"EL PELE'", IL PRIMO SANTO GITANO
- Massimo Mannarelli
- 14 mar 2019
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Ceferino Jiménez Malla detto "El Pelé", nasce a Benavent de Lérida nel 1861 e muore fucilato presso il cimitero di Barbastro nell'estate del 1936. Nei primi mesi della guerra civile che insanguina la Spagna viene arrestato per aver difeso un sacerdote; al momento dell'esecuzione stringe tra le mani la corona del rosario. È stato il primo zingaro beato nella storia della Chiesa, proclamato il 4 maggio 1997 da Giovanni Paolo II a Roma.
Sulla sua nascita non si hanno molte informazioni. Fin da bambino conosce la precarietà della vita nomade e la povertà autentica. Fa il panieraio, tesse cioè ceste e canestri, che poi vende di villaggio in villaggio, ma le bocche da sfamare sono tante, anche perché il padre li abbandona per andar a vivere con un’altra donna, lasciandoli nell’autentica indigenza. A 18 anni si sposa alla maniera gitana con Teresa Jiménez: è un matrimonio felice, anche se privo di figli, che durerà più di 40 anni. Le testimonianze concordano: le condizioni di estrema povertà non riescono a fare di lui un ladro o un approfittatore. L’onestà che gli viene da tutti riconosciuta finisce per procurargli un’autorevolezza, una superiorità morale grazie alla quale acquista un ruolo di “capo” dei gitani di Barbastro e del circondario. Gli vengono chiesti consigli e di intervenire da paciere nelle liti famigliari, nelle controversie tra gitani e addirittura nelle dispute tra questi e le persone del luogo. La svolta economica della sua vita avviene per un atto di generosità: un giorno si carica sulle spalle e riporta a casa, incurante del pericolo di contagio, un ricco possidente di Barbastro, malato di tubercolosi, svenuto per strada a causa di uno sbocco di sangue. La famiglia di questi lo ricompensa con una forte somma, con la quale Ceferino intraprende un redditizio commercio di muli che gli fa raggiungere un invidiabile livello di benessere. Anche nel commercio e nell’improvvisa agiatezza si rivela però limpido ed onesto, fino allo scrupolo: chi acquista da lui sa che non avrà sorprese, perché gli eventuali difetti delle sue bestie sono messi ben in evidenza, non ammettendo frodi neppure dagli altri gitani. Eppure, un uomo così viene un giorno incarcerato perché due animali che ha comprato si sono rivelati rubati: elemento più che sufficiente per accusarlo di ricettazione o perlomeno di incauto acquisto. Pesano sul suo arresto e sul processo, certamente, la sua origine gitana ed il pregiudizio razziale che fa di ogni zingaro un potenziale disonesto. Assolto per aver dimostrato la sua buona fede e la sua completa estraneità al furto, il Pelè continua la sua redditizia attività commerciale, nonostante la quale si riduce in povertà: ha infatti le mani bucate perchè soccorre chiunque è nel bisogno ed aiuta i poveri, il più delle volte di nascosto dalla moglie che non condivide questa sua prodigalità. Prima di tutto, però, il Pelè è un cristiano convinto, che della sua fede non fa mistero: sempre con la corona del rosario in mano, attivissimo nelle associazioni religiose, impegnato nell’adorazione notturna, nella messa e poi anche nella comunione quotidiana da quando, regolarizzando la sua posizione anche con il matrimonio religioso, può accostarsi ai sacramenti. La rivoluzione del 1936 che scatena l’odio antireligioso, non riesce a fargli mutare minimamente la sua coraggiosa professione di fede: difatti lo arrestano nel mese di luglio, perché ha difeso un prete e perché in tasca gli trovano la corona del rosario. Che non posa più, neppure quando amici influenti gli promettono l’immediata scarcerazione se soltanto evita di farsi vedere con la corona in mano. Lo fucilano ai primi di agosto, ancora e sempre con il rosario in bella vista, insieme al suo vescovo con il quale è stato beatificato da Giovanni Paolo II nel 1997, primo e finora unico zingaro ad essere portato sugli altari. Nel 2011, a 150 anni dalla nascita ed a 75 dal martirio, si sono moltiplicate le iniziative, compreso un audiolibro, per lui, che non sapeva leggere, ma che aveva imparato molto bene a pregare.
Nel Martirologio Romano si scrive: Nello stesso luogo (Barbastro in Spagna), beato Ceferino Jiménez Malla, martire, che, di origine zingara, si adoperò per promuovere la pace e la concordia tra il suo popolo e i vicini, finché fu arrestato in quella stessa persecuzione mentre difendeva un sacerdote trascinato per le vie dai miliziani. Rinchiuso in carcere e condotto infine al cimitero, fu fucilato con la corona del Rosario tra le mani, ponendo così fine al suo pellegrinaggio terreno.