LA MISTICA FASCISTA TRA CHIESA ED ESOTERISMO
Thomas Dana Lloyd scrive che il rinnovamento defeliciano degli studi storici ha posto in evidenza come il regime fascista non nasceva in un vuoto, ma fu piuttosto la conseguenza di una serie di fattori concatenati di tipo politico, sociale, economico e culturale: e noi aggiungeremmo, anche di tipo spirituale. Non si può trascurare il fatto che in Italia, uscita vittoriosa dall’estenuante esperienza della Grande Guerra, esisteva una vasta gamma di organizzazioni, circoli, periodici e attività editoriali collegati in qualche modo con l’esoterismo e con l’occulto. Si trattava di una vera e propria rete socioculturale, caratterizzata da una dinamica di scambio tra persone (per affiliazioni formali o per semplici frequentazioni) ed idee (per la lettura delle stesse riviste e degli stessi libri).
Secondo Thomas Dana Lloyd questa rete si era già diffusa tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, grazie anche all’intensa attività in ambito locale che caratterizzava non solo Roma, ma anche altre città come Firenze, Napoli e Milano. Si trattava di un’epoca di grandi mutamenti in cui alle antiche e ben consolidate organizzazioni o correnti filosofico-iniziatiche come il pitagorismo, l’ermetismo, il neotemplarismo e la Massoneria simbolica ed esoterica si aggiungevano forze nuove come la Società Teosofica e la ricerca metapsichica. Anche molti esponenti letterari ed artistici del Futurismo fiorentino si occuparono di esoterismo.
In quanto ai circoli più ristretti, si potrebbe dire che essi costituivano il fulcro dell’attività intellettuale e spirituale intorno al quale si muovevano i maggiori personaggi dell’esoterismo, tra cui i circoli kremmerziani, il filone pitagorico di Reghini e di Armentano e le derivazioni dell’esoterismo massonico.
In quanto all’ambiente romano nei primi anni Venti si possono citare diversi cultori del filone esoterico e mistico-religioso, i quali avevano animato, a partire dai primi anni del secolo, un’intensa attività culturale e editoriale: per esempio, Ersilia Caetani Lovatelli, Leone Caetani, Giacomo Boni, il gruppo dei teosofi indipendenti della rivista ”Ultra”, i teosofi ufficiali di ”Gnosi” e il gruppo di spiritisti e spiritualisti della rivista “Luce e Ombra”. Sempre a Roma, negli anni Venti, veniva pubblicato «Atanòr», l’insigne rivista di studi iniziatici diretta da Arturo Reghini. Da non dimenticare, poi, la rivista «Mondo Occulto», che usciva regolarmente a Napoli dal 1921 al 1939, e la miriade di pubblicazioni su argomenti anch’essi occulti.
Allo scoppio della prima guerra mondiale in Europa i dirigenti massonici si pronunciarono per l’intervento contro l’Austria allo scopo di liberare Trento e Trieste. In seguito diedero il loro appoggio anche all’impresa di Gabriele D’Annunzio a Fiume.
Gianfranco de Turris, segretario della Fondazione Evola è stato curatore del volume "Esoterismo e Fascismo", nel quale sono raccolti 35 saggi di 25 autori. La conclusione esplicita cui il volume perviene è che non è esistito un “esoterismo fascista” né un “fascismo esoterico”, tuttavia vi furono rapporti complessi e strutturati, perduranti nel tempo, tra ambienti del fascismo e singole personalità (tra gli altri A. Reghini, J. Evola, A. del Massa, M. Scaligero, G. De Giorgio) animate da interessi spirituali, che misero in atto, in quel contesto storico, pratiche esoterico-occultistiche.
La maggior parte dei rappresentanti di tali scuole tradizionaliste, poco, se non nulla, avevano a che spartire con il dogma della chiesa cattolica.
Essi guardavano al mondo classico, in particolare alla Tradizione romana, alla sua Aeternitas, quale archetipo da riattualizzare, sotto il profilo sostanziale e non semplicemente formale, attraverso una rettifica e/o esplicitazione delle potenzialità esistenziali e politiche ri-scoperte dal fascismo. Le proposte più significative elaborate in tale contesto teorico, furono quelle centrate sulla riaffermazione di un imperialismo pagano, prodotte da Reghini ed Evola. Dal primo in chiave neopitagorica, dal secondo con maggiore attenzione nei confronti del momento solare e maschile della Tradizione romana.
Il Movimento tradizionalista Romano si costituì attorno alla convinzione che il bagaglio sapienziale pre-cristiano, la cosiddetta Scienza Sacra, non fosse andato definitivamente perduto con l’affermazione del cristianesimo, ma che si fosse conservato nel tempo, nel più assoluto segreto, nell’ambito di ristretti sodalizi iniziatici che, nei secoli, avrebbero fatto giungere intatto l’arcano sapere a studiosi del XIX e XX secolo.
A riguardo, già nel 1921, Mussolini, pur esaltando l’eredità romana, dichiarò alla Camera che l’unica idea universale della Roma moderna fosse quella che emanava dal Vaticano. Al dogma, avallato ufficialmente, dell’identità tra universalità romana e quella cattolica, si oppose pubblicamente Arturo Reghini, il quale condusse una battaglia quasi solitaria in questo senso.
Il momento più significativo dell’esercizio di tale paideia politico-spirituale di orientamento tradizionalista nei confronti del regime mussoliniano, la esercitò Evola con la direzione della terza pagina del quotidiano di Farinacci “Il Regime Fascista”, intitolata “Diorama filosofico”. Evola chiamò a collaborare a questa sua iniziativa il meglio dell’intelligenza europea degli anni ’30 e ’40, al fine di costruire un’alternativa sociale per il nostro continente,
Il nucleo romano dei gesuiti, incarnato soprattutto da Pietro Tacchi Venturi e da Enrico Rosa, direttore di «La Civiltà Cattolica», mantenne una posizione nettamente conservatrice, giocando un ruolo di spicco contro l’esoterismo e in particolare contro la Massoneria. Effettivamente, il periodico gesuita poté vantare che in “settantacinque e più anni di vita e di battaglie non si è stancato mai di richiamare l’attenzione dei lettori sulla insidiosa opera della setta, intenta a sovvertire i fondamenti stessi degli ordinamenti religiosi e civili della società”. Anche in questo caso, l’antimassonismo del periodico di Via di Ripetta si ergeva a difesa non soltanto della religione, ma anche della società civile. Con l’avvento del fascismo, in ogni caso, l’Italia dal 1929 in poi, “ritornava cristiana e si liberava dal giogo massonico” .
Tra i principali animatori dell’antimassonismo romano vi era il segretario federale Italo Foschi, proveniente anche lui dal nazionalismo; fu visto tra la folla di facinorosi che diedero assalto alle sedi massoniche romane nel 1925.
Thomas Dana Lloyd afferma che l’attacco antiesoterico di stampo politico-teologico non proveniva solo dall’esterno, dagli ambienti cattolici e nazionalisti, ma anche da persone all’interno dello stesso esoterismo: ad esempio Evola esoterista, ma contemporaneamente anche nemico dichiarato di alcuni aspetti dell’esoterismo, nel nome di un suo personale “superfascismo”. Secondo Dana Llyod, Evola come il giobertiano Antonio Bruers, sosteneva una forma di cattolicesimo filo-esoterico e tuttavia eterodosso visibile dal suo contributo (nonostante il suo antiprotestantesimo) alla rivista romana di cultura protestante «Bilychnis»,
Per quanto concerne il Duce, nella recensione del libro "Le religioni orientali nel paganesimo romano", pubblicata nell’«Avanti!» del 6 settembre 1913, si trova uno dei pochi giudizi specifici di Mussolini sulla religione pagana. In questo articolo, egli professava un’ammirazione nietzscheana per il mitraismo, ma allo stesso tempo anche un entusiasmo piuttosto marxista per la rivolta degli schiavi. Concordava comunque con i due pensatori nello scetticismo nei confronti del cristianesimo, rifiutando l’ideale ascetico, considerato dai due filosofi come il “rigetto della vita”.
Tuttavia secondo De Felice, Mussolini, sino all’inizio degli anni Trenta, avrebbe misurato la religione quasi esclusivamente in rapporto al proprio potere politico; è comunque certo che il fratello Arnaldo influì non poco in questo senso; egli infatti si era sempre dichiarato credente “sin dall’infanzia” , affermando un’identità pressoché assoluta tra cattolicesimo e fascismo fino al punto di suscitare non poche perplessità negli ambienti ecclesiastici, affermando che il giuramento fascista fosse l’atto più sacro in assoluto dopo il Battesimo, la Cresima e l’Eucarestia. Gli insegnamenti della scuola di “mistica fascista” vennero da lui ritenuti “perfettamente consoni alla dottrina cattolica” Anche se non vi fu una completa sintonia intellettuale tra i due sul tema della “mistica” clerico-fascista, si può ipotizzare che Arnaldo avesse contribuito in maniera meno palese a plasmare le vedute del fratello a tale proposito. Comunque, è noto che, nelle pagine del «Popolo d’Italia» egli contribuì in maniera non indifferente a creare il clima favorevole alla realizzazione dei Patti Lateranensi, esprimendo più volte il proprio ossequio al cattolicesimo contestualmente ad un acceso antimassonismo.
Va osservato che la prima apertura mussoliniana nei confronti della Chiesa fu carica di importanza simbolica. Dopo solo 30 giorni a Palazzo Chigi, il nuovo Presidente del Consiglio richiamò l’obbligatorietà del regolamento del 6 febbraio 1908 sull’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche (norma emessa proprio dall’odiato Giovanni Giolitti, da sempre bersagliato dalla polemica fascista), prima di avviare una serie di colloqui con il Vaticano. In altri termini, era passato ad una nuova fase politica con la disinvoltura che lo avrebbero caratterizzato negli anni successivi.
Il concetto di esoterismo di per se stesso non faceva paura a Mussolini, il quale espresse più volte la propria ammirazione per Evola, definito come “uomo di profonda cultura esoterica”; ed era anche perfettamente consapevole dei risvolti esoterici dell’ambiente dannunziano.
Qualsiasi fossero i sentimenti personali di Mussolini riguardo alle organizzazioni esoteriche e massoniche, ed ai singoli affiliati, è da ritenersi che all’inizio il suo atteggiamento fosse sostanzialmente politico. Per esempio, al congresso socialista di Ancona del 1912, egli si era servito abilmente dell’ordine del giorno antimassonico in maniera di eliminare i propri rivali moderati all’interno del partito. Ancora nel 1921 dichiarò: “Per me la Massoneria è un enorme paravento dietro al quale generalmente vi sono piccole cose e piccoli uomini”.
La repressione messa in atto tra il 1924 ed il 1925 aveva tre scopi politici ben precisi. Innanzi tutto, vi era la fusione tra il PNF e l’Associazione nazionalista, un processo il quale, nelle parole di Luigi Federzoni, Ministro dell’Interno nel periodo tra il giugno 1924 e l’ottobre 1926, “non era possibile senza la preventiva eliminazione della Massoneria dall’organizzazione del fascismo. I dirigenti nazionalisti posero tale assoluta condizione”. Inoltre, si doveva spianare la strada ad un accordo con la Chiesa poiché Mussolini si era “orientato alla difesa della pace religiosa in Italia e al rispetto del Papa” come se la situazione di tolleranza religiosa vigente dal compimento dell’Unità nazionale costituisse un “dispetto” al Vaticano.