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Massimo Mannarelli

MODI E LA RINASCITA DELL'INDIA INDUISTA


Keshav Baliram Hedgewar (1 aprile 1889 - 21 giugno 1940), fu fondatore e Sarsanghachalak (capo) del Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS) nonchè membro di spicco del partito di destra Hindu Mahasabha.

Hedgewar partecipò attivamente al Congresso nazionale indiano negli anni '20, ma rimase deluso dalle loro politiche. Lo scoppio della rivolta indù-musulmana nel 1923 lo spinse a riflettere su un modello alternativo di costruzione della nazione Indiana. Fu profondamente influenzato dagli scritti di Lokmanya Bal Gangadhar Tilak e Vinayak Damodar Savarkar. Egli riteneva che il patrimonio culturale e religioso degli indù doveva essere la base della nazione indiana.

Hedgewar "Doctorji" (come veniva chiamato dagli aderenti della sua organizzazione) costituì l'RSS a Nagpur nel 1925, mentre nel 1936 formò l’ala femminile del movimento.

L’ RSS nacque nel giorno di Vijayadashami con l'obiettivo di riorganizzare la comunità indù ai fini della sua rigenerazione culturale e spirituale e di liberare il paese dalla dominazione straniera.

Dopo la fondazione di tale movimento, Hedgewar decretò che lo stesso rimanesse lontano dal movimento indipendentista indiano anti-britannico e quindi anche dal Mahatma Gandhi.

Quando con la risoluzione di Purna Swaraj nella sua sessione di Lahore nel dicembre 1929 si invitarono tutti gli indiani a celebrare il 26 gennaio 1930 come Giorno dell'Indipendenza, Hedgewar pubblicò una circolare chiedendo a tutti gli aderenti del RSS di partecipare sotto la bandiera dello zafferano (Bhagwa Dhwaj), piuttosto che il tricolore , quale baluardo del movimento nazionale indiano in quel momento.

L'RSS era composto principalmente da brahmini (la casta superiore) che avevano a cuore l’indipendenza e la protezione dei valori politici, culturali e religiosi dell’induismo.

Alla morte di Hedgewar, la direzione del gruppo fu assunta da Madhava Sadashiv Golwalkar e in seguito da Madhhukar Dattatray Deoras.

Il gruppo rimane ancora oggi strutturato gerarchicamente sotto la guida di un leader nazionale, mentre i leader regionali sono incaricati di sovrintendere le filiali locali.

Una attenzione particolare è sempre stata rivolta alla dedizione e alla disciplina (tapas si potrebbe dire in sanscrito), sia mentale che fisica, quali mezzi per ridare forza, valore e coraggio alla gioventù indù e per promuovere l'unità di tutte le caste e classi appartenenti all’induismo stesso.

L'allenamento paramilitare, l'esercizio quotidiano, le pratiche tra cui rientrano anche le asana yoga, in particolare il Surya Namaskar (saluto al sole) sono parte integrante della disciplina del gruppo.

L'RSS riverisce Hanuman che è al centro della sua cerimonia di iniziazione. Hanuman nella mitologia indù è il comandante dell'esercito delle scimmie che combatte per amore del Dio Rama.

L'RSS ha storicamente svolto un ruolo importante nel movimento nazionalista indù anche se in diverse occasioni è stato bandito dal governo indiano, guidato dal Partito del Congresso, per il suo presunto uso della violenza. Alcuni dei principali leader politici del partito indiano Bharatiya Janatā erano o sono ancora membri del RSS.

Tra questi vi è l’attuale primo ministro dell’India Narendra Damodardas Modi, che ha vinto le elezioni del 2014 col suo Partito Popolare Indiano (BJP), all'interno della coalizione Alleanza Nazionale Democratica.

Il voto a favore di Modi e del Bjp, sia alle politiche che alle amministrative, è stato assolutamente trasversale per convinzioni politiche, casta e ceto sociale. A votare per lui sono stati tutti quelli delusi dall’immobilità stagnante dell’ultimo governo del Congresso, gli uomini d’affari, i piccoli e i medi commercianti, i giovani alla ricerca di un lavoro e anche le masse di contadini e lavoratori che nel figlio di un venditore di the (chai wallah) salito al potere hanno visto l’incarnazione di un neonato “sogno indiano”. Modi in gioventù militò nel movimento Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS) di cui entrò a farne parte nei primi anni '70, creando nella sua area un'unità chiamata l'Akhil Bharatiya Vidyarthi Parishad.

Modi nasce in una famiglia ghanchi, uno dei ranghi più bassi del sistema delle caste indiane, e suo padre era come abbiamo detto un venditore di tè.

Durante la sua carriera politica è stato per tre volte primo ministro dello stato indiano del Gujarat. Durante la sua amministrazione ha rilanciato l'economia, ma è stato accusato di aver fortemente limitato la libertà di stampa, venendo criticato per le sue posizioni dispotiche e le sue idee nazionaliste ed estremiste.

Vegetariano stretto, ha proibito la macellazione di carne bovina e il possesso di una bistecca è punito quanto quello del traffico di droga.

Nel 2014, all'età di sessantatré anni, è stato eletto Primo ministro dell'India.

Anche se né il BJP né l'RSS sostengono la creazione di uno stato indù, la principale preoccupazione di entrambi i gruppi è il pericolo rappresentato per la "nazione indù" dal proselitismo islamico soprattutto di matrice sunnita-salafita.

Nei quasi cinque anni del suo governo ha applicato al paese la ricetta già vincente in Gujarat tentando di trasformare l’India in un vero e proprio marchio da vendere all’estero basandosi sulle “cinque T”: technology, trade, tourism, talent and tradition (tecnologia, commercio, turismo, talento e tradizione). Il progresso economico era un metodo per creare e diffondere un forte senso di orgoglio nazionale in una nazione che sembrava ormai persa dietro una frammentazione sempre più accentuata delle sue diverse identità. «L’India ha bisogno di essere modernizzata, non occidentalizzata», ha dichiarato Modi in campagna elettorale e per farlo, si è concentrato su economia e politica estera cercando di costringere il resto del mondo a prendere l’India sul serio, e a considerarla come partner militare, economico e commerciale nonché un paese che non accetta di giocare seguendo le solite regole scritte dall’Occidente.

Mentre i suoi avversari sono prigionieri di schemi e teoremi del passato, Narendra Modi vince perché riesce a far digerire al popolo anche mosse considerate dagli analisti disastrose come la demonetizzazione: dopo due mesi di assoluto delirio, i bancomat erano di nuovo pieni alla vigilia delle elezioni e questo, più di molte analisi politiche “alte”, ha influito non poco sul voto.

Il populismo di Modi instaura una relazione diretta, tra le masse e il politico, che porta a quest’ultimo sia la fedeltà delle prime, sia il loro sostegno attivo nella sua ricerca del consenso, e questo in funzione della capacità carismatica del politico di mobilitare la speranza e la fiducia delle masse nella rapida realizzazione delle loro aspettative sociali nel caso in cui egli acquisti un potere sufficiente.

Del resto l’India da convincere, piaccia o no, non è quella degli intellettuali di città (per quanto anche molti di loro abbiano votato per Modi alle ultime politiche), ma quella della provincia, quella che tenta di destreggiarsi tra tradizione e modernità. Modi, in qualche maniera, riesce a regalare loro qualcosa che intellettuali più fini e politici più raffinati non riescono a dare: l’attaccamento alla tradizione insieme alla speranza in un futuro migliore.

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