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Sibilla Mannarelli

L'UNIVERSALITA' DELLO YOGA NELLA PRATICA DI NILL HAHOUTOFF


Yuri Nil Hahoutoff (1900-1982) fu uno sportivo russo della Georgia, noto per aver sviluppato un metodo di yoga chiamato appunto metodo Nil Hahoutoff.

Nel 1917, in seguito alla rivoluzione, fu costretto a lasciare la Russia insieme alla sua famiglia per la Francia (Nizza). Dopo aver praticato la danza, ma anche l'arte del circo, conobbe Hyran Moy Chandra Gosh, un indiano di 80 anni che gli insegnò lo Yoga dal 1925 e con cui rimase per 10 anni. Il suo insegnamento comprendeva diverse pratiche: Hatha-Yoga (Kundalini Yoga, tra gli altri), Swara yoga (respirazione yoga), Jnana Yoga (yoga della conoscenza). L’insegnamento fu molto duro. Gli era richiesta una piena disponibilità poiché a volte veniva costretto a lavorare con il maestro per tre giorni e tre notti di fila, oppure doveva recarsi da lui nel cuore della notte per soli cinque minuti di conversazione (dovendo farsi un lunghissimo tragitto a piedi non avendo soldi sufficienti per pagare un taxi).

Durante la guerra. Hahoutoff partecipò alla resistenza, soprattutto nell’attività di sabotaggio. Al termine del conflitto si impegnò, nel sud della Francia, in un progetto di rieducazione psicologica per bambini con squilibri sociali.

Era un uomo straordinario, si impegnava nei più disparati settori: fisico, sportivo, culturale, morale, spirituale.

Negli anni cinquanta tornò a Parigi, dove insegnò yoga fino al giorno della sua morte, nel 1982.

Scrisse, dalla fine degli anni '50, per la rivista “La Nouvelle Hygiène”, nella sezione "Ginnastica", pubblicando articoli ed esercitazioni. Questi esercizi furono raccolti e pubblicati nel Courrier du Livre, con il titolo di " Ginnastica evolutiva per tutti", prima nel 1962 (con 36 esercizi) e poi nel 1979 (86 esercizi).

Per tutta la vita, lottò per promuovere lo yoga puro che aveva ricevuto dal suo maestro. Sviluppò un metodo “fisico” che combinava tecniche di yoga e ginnastica e partecipò al lancio delle prime federazioni Yoga (National Federation of Yoga Practitioners, National Union of Yoga), presiedendo la National Union of Yoga Teachers e sognando di organizzare un Ordine di Insegnanti Yoga sul modello dell'Ordine dei Medici (cosa che non si è ancora mai avverata).

Non ebbe mai una scuola tutta sua, ma si appoggiò sempre su altre strutture.

Il suo principio era “se vuoi imparare, vieni; se vuoi continuare ad imparare, ritorna”.

Nel suo insegnamento acquisiva una certa importanza il tema dell’ego. L’insegnante secondo lui non doveva dare spazio al proprio ego, ma mettersi al servizio dell’allievo e dargli tutti i mezzi che lo yoga fosse in grado di offrire per essere felici. Non doveva imporsi su di lui.

Lo yoga aveva lo scopo di permettere a ciascuno di trovare il proprio posto nella vita.

Nil Hahoutoff si poneva come il karyana mitra (l’amico che aiuta), uomo paziente, disponibile, attento e pieno di umorismo.

Una lezione di Nil Hahoutoff durava circa due ore: un’ora di esercizi preparatori, per la colonna vertebrale, i polmoni e il rilassamento; la seconda di esercizi per il risveglio delle energie e la stabilità. C’erano sequenze come surya namaskar e asana molto potenti. A volte si eseguiva pranayama, altre volte si recitavano mantra. Le lezioni erano molto metodiche e si basavano su yama, niyama e prāṇāyāma.

La sua dottrina si lega alla tradizione dello jñāna yoga, lo yoga della conoscenza che consente di conoscere tutti i livelli dell'essere alla luce dell'Intelligenza. Attraverso questo percorso l'uomo indaga l’essere grazie al discernimento. Questo discernimento insieme a una grande volontà permette di distinguere l'apparente e l'ingannevole dal reale e dal vero. Il Jnana Yogi, attraverso uno sviluppo della sua facoltà di discriminazione può differenziare l'uomo interiore da quello esteriore e lavorare sul primo. Questa pratica di discernimento, riflessione e domande costanti porta con sé una conoscenza non condizionata dai preconcetti, né dai contenuti emotivi, né dai giochi mentali, non rientrando più nelle reti di Maya (l’inganno).

La condotta indicata da questo grande maestro prevede prima di tutto di tenere presente, con ardore e desiderio, l'obiettivo da raggiungere, senza dimenticarlo.

Tramite le Asana venivano sviluppate sensibilità, determinazione, volontà, rettitudine, sicurezza e innalzamento del livello di coscienza ... e ogni postura diventava essa stessa meditazione.

Nel Pranayama si utilizzavano in modo efficiente le strutture respiratorie favorendo il Kumbhaka (apnea) con la conseguente espansione ed accumulo di prana: in esso il silenzio interiore e il pensiero potevano essere espressi.

Le tecniche di concentrazione e meditazione erano esposte con indicazioni sufficienti e chiare per non perdersi e superare ostacoli, scendendo a fondo in se stessi.

La pratica (o Sadhana) si doveva svolgere in modo costante, con rigore e disciplina consentendo all’intelligenza di trasformarsi in Intuizione, alla sensibilità di diventare sentimento, abbandonando la propria volontà alla volontà divina.

Lo stile di vita “yogico” si applicava così a tutte le attività quotidiane facilitando la crescita interiore.

Il maestro suggeriva una dieta adeguata, studio, presenza costante.

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IL BLOG DI MASSIMO E SIBILLA MANNARELLI

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