IL RAP MESSIANICO DI NISSIM BLACK
Damian Black (9 dicembre 1986, Seattle, Washington) cresce nel quartiere di Seward Park con i suoi genitori, James "Captain Crunch" Croone e Mia Black, entrambi rapper e membri, alla fine degli anni ‘70, rispettivamente di Emerald Street Boys e Emerald Street Girls. Anche i nonni erano musicisti e suonavano al fianco di Ray Charles e Quincy Jones.
I genitori si separano quando lui ha solo due anni. Vive poi con la madre che si risposa poco dopo.
Sia i genitori biologici che il patrigno usano e spacciano droga da casa, provocando un'incursione dell'FBI nel 1995 che porta all'arresto di sua madre che muore successivamente per overdose a 37 anni.
Black nasce musulmano sunnita, anche se non praticante. Dopo aver frequentato un campus estivo evangelico decide di convertirsi al cristianesimo.
Black inizia a rimare fin da preadolescente, registrando con il nome di Danger. All’età di 13 anni, il produttore Vitamin D sposta il suo studio nel seminterrato del patrigno di Black e inizia a seguire il ragazzo passo per passo, producendo alcune delle sue prime registrazioni ufficiali. Black registra in quel periodo anche con il produttore Bean One di Dyme Def .
Nel 2007, debutta con l’album “The Cause and Effect”. Jake One, Bean One e Vitamin D contribuiscono alla produzione. Nonostante l'album venda più di 4.500 copie, non riceve molta attenzione al di fuori della scena nord occidentale degli States.
Dopo l’uscita di “The Cause ed Effect”, Black, ora marito e padre, inizia a mettere in discussione le sue credenze cristiane, rivolgendosi all'ebraismo messianico e convincendo la moglie a seguirne l'esempio.
Nel 2009, pubblica il suo secondo album “Ali'yah” che per cinque settimane rimane al 4° posto delle classifiche hip hop di CMJ. Sei mesi dopo l'uscita dell'album, Black inizia a scavare dentro se stesso, ponendosi molte domande sull’esistenza e la religione, arrivando a rinunciare definitivamente alla sua fede in Gesù e nel cristianesimo per abbracciare l’ebraismo.
Dopo una vita vissuta vendendo droga e commettendo violenze di ogni tipo, Black comincia a prendere le distanze da quel mondo: "Sono cresciuto esposto a molte violenze, a un sacco di abusi di droga, violenze a bande". Black non condivide più i contenuti della musica rap prendendo perfino le distanze dal proprio repertorio musicale.
Tenta senza successo di sciogliere il contratto con i discografici e lasciare per sempre il lavoro di rapper. Si trova costretto per accordi presi a promuovere l’album, accettando solo rimborsi per le spese di tour, rifiutando ogni altro compenso e non esibendosi il Shabbat.
Nel 2011 esce pubblicamente dalla scena musicale e si trasferisce a Seward Park dove vive la comunità ebraica, qui inizia a studiare per la sua conversione con il rabbino Simon Benzaquen alla Sephardic Bikur Holim Congregation.
Durante questo periodo, interrompe tutti i collegamenti con la sua carriera precedente, incluso abbandonare la sua posizione in Sportn 'Life e si libera della sua intera collezione musicale, per immergersi seriamente nel suo processo di conversione.
Verso la fine do tale percorso, uno dei suoi figli si ammala di meningite e viene ricoverato in ospedale, è un duro colpo per la famiglia per altro finanziariamente alle strette.
Assorto in preghiera nel suo studio di registrazione, Black scopre che un microfono rotto da tempo riprende a funzionare; tale avvenimento venne preso come un segno divino che gli indica di tornare alla musica.
Nel settembre del 2012 annuncia ufficialmente il suo ritorno nel pianeta musicale.
Il 26 febbraio 2013, pubblica il mixtape Miracle Music , la sua prima registrazione ufficiale con il suo nuovo nome d'arte, Nissim.
Fino a marzo 2016, Black vive nel quartiere della comunità ebraica di Seward Park a Seattle con la moglie Adina (ex Jamie) e i loro figli. I due sposati una prima volta nel 2008 quando lei ha solo 17 anni, si risposano con il rito ebraico ortodosso nel 2013 presso la Sephardic Bikur Holim Congregation in seguito alla loro doppia conversione.
Nel marzo 2016, Black e la sua famiglia fanno ritorno in Terra Promessa, dove decideranno di vivere a Gerusalemme, nella zona ortodossa di Meah Shearim-Bais Yisrael.
In un'intervista del 2018 a Menachem Toker di Radio Kol Chai , Nissim Black rivela che i suoi figli sono stati oggetto di discriminazione razziale da parte di alcuni gruppi ultra-ortodossi, appartenenti al Giudaismo Haredi, che gli hanno negato l'ammissione per espliciti motivi di carattere razziale.
Nissim Black racconta di aver chiesto consiglio a Rav Chaim Kanievsky che conferma invece che il colore della sua pelle non era limitante per la sua adesione all’ebraismo.
Nissim che ascolta solo musica ebraica da dieci anni ("Non so cosa succede nel mondo del rap non ebreo", dice), ammette che ci vuole molto più tempo ora per scrivere le sue canzoni, rispetto a quelle dell'inizio della sua carriera. Il rap, sviluppato dagli afro-americani negli anni '70, in conflitto con la Torah assume una forma nuova con Nissim, ormai fedele al Chassidismo (un movimento di massa ebraico basato sul rinnovamento spirituale dell'ebraismo ortodosso) che da una nuova svolta a questo genere musicale, affermando "La musica è così potente", dice: “Nei tre o quattro minuti che ascolti una canzone, inizia a controllare le tue emozioni o il modo in cui ti comporti. Voglio essere in grado di fare musica che impedisca a qualcuno di suicidarsi o darà speranza a qualcuno, se ne ha bisogno. Voglio dare alle persone qualcosa che lo allontanerà dalla profanazione di Dio”; "Ci sono un sacco di preghiere personali nelle mie canzoni ora"; "Per me, nel passato, quando scrivevo per il mondo non ebraico, potevo scrivere molto più facilmente e molto più velocemente, perché era solo una specie di rima parlante. Ora, perché voglio mettere molta più emozione in tutte le canzoni, mi ci vuole molto più tempo”.
Con la musica Nissim si pone come unico obiettivo quello di vedere i suoi ascoltatori crescere e avvicinarsi all’Ebraismo e, nonostante, molti rabbini non lo affermino pubblicamente, Nissim ha molto sostegno da parte di alcuni di loro, anche di quelli che hanno a lungo condannato il rap.