top of page
Massimo Mannarelli

MARIA MONTESSORI E LA PEDAGOGIA RIVOLUZIONARIA


Maria Tecla Artemisia Montessori (Chiaravalle, 31 agosto 1870 – Noordwijk, 6 maggio 1952) è stata un'educatrice, pedagogista, filosofa, medico (fu tra le prime donne a laurearsi in medicina in Italia), neuropsichiatra infantile e scienziata italiana, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole materne, primarie, secondarie e superiori in tutto il mondo.

Figlia di Alessandro Montessori, emiliano, e di Renilde Stoppani, marchigiana, Maria nacque in un'abitazione al civico 10 di Piazza Mazzini a Chiaravalle, a pochi chilometri da Ancona. I genitori erano persone istruite e sensibili alle nuove idee politiche che parlavano di unità italiana.

Il padre Alessandro era nato a Ferrara e dopo aver lavorato come impiegato di concetto nelle saline di Comacchio, negli anni settanta era stato trasferito a Chiaravalle per un lavoro di controllo. È in questo luogo che incontrò la donna con la quale poi si sarebbe sposato. Nei suoi scritti il padre fornisce preziose informazioni sulla crescita e sullo sviluppo di Maria.

La madre Renilde (1840-1912) era originaria di Monte San Vito, paese nelle vicinanze di Chiaravalle, e proveniva da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Donna istruita amava molto la lettura e, come il padre anche lei era cattolica, con una spiccata simpatia per gli ideali risorgimentali. Tramite la madre, Maria era nipote di Antonio Stoppani, figura importante del cattolicesimo rossiniano, abate e naturalista, celebre per essere stato autore del fortunato volume Il Bel Paese e per aver mostrato con la sua stessa vita la possibilità della coesistenza armonica tra fede e ragione. La giovane Maria Montessori ebbe nell'abate Stoppani un punto di riferimento e nella madre un costante sostegno alle sue idee innovative e alle sue scelte di vita insolite per l'epoca, anche in contrasto con un certo conservatorismo del padre.

Maria Montessori rimase legata alla sua terra natale: nel 1971 il figlio Mario, durante l'inaugurazione della nuova scuola Montessori di Ancona, raccontò che la madre, al ritorno dall'India, nell'estate del 1950, aveva espresso il desiderio di rivedere i luoghi in cui era vissuta.

Nel febbraio del 1873 Alessandro venne trasferito a Firenze dove rimase con la famiglia per due anni. Pochi anni dopo la famiglia affrontò un altro trasferimento: a Roma, divenuta da poco capitale, dove Maria venne iscritta alla scuola preparatoria comunale di Rio Ponte. Fin da piccola Maria si era dimostrata vivace. Gli studi elementari non erano stati molto brillanti, a causa di problemi di salute tra cui una lunga rosolia. Studiò francese e pianoforte che abbandonò presto. Verso gli undici anni cominciò ad appassionarsi agli studi. La sua passione giovanile era l'arte drammatica. Eccellente in italiano, presentava però lacune in grammatica e matematica. Nel febbraio del 1884 si era aperta a Roma una scuola governativa femminile: la "Regia scuola tecnica" (oggi Istituto Tecnico "Leonardo Da Vinci", in via degli Annibaldi). La fondazione di questa scuola rientrava nel piano di politica scolastica dell'Italia post-unitaria. Maria fu tra le prime dieci alunne e si diplomò con 137/160.

Fin dai primi anni di studio questa colta ragazza manifestò interesse per le materie scientifiche, soprattutto matematica e biologia, cosa che le causerò contrasti con il padre, il quale avrebbe voluto avviarla alla carriera d'insegnante; la madre, invece, non smise mai di sostenerla. Maria Montessori non poté inizialmente iscriversi alla facoltà di Medicina, come era sua ferma intenzione, per la mancanza del diploma di maturità classica. Per superare la difficoltà all'iscrizione, s'iscrisse alla Facoltà di Scienze e dopo due anni poté trasferirsi presso la Facoltà di Medicina dell'Università "La Sapienza" di Roma, sostenuta dal ministro Baccelli ed anche da papa Leone XIII, che dichiarò: “Tra tutte le professioni, quella più adatta per una donna è proprio quella di medico”.

Per la Montessori, particolarmente importanti per il futuro impegno a favore dei bambini dei quartieri poveri di Roma, furono le lezioni di igiene sperimentale, tenute dal professor Angelo Celli, marchigiano come lei, che era fermamente convinto che alcune malattie molto diffuse, come la malaria e la tubercolosi, non erano dovute ad una incapacità della scienza medica, ma erano espressione di marginalità sociale e dunque si sarebbero potute debellare solo con l'impegno dello Stato.

Nel 1896, fu la terza donna italiana a laurearsi in medicina, con la specializzazione in neuropsichiatria. Maria si dedicò con passione e metodo alla ricerca in laboratorio. Oltre ai corsi di batteriologia e microscopia, seguì il corso di ingegneria sperimentale. Studiò anche pediatria all'Ospedale dei bambini, le malattie delle donne nei reparti del San Giovanni (Roma) e quelle degli uomini al Santo Spirito (Roma).

Maria studentessa molto capace, vinse anche un premio di mille lire dalla Fondazione Rolli per un lavoro in patologia generale. Nel 1895 Maria ottenne il posto di "aggiunto in medicina" degli ospedali con il diritto di entrare nella Società Lancisiana, riservata ai dottori e professori degli ospedali di Roma. Il suo curriculum eraeccellente in igiene, psichiatria e pediatria, materie che sarebbero poi state alla base delle sue future scelte. Negli anni precedenti alla laurea, i suoi studi si orientarono sempre più verso ricerche di tipo sperimentale in laboratorio e di osservazione nelle sale del manicomio dell'ospedale di Santa Maria della Pietà di Monte Mario (Roma). Durante la preparazione della sua tesi, frequentò le lezioni di Antropologia fisica (o biologica) tenute da Giuseppe Sergi. La tesi, discussa il 10 luglio del 1896, fu a carattere sperimentale: quasi cento pagine scritte a mano con il titolo "Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico".

Ottenne poi la nomina di assistente presso la clinica psichiatrica dell'Università di Roma, in collaborazione con Giuseppe Ferruccio Montesano (con cui ha un sodalizio professionale e affettivo), dedicandosi al recupero dei bambini e delle bambine con problemi psichici, al tempo definiti anormali. Il lavoro in clinica la portò ad entrare materialmente in contatto con gli ambienti scientifici di Regno Unito e Francia. Nacque così il suo interesse per la letteratura scientifica francese del primo Ottocento a proposito dei casi di bambini selvaggi, allevati da animali, ritrovati in zone isolate nel corso del Settecento, e per gli esperimenti rieducativi tentati da Jean Marc Itard (1765-1835). Fu molto interessata anche al lavoro svolto da Itard e dal suo collaboratore, Édouard Séguin (1812-1880), riguardo alla possibilità di inserimento nella comunità di bambini anormali, attraverso un percorso di educazione adeguato.

Con il suo percorso contribuì all'emancipazione femminile, partecipando ad esempio al Congresso Femminile di Berlino nel 1896 in veste di rappresentante dell'Italia. Rimase famoso un suo intervento in tale sede sul diritto alla parità salariale tra donne e uomini. In quell'occasione le donne operaie della sua cittadina natale, Chiaravalle, raccolsero una somma per contribuire alle spese di viaggio. Partecipò anche al successivo Congresso Femminile di Londra (1899).

Nel 1898 presentò a Torino, al congresso pedagogico, i risultati delle sue prime ricerche e, dopo breve tempo, divenne direttrice della scuola magistrale ortofrenica di Roma. Con lo spostamento dei suoi interessi sul lato dell'educazione, decise di rinnovare le sue basi culturali laureandosi in filosofia. I suoi successi scientifici, conseguiti in un'atmosfera culturale fortemente influenzata dal positivismo, le valsero riconoscimenti e borse di studio, e la portarono a partecipare a una ricerca sui bambini ritardati con un collega, Giuseppe Montesano, a cui si lega sentimentalmente. Dalla relazione con il Montesano nasce, nel 1898, un figlio, Mario, che Maria partorì di nascosto e affidò a una famiglia di Vicovaro (un paesino del Lazio), alle cure di Vittoria Pasquali, e successivamente lo fece iscrivere in un collegio. Dopo la morte di sua madre, Maria potè prendere il figlio, ormai quattordicenne, a vivere con sé, dicendo che fosse un nipote (la verità fu rivelata solo nel suo testamento).

Successivamente, il rapporto con Montesano finì in modo drammatico. Dopo avere appreso che Montesano avrebbe sposato un'altra donna, decise di vestirsi solo di nero, in lutto eterno per quell'amore finito. La rinuncia al figlio, unita alla fine della sua storia d'amore, segnarono senza dubbio cambiamenti fondamentali nella sua vita.

Nel 1899 aderì alla Società Teosofica, alla quale rimase legata negli anni a venire, tanto che trascorse gli anni della seconda guerra mondiale ad Adyar, sede internazionale della società, sia pure in domicilio coatto, essendo cittadina italiana e quindi di un paese belligerante nemico. Come scrive Lucetta Scaraffia: «...non si trattò di un'adesione superficiale: il pensiero pedagogico della Montessori, i suoi scritti filosofico-femministi riportano notevoli tracce dell'influenza teosofica». Entrò inoltre a far parte della massoneria.

Nel 1903 venne nominata Medico Assistente di II Classe nei ruoli del Personale Direttivo della Croce Rossa Italiana con un grado militare assimilabile a quello di Sottotenente, a disposizione per i servizi degli Ospedali Territoriali della C.R.I.

Nel 1904 conseguì la libera docenza in antropologia con l'opportunità di occuparsi dell'organizzazione educativa degli asili infantili. A tal fine, nel 1907, a San Lorenzo, aprì la prima Casa dei Bambini, in cui applicò una nuova concezione di scuola d'infanzia riportato ne “Il metodo della pedagogia scientifica”, volume scritto e pubblicato a Città di Castello (Perugia) durante il primo corso di specializzazione (1909). Il testo fu tradotto e accolto in tutto il mondo con grande entusiasmo.

Al suo arrivo negli Stati Uniti, nel 1913, il New York Tribune la presentò come “la donna più interessante d'Europa”. Da quel momento, il suo metodo avrebbe riscosso un buon interesse nel Nord America, col tempo poi affievolitosi, fino al ritorno in auge sostenuto da Nancy McCormick Rambusch, fondatrice, nel 1960, della Società Montessori Americana. Dal successo dell'esperimento romano nacque il movimento montessoriano, dal quale nel 1924 ebbe origine la "Scuola magistrale Montessori" e l'"Opera Nazionale Montessori", costituita, quest'ultima, come Ente morale volta alla conoscenza, alla diffusione, all'attuazione e alla tutela del suo metodo. Maria Montessori ne divenne Presidente onoraria.

La sua collocazione politica fu criticata a sinistra in quanto giudicata di destra per le tante scuole private aperte a suo nome e per le sue amicizie altolocate. D'altra parte, in casa idealista non piaceva l'importanza da lei data alla ricerca scientifica, né a destra si apprezzavano le concrete indicazioni per garantire criteri di uguaglianza e non classi basate su giudizi elitari e competizione continua. In principio Maria accettò l'appoggio di Mussolini, interessato a risolvere il problema dell'analfabetismo con le Case dei Bambini, ma probabilmente anche a trarre vantaggi personali dal prestigio internazionale della Montessori.

Nel 1914 Maria Montessori si trasferì in Spagna, ove rimase fin oltre il termine del conflitto mondiale. Rientrata in Italia nel 1924, fu ricevuta da papa Benedetto XV ed ebbe anche il plauso fascista: «Il telegrafo Marconi ed il metodo Montessori esprimono due forze, due genialità congiunte nel nome augusto della Patria per compiere il disegno che certamente la Provvidenza di Dio ha tracciato»

Nello stesso anno si svolse a Milano un corso con le lodi del regime e la Società degli amici del metodo fu trasformata in Ente morale, prendendo il nome di Opera Nazionale Montessori, con sedi a Napoli ed a Roma, con presidente onorario lo stesso Benito Mussolini. Tuttavia le piccole scuole, non direttamente volute da lui, gli diedero lustro e fastidio allo stesso tempo, forse perché non esercitava sul progetto un controllo totale (se ne occupava anche Maria Josè di Savoia, che per il fascismo non aveva molta simpatia). È questo il periodo in cui dominava sul piano culturale l'idealismo di Croce e di Gentile: lontani su alcuni aspetti, ma entrambi sostenitori di un attacco frontale nei confronti di un'educazione scientifica e dunque dell'impostazione positiva che caratterizzava anche il metodo montessoriano.

Anche il direttore generale per il settore educativo, Giuseppe Lombardo Radice, che negli anni precedenti si era mostrato a favore del metodo Montessori, mossee a Maria una serie di pesanti critiche tra cui l’aver rubato idee a Rosa e Carolina Agazzi, sostenendo che solo le due sorelle bresciane avevano elaborato un metodo veramente "italiano". Sulla scia di Lombardo Radice arrivarono altre critiche. Montessori venne definita «abile ammaliatrice», «camuffatrice», «affarista». Ancora una volta Maria lasciò cadere le critiche, come se non la riguardassero, ma da allora i rapporti con il fascismo cominciarono a deteriorarsi.

Proprio lasciando cadere nel nulla le critiche che le venivano rivolte, la Montessori poté organizzare nel 1926 il primo corso di formazione nazionale che preparava gli insegnanti a seguire il suo metodo. Tra l'altro, nonostante le accuse di poca italianità, Mussolini in persona sosteneva la Montessori, ritenendo che la fama internazionale da lei raggiunta fosse un vanto per l'Italia; il capo del fascismo ricoprì addirittura la carica di presidente onorario del corso e donò dal proprio fondo personale un sussidio di lire 10.000 a favore dell'Opera. Il corso si tenne a Milano e vi parteciparono ben 180 maestri. Essi provenivano soprattutto dalle zone più vicine alla sede del corso (Lombardia e Veneto) e dalle Marche, terra natale della Montessori; altri partecipanti provenivano da Roma. Il corso durò sei mesi.

Terminati i corsi internazionali svolti a Roma nel 1930 e nel 1931 e le conferenze all'estero, soprattutto quella di Ginevra sulla pace che ha risonanza internazionale, arrivò la rottura definitiva: nel 1934 arrivò l'ordine di chiusura di tutte le scuole Montessori, sia per adulti che per bambini, fatta eccezione per due o tre classi che vissero nella semiclandestinità. Nello stesso anno anche Hitler ordinò la chiusura delle scuole Montessori in Germania e Austria insieme alle Waldorf. Nel 1936 il regime chiuse per ordine del ministro Cesare Maria De Vecchi anche la Regia scuola triennale del Metodo Montessori, che a Roma preparava i maestri fin dal 1928.

Nel 1933 Maria e il figlio, Mario Montessori, decisero di dimettersi dall'Opera Nazionale, chiusa dal fascismo nel 1936, insieme alla "Scuola di metodo" operante a Roma dal 1928. A causa degli ormai insanabili contrasti con il regime fascista, fu costretta ad abbandonare l'Italia nel 1934.

Intraprese poi numerosi viaggi in vari paesi per diffondere la propria teoria educativa. In India, venne sorpresa dallo scoppio della seconda guerra mondiale, e internata, insieme al figlio, in quanto cittadina di un paese nemico. Fu rilasciata nel 1944 e tornò poi in Europa nel 1946, accolta ovunque con onori.

Al suo rientro in Italia, nel 1947, si preoccupò innanzitutto di ricostruire l'Opera Nazionale alla quale vennero affidati praticamente gli stessi compiti previsti dallo statuto del 1924, la cui attuazione e il cui sviluppo venne favorito anche attraverso la presenza di "Vita dell'infanzia" di cui ispirò e determinò la nascita. Grazie all'impulso datole da Maria Jervolino e Salvatore Valitutti, l'Opera Montessori poté riprendere e sviluppare le proprie finalità valorizzando i principi pedagogici della fondatrice e diffondendo la conoscenza e l'attuazione del Metodo. A causa di una grave crisi finanziaria ed organizzativa ne fu commissariata la gestione fino al 1986, quando, completamente risanata, riacquistò la propria fisionomia statutaria che ancor oggi la caratterizza.

Trasferitasi temporaneamente presso amici nella città di Noordwijk, nei Paesi Bassi, le venne richiesto nel 1951 il suo aiuto dalla nazione del Ghana, di imminente costituzione, per organizzarne l'ordinamento scolastico. Incerta se accettare, fortemente dissuasa dal figlio che temeva per la sua salute a causa di un viaggio così lungo, Maria Montessori morì il 6 maggio 1952 a Noordwijk. Sulla sua tomba si legge, in lingua italiana: «Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo».

Esiste una bibliografia montessoriana molto vasta e articolata, ciononostante risultano non ancora tradotte in Italia alcune classiche opere biografiche sulla studiosa.

267 visualizzazioni

SAVITRI MAGAZINE

 

IL BLOG DI MASSIMO E SIBILLA MANNARELLI

Ogni problema ha tre soluzioni: la mia soluzione, la tua soluzione, e la soluzione giusta.” Platone

bottom of page