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Massimo Mannarelli

RENE GUENON "L'UOMO DELLA TRADIZIONE"


Rene Guénon nasce a Blois il 15 novembre 1886.

Fin da giovane dimostra uno spiccato interesse per lo spirituale e l’esoterico, dando prova di risolutezza e autonomia di giudizio orientandosi con una certa dimestichezza nel torbido mondo dell’occultismo della Belle Époque.

Guénon si forma alla scuola dell’abate Gombault, un tomista interessato ai “fenomeni preternaturali”. Albert Leclère, suo insegnante di filosofia al liceo, vedeva nella sapienza dei presocratici un’alternativa alla decadenza dei tempi moderni. Più tardi frequenta la Scuola ermetica del celebre Papus e altri gruppi iniziatici: l’ordine martinista, la Chiesa gnostica (di cui diviene vescovo con il nome di Palingenius e dirige la rivista La Gnose), la massoneria della Grande Loggia di Francia. Tutto ciò mantenendo stretti rapporti con il mondo cattolico, specialmente con Jacques Maritain, che conosce alla Sorbona, e con la rivista Regnabit, alla quale collabora insieme all’iconografo esoterista Louis Charbonneau-Lassay.

Nel 1912 aderisce all’islam facendosi iniziare al sufismo grazie alla mediazione di un singolare personaggio, il pittore svedese Ivan Aguëli; Guénon non considererà questo suo passaggio come una “conversione”, quanto piuttosto come un “ricongiungimento” con la Tradizione primordiale, proclamandosi in tal senso “inconvertibile”.

Nel 1930 parte per il Cairo, dove si stabilisce definitivamente e sposando nel 1934 la figlia dello Shaykh Muḥammad Ibrāhīm, dalla quale avrà quattro figli, due maschi e due femmine.

La sua scelta per l’islam e le sue riflessioni sulla crisi del mondo moderno appaiono come la premonitrice testimonianza di un destino in cui improvvisamente tutti sembriamo coinvolti. Il destino di una collisione tra la civiltà occidentale, caratterizzata da uno straordinario sviluppo materiale e da un corrispondente impoverimento morale e metafisico e le civiltà che ancora conservano le vestigia di un ordinamento tradizionale, tra cui quella islamica.

L’approccio matematico di Guénon lo porta, grazie alla sua definizione rigorosa, dottrinale del fenomeno, a fare chiarezza nel variegato mondo dell’esoterismo. Ciò gli consente di distinguerlo nettamente sia dal misticismo, da lui considerato un’attitudine spirituale passiva ed essenzialmente occidentale, sia dall’occultismo, orientato non alla conoscenza intellettuale bensì a pratiche magico-sperimentali. Forte di questa sua distinzione, indirizza il suo furore polemico soprattutto contro la Società teosofica di Madame Blavatsky, liquidata come pseudo esoterismo, e contro le varie forme di spiritismo dell’epoca, bollate come satanica superstizione del paranormale.

Per Guénon l’autentico esoterismo coincide con la Tradizione ossia l’idea che tutte le grandi tradizioni iniziatico-religiose: l’induista, l’islamica, la taoista, e in Occidente il cattolicesimo, risalgano a un’unica grande Tradizione universale, depositaria della conoscenza metafisica pura e dei metodi dell’iniziazione e della realizzazione spirituale. Per questo, quando tra le conseguenze più interessanti che egli deriva dall’idea di Tradizione, c’è la sua intransigente critica del mondo moderno svolta in due celebri libri: “La crisi del mondo moderno” (1927) e “Il Regno della quantità e i segni dei tempi” (1945). In tali opere Guénon analizza le tipiche “superstizioni” prodotte dalla mentalità occidentale: la cieca fiducia nel materialismo scientifico, l’ideologia ottimistica del progresso, l’individualismo, l’anomia sociale, la ragione ridotta a razionalità strumentale che governa ormai soltanto un “regno della quantità”. Insomma, una civiltà che ha perduto i valori spirituali e metafisici ed è esposta a tendenze “controtradizionali” quali il diffondersi di pseudo spiritualità e false profezie. Per Guénon il mondo contemporaneo è piombato ormai nell'”età oscura”, il Kali-yuga della tradizione induista, caratterizzata da fenomeni di confusione, decadenza e degenerazione. Le sacre verità della Tradizione, sempre più occulte e irraggiungibili per l’umanità nel suo insieme, sarebbero accessibili soltanto a una ristretta cerchia di iniziati, ai realizzati che posseggono la “scienza sacra”.

Guénon è convinto che solo l’Oriente abbia conservato i valori tradizionali e con essi la possibilità dell’iniziazione e della realizzazione spirituale: ex Oriente lux. Nell’Occidente invece tale possibilità sarebbe compromessa e solo “le più alte tradizioni occidentali, quella aristotelica e quella cattolica” ne custodiscono ancora qualche traccia. Ritiene in particolare che la Chiesa cattolica romana, in forza della sua tradizione, e la massoneria, per il suo potenziale iniziatico, siano le uniche istituzioni in Occidente nelle quali riporre qualche speranza. Anche quando, deluso dalla scarsa considerazione riservatagli dal mondo cattolico, passa all’islam, dal suo ritiro egiziano non smette di guardare all’accoglienza che l’Occidente riserva al suo insegnamento.

Frithjof Schuon fonda in Francia una setta iniziatica che a lui si ispira, ma finisce per allontanarsi dal maestro lasciandone la guida al diplomatico rumeno Michel Vâlsan. In seno alla massoneria francese viene costituita una loggia guénoniana, denominata la Grande Triade, ma con scarso seguito. Alla fine l’influenza maggiore viene dall’opera scritta di Guénon. La sua lucidità affascina intelligenze come Malraux, Gide, Breton, Daumal, Paulhan, ispira studiosi di storia delle religioni come Mircea Eliade o Titus Burckhardt, illumina uno storico dell’arte come Ananda Coomaraswamy. In Italia è soprattutto Julius Evola che ne recepisce e ne diffonde il pensiero, malgrado profonde differenze nella valutazione dei contenuti tradizionali del cristianesimo e del buddhismo.

Le ultime parole che Abdel Wahêd Yahia, ossia il “Servitore dell’Unico”, proferisce in punto di morte (7 gennaio 1951) sono: “El nafass khalass”, “L’anima se ne va!”, e subito dopo, da buon musulmano: “Allah è grande!”.

Un dispaccio dell’agenzia France Presse dà la notizia del decesso con due giorni di ritardo, facendo sapere il vero nome del defunto, quello con cui egli ha firmato tutte le sue opere, una ventina di volumi e oltre trecento articoli: René Guénon.

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