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Massimo Mannarelli

LA NOMADELFIA DI DON ZENO SALTINI


Nomadelfia nasce negli anni trenta per volontà di don Zeno Saltini, figlio di agricoltori benestanti di Carpi che vive l'infanzia e la giovinezza tra fermenti cattolici e socialisti, in cui convivono realtà ed utopia. Dopo essersi laureato in legge presso l'Università Cattolica di Milano, viene ordinato sacerdote nel 1931 e celebra la sua prima messa nel duomo di Carpi il 6 gennaio dello stesso anno. Viene nominato vice parroco della chiesa di San Giacomo Roncole, frazione di Mirandola, dove fonda l'Opera dei Piccoli Apostoli, dedita all'accoglienza degli orfani di guerra e dei bambini abbandonati.

Nel 1947 occupa con i Piccoli Apostoli l'ex campo di internamento di Fossoli. La comunità inizia anche ad ammettere delle coppie di sposi disposti ad accogliere come figli i ragazzi senza famiglia. L'Opera Piccoli Apostoli il 14 febbraio 1948 approva il testo di una Costituzione e la comunità prende il nome di Nomadelfia. Il villaggio raccoglie migliaia di ragazzi, viene benedetto da Papa Pio XII ed il cardinale di Milano Ildefonso Schuster, con una cerimonia in duomo, affida a don Zeno quaranta bambini. Nomadelfia è all'apice della notorietà.

Nel 1950 don Zeno propone il lancio di un movimento politico "Movimento della Fraternità Umana", propugnatore di forme di democrazia diretta. Questo fatto suscita immediatamente una forte ostilità non solo presso gli organi di governo, ma anche presso numerose autorità ecclesiastiche.

Nel frattempo la comunità raggiunge il numero di 1500 persone, dei quali 800 figli accolti e 150 ospiti (senza casa e senza lavoro). Ne fanno parte, in questo periodo, anche Danilo Dolci soprannominato Gandhi della Sicilia o Gandhi italiano e Giovanni Vannucci presbitero e teologo italiano dell'Ordine dei Servi di Maria.

Il ministro degli Interni Mario Scelba sollecita a Nomadelfia una relazione economica-amministrativa. Da questo punto di vista, infatti, la comunità viaggia in acque poco tranquille anche se afferma di avere un patrimonio immobiliare di 613 milioni di vecchie lire a fronte di passività per 370 milioni.

Don Zeno chiede sovvenzioni, lanciando una campagna per raccogliere addirittura un miliardo di lire. Tra i suoi sostenitori spiccherà la contessa Giovanna Albertoni Pirelli, che gli dona una enorme estensione di terreno presso Grosseto.

Pensando di evitare interventi sia dello Stato che della Chiesa, Nomadelfia si trasforma: i suoi membri rinunciano al nome di piccoli apostoli, dichiarando di non considerarsi una comunità a carattere religioso e costituendosi in libera associazione civile.

Si diffondono malignità sulla moralità delle famiglie di Nomadelfia, il che suscita la diffidente reazione di molti cattolici. Le accuse successive spaziano dall'apologia del comunismo all'eresia.

Tra coloro che sono accolti a Nomadelfia e che, raggiunta l'età del consenso, decidono di uscirne, vi è anche il brigatista rosso Paolo Maurizio Ferrari, attualmente attivo con i movimenti No Tav.

Don Zeno è stato partigiano e soprannominato il prete rosso. Ha gridato sulle piazze che i ricchi devono dare ai poveri e che se i ricchi non danno, i poveri devono prendere. In più, don Zeno non smette di parlare né di scrivere, aggravando la sua posizione con le sue affermazioni e le sue tesi sulla famiglia.

Il 5 febbraio 1952 don Zeno riceve dal Sant'Uffizio una Intimatio con la quale gli si ordina di ritirarsi da Nomadelfia e di mettersi a disposizione della sua diocesi o di altra che egli preferisca.

Il decreto che decapita Nomadelfia è firmato dal cardinale Giuseppe Pizzardo, ma più di un motivo lascia ritenere che l'allontanamento drastico del fondatore e leader di Nomadelfia sia dovuto a ragioni politiche, vista l'aperta ostilità dei partiti, in particolare della Democrazia Cristiana. Don Zeno obbedisce, sebbene a malincuore.

Nel giugno del 1952 la comunità viene sciolta con la forza su ordine del Ministro Mario Scelba. I beni vengono ceduti alla commissione prefettizia di liquidazione coatta, le famiglie vengono allontanate , pochi rimangono, la maggior parte dei bimbi viene deportata in vari orfanotrofi.

Nel novembre del 1952 don Zeno è processato per una denuncia dei creditori, ma viene assolto. Si chiude in questo modo l'esperienza di Fossoli.

Per aiutare i propri figli dispersi don Zeno chiede a Pio XII di essere dimesso dallo stato clericale. Il Papa nel 1953 glielo concede, dicendogli che una volta sistemato il problema avrebbe potuto richiedere il ritorno al sacerdozio.

L'esperienza di Nomadelfia riparte nel comune di Grosseto tra le frazioni di Roselle e Batignano, dove dopo dieci anni di durissimo lavoro i Nomadelfi trasformano una zona arida e pietrosa in una piccola tendopoli. Tende che in seguito saranno sostituite da prefabbricati.

Nomadelfia (neologismo modellato dai due termini greci nomos e adelphia, “dove la fraternità è legge”) si definisce come "una proposta", un modello di vita alternativo rispetto a quello proposto abitualmente dalle società occidentali. I suoi componenti, tutti cattolici praticanti (ad oggi circa 350), adottano uno stile di vita ispirato a quello degli Atti degli Apostoli e per certi versi simile all'esperienza dei kibbutz o dei falansteri. All’interno di essa non esiste proprietà privata, le famiglie sono disponibili ad accogliere ragazzi in affido, si lavora solo all'interno della comunità e nessuno è retribuito. Molti lavori sgradevoli vengono svolti a turno da tutti i componenti mentre i nuclei familiari vengono raggruppati in unità più grandi (3-5 famiglie), che condividono assieme vari momenti della giornata (come i pasti). La scuola per i ragazzi è anch'essa gestita dalla comunità. I ragazzi si presentano poi agli esami come privatisti. Le responsabilità educative sono assunte "in toto" da tutti gli adulti, in una specie di "famiglia allargata".

Il principio ontologico su cui si fonda questa fraternità è che tutti gli esseri umani sono figli di Dio e dunque fratelli e sorelle tra loro. Nomadelfia, nelle sue intenzioni, esiste per dare all'umanità un segno concreto e praticabile che vivere insieme in pace come fratelli e sorelle è possibile.

Nel 1962 papa Giovanni XXIII istituisce la nuova parrocchia di Nomadelfia, nominandone parroco don Zeno.

Nel 1965 nascono le serate di Nomadelfia, spettacoli itineranti gratuiti in Italia e all'estero per far conoscere la realtà di questo paese. Tra i primi vescovi a richiedere una serata, segno di una rinnovata attenzione della gerarchia ecclesiastica all'esperienza di Nomadelfia, vi fu il vescovo di Sansepolcro, Abele Conigli. Nel 1980 lo spettacolo viene proposto a Papa Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo. Don Zeno morirà l'anno successivo. Il 21 maggio 1989 è il Papa stesso a visitare la comunità in occasione di un viaggio pastorale a Grosseto.

La comunità di Nomadelfia è stata ricevuta anche da Papa Francesco il 17 dicembre 2016, giorno del suo compleanno mentre il 10 maggio 2018 è la comunità di Nomadelfia a ricevere la visita di papa Francesco.

Tra gli altri che hanno fatto parte di Nomadelfia vi fu anche Beppe Lopetrone, fotografo di moda internazionale, che vi è ritornato negli ultimi mesi della sua vita, lasciando parte dei propri beni alla comunità. Lopetrone ha inoltre realizzato con i Nomadelfi un libro fotografico intitolato Don Zeno 100 ANNI.

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