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  • Massimo Mannarelli

MOLINOS ZUXIA IL PADRE DEL "QUIETISMO"


Miguel de Molinos Zuxia (Muniesa, 30 giugno 1628 – Roma, 28 dicembre 1696) è stato un presbitero, mistico e scrittore spagnolo.

Considerato il fondatore della corrente mistica religiosa chiamata quietismo, fu accusato di eresia dall'Inquisizione romana, costretto ad abiurare e condannato al carcere a vita.

Nel 1675 pubblicò in spagnolo la sua “Guida spirituale che disinvolge l'anima e la conduce per l'interior cammino all'acquisto della perfetta contemplazione e del ricco tesoro della pace interior”, tradotta in italiano dal francescano alcantarino Juan de Santa Maria ed edita da Michele Ercole insieme con altro suo scritto, il Breve trattato sulla comunione quotidiana. L'edizione, che ebbe l'imprimatur del domenicano Raimondo Capizucchi, cardinale dal 1681, conobbe un successo straordinario e fu ristampata a Roma e a Venezia già nel 1677. Conobbe un'altra edizione romana nel 1681, mentre a Venezia fu ristampata ancora nel 1678, nel 1681, nel 1683 e nel 1685; in Spagna fu pubblicata nel 1676, nel 1677 e nel 1685. Da quest'anno, nel quale il Molinos fu arrestato dall'Inquisizione, in Italia non vi furono più edizioni della Guida spirituale, che conobbe invece un largo successo nei paesi riformati: fu pubblicata in traduzione latina a Lipsia nel 1687, nel 1688 in francese ad Amsterdam, in olandese a Rotterdam, e in inglese a Londra, mentre ebbe una traduzione in tedesco a Francoforte nel 1689.

Per Molinos la contemplazione si attuava tramite annichilazione, accoglimento, morte mistica, silenzio della preghiera e, infine, sospensione della parola e comprensione. Potrebbe essere che questo concetto della contemplazione causò il sospetto teologico. Si scontravano infatti due correnti di spiritualità: il non discorsivo e contemplativo ed il discorsivo e meditativo proprio dei Gesuiti, principali detrattori del quietismo.

Il libro non costituì soltanto un successo editoriale, ma fece proseliti, che seguirono le indicazioni della Guida sul modo di «giungere a Dio» non attraverso la meditazione e i ragionamenti, ma «con la pura fede e la contemplazione».

L'opera di Molinos rappresentò il crepuscolo della brillante tradizione mistica spagnola. Sebbene la guida spirituale ed il suo quietismo non ebbero riverbero in Spagna, generò sufficiente interesse negli stranieri. Il quietismo ebbe ripercussioni soprattutto in Italia dove cardinali come Casanate, Carpegna, Azzolini e D'Estrées si onorarono della amicizia con Molinos, ed altri come Colloredo, Ciceri e Petrucci, vescovo di Jesi, la abbracciarono apertamente, incluso papa Innocenzo XI, che parve essere a lui molto favorevole e disposto a farlo cardinale. In Francia vi furono forti polemiche contro padre François Lacombe, madame Jeanne Guyon e Fénelon diffusero il quietismo. Intervenne alla fine Bossuet che cercò di sradicare tale dottrina. Successivamente il quietismo attirò l'attenzione del poeta José Ángel Valente, al quale ispirò la poesia del silenzio ed alcuni dei suoi postulati, e del poeta portoghese Miguel Torga.

Il cardinale Francesco Albizzi fu incaricato dal Sant'Uffizio, allarmato dalla diffusione del fenomeno, di predisporre una relazione, che fu presentata il 12 aprile 1682: in essa si indicava l'esistenza di gruppi organizzati di fedeli del Molinos a Milano, in Valcamonica, in Liguria e a Napoli. Il fenomeno fu denunciato pubblicamente nel 1682 dall'arcivescovo Iñigo Caracciolo, che in quell'occasione sembra aver utilizzato, per la prima volta, il termine quietismo.

Già iniziative polemiche nei confronti delle indicazioni del Molinos erano state prese dai gesuiti, che lo rimproverarono di presentare la meditazione come un esercizio inutile o, peggio, disprezzabile: a queste prime critiche il Molinos rispose nel 1676 con le “Cartas a un caballero espaňol”, negando di sostenere una tale posizione. Tuttavia gli attacchi dei gesuiti continuarono.

Il 15 febbraio 1682, il cardinale Alderano Cybo-Malaspina scriveva ai vescovi del pericolo rappresentato da certi direttori spirituali che instillavano «nella mente de' semplici diversi grandissimi e perniciosissimi errori, che poi abortisce anche in aperte eresie et abominevoli laidezze», rendendo equivalente, secondo un topos consolidato, l'eresia alla depravazione morale.

Vi è chi ha sostenuto che la svolta decisiva della vicenda sia stata dovuta all'intervento di Luigi XIV: questi, in cattivi rapporti con il papa e intenzionato a porsi come campione della causa cattolica (di lì a pochi mesi abrogherà l'editto di tolleranza nei confronti dei protestanti emanato da Enrico IV)e convinto dal suo confessore, il gesuita François d'Aix de Lachaise, che il quietismo rappresentasse un'eresia protestante, intervenne, attraverso il suo ambasciatore a Roma, il cardinale César d'Estrées, chiedendo l'arresto del Molinos.

Miguel de Molinos fu arrestato il 18 luglio 1685. Il processo ebbe un avvio lento, per la necessità di acquisire non facili elementi di prova sulle presunte deviazioni dottrinali del prete spagnolo attraverso l'esame del suo libro, ma non solo. Fu costruita una grottesca impalcatura di accuse di immoralità che il Molinos, posto sotto tortura, non ebbe la forza di respingere, finendo per confessare qualunque cosa gli venisse imputata. In mancanza degli atti processuali, che furono distrutti dai funzionari del Sant'Uffizio alla fine del Settecento per sottrarli al sequestro dei Francesi, può dare un'idea del tenore delle imputazioni quanto il vescovo di Teano, Giuseppe Maria Giberti, scrisse nel 1687 nel suo Ragguaglio della pessima vita di Michele Molinos: «Non aver mai né di venerdì né di sabato né di vigilie né di quaresima osservato il digiuno, ma sempre mangiava carne, e solo il pesce, per aguzzarsi l'appetito, unitamente con la carne. Aver avuto per diciotto anni continui commerci con una donna, che anch'essa sta al Santo Officio e che ogni matina la faceva communicare. Che per procurarsi la libidine, si faceva servire in tavola e spogliarsi da più donne ignude, e altre volte stava presente veder donne e uomini nudi a trescare insieme e congiongersi. Di aver più volte sodomitato, quale atto diceva non esser peccato, perché non era scritto nel Decalogo, come anche diceva della bestialità»

Dalla Guida spirituale furono estratte 68 tesi considerate eretiche: in esecuzione della sentenza emessa il 3 settembre 1687, fu costretto a pronunciare formale abiura nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva il 13 settembre 1687 e fu condannato per eresia e immoralità alla reclusione perpetua. Il papa ratificò la sentenza il 20 novembre con la bolla Coelestis pastor e il Molinos morì in carcere nove anni dopo.

In ambito cattolico va tuttavia ricordata l'opera "La pratica della presenza di Dio", testo che raccoglie quanto ci rimane degli scritti e dell'insegnamento di Frate Lorenzo, un autentico uomo di Dio, un umile e semplice frate converso vissuto nel diciassettesimo secolo nel monastero carmelitano di Parigi; il suo messaggio è stato avvicinato per molto tempo a quello dei "quiestisti" francesi, ed ancora oggi rimane poco conosciuto dai ricercatori di matrice cattolica.

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