivoli di cenere cadono da pire funerarie ardenti su un terreno sparso di ossa seccate dal sole e di frammenti di carne. E’ un luogo terrorizzante per molti, ma quello favorito per l’”eroico” adoratore della Madre che ha arso e consumato alle fiamme tutti i desideri mondani e non cerca altro che l’unione con lei. Comunque, la maggioranza delle persone preferisce adorarla in luoghi meno terrificanti. Così si recano ai templi, la adorano negli altari ai lati delle strade, o nella propria casa. Pregano la Divina Madre per avere un figlio, denaro per alimentare le bocche di una famiglia affamata, per garantire la devozione e la liberazione dalla miseria dell’esistenza.

La stessa immagine di Kali viene distinta tra una Kali benigna (dakshina) e una Kali spaventosa (smashan) sulla base della posizione dei suoi piedi. Se Kali tiene avanti il suo piede destro e impugna la spada nella sua mano sinistra, è una Dakshina Kali. Se tiene avanti il suo piede sinistro ed impugna la spada con la mano destra, è la terribile Madre, Smashan Kali del campo di cremazione.

Ci si potrebbe chiedere perché adorare la Madre terribile del campo crematorio? Secondo il Tantrismo, le discipline spirituali praticate in un campo crematorio portano al successo più velocemente. Sedendo accanto a cadaveri ed altre immagini di morte, si diviene in grado di trascendere gli “opposti” (buono-cattivo, amore-odio, etc) molto più velocemente delle persone che si oppongono agli aspetti non piacevoli dell’esistenza. La tetra visione di un campo crematorio fa sorgere istantaneamente la rinuncia nella mente ed aiuta il praticante ad andare oltre gli attaccamenti per il corpo.

Kali è una delle forme della Dea più incomprese. La mente ordinaria occidentale percepisce Kali come ripugnante e assurda.

Kali è la piena immagine del Potere Universale. Lei è Madre, la Benigna, e Madre, la Terribile. Lei crea e nutre ed ancora uccide e distrugge. Della sua magia noi vediamo il bene ed il male ma in realtà non c’è né l’uno né l’altro. L’intero mondo e tutto ciò che noi vediamo è il gioco di Maya, il potere velante della Divina Madre. La Dea non è né bene né male, né entrambi. La Dea è oltre gli opposti che costituiscono questa esistenza relativa.

I Tantra menzionano oltre trenta forme di Kali. La Divina Madre è conosciuta come Kali-Ma, la Dea Nera, Maha Kali, Nitya Kali, Smashana Kali, Raksha Kali, Shyama Kali, Kalikamata, e Kalaratri. Tra i Tamil è conosciuta come Kottavei.

I Tantrici adorano Siddha Kali per raggiungere la perfezione; Phalaharini Kali per distruggere gli effetti del loro karma; Nitya Kali, la Kali eterna, per tenere lontane le infermità, le afflizioni e la sofferenza e per ottenere la perfezione e l’illuminazione.

Ci sono molte forme di Kali. Ogni distretto, città, e villaggio nel Bengala sembra avere la propria Kali famosa per un particolare miracolo o evento.

Tra i più famosi adoratori della dea ricordiamo Ramakrishna che era considerato il folle di Dio in quanto passava giorni e notti ripetendo: Madre! O Madre! e vedeva la divina Kali in una pietra, in un ceppo o in una statua, tutto era un’espressione di Kali.

Ecco le sue parole:

“In compagnia dell’Assoluto, oh Madre! Tu sei sempre immersa nella pura gioia.

Tu sei fortemente ebbra con il vino di quella gioia.

Tu stai barcollando, ma non perdi il Tuo punto di appoggio!

L’Assoluto, Tuo sposo, giace steso e non si muove.

Tu sei in piedi sul Suo petto e sembra che hai perso ogni controllo di Te.

L’universo trema sotto il peso dei Tuoi piedi.

Furibondi sono i Tuoi sguardi, e anche quelli del Tuo sposo (Shiva, naturalmente - nda)”.

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IL BLOG DI MASSIMO E SIBILLA MANNARELLI

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